Omelia (07-03-2008) |
Casa di Preghiera San Biagio FMA |
Dalla Parola del giorno Tendiamo insidie al giusto, perché ci è d'imbarazzo ed è contrario alle nostre azioni. Come vivere questa Parola? È difficile che si giunga a verbalizzare così pesantemente un pensiero tanto ignobile, ma è altrettanto facile che esso faccia capolino dietro certe prese di posizione. Può capitare a tutti di provare avversione per persone o per atteggiamenti che in qualche modo mettono in risalto la nostra mediocrità. L'impulso primo è quello di renderle 'innocue'. Si ricorre allora alla ridicolizzazione, all'attribuzione di chissà quali perverse intenzioni, e via via fino alla calunnia e, nei casi limite, alla stessa eliminazione fisica. Sta di fatto che, per chi ama le tenebre, la luminosità abbagliante del bene è qualcosa di insopportabile da contrastare e da rimuovere. Il vero peccato è proprio qui, in questo persistente e ostinato opporsi all'evidenza del bene, fino a perseguitarlo. È quanto Gesù un giorno indicherà come "peccato contro lo Spirito Santo", per il quale non c'è possibilità di perdono, perché si attenta direttamente all'azione illuminante e sanante dello Spirito. È come legare le mani a Dio, impedendogli di agire. Non c'è errore tanto grave da cui sia impossibile risollevarsi, purché lo si voglia. Di per sé, infatti, sbagliare è umano, anche il cadere nella colpa fa parte della fragilità che ci segna. Non c'è né da sgomentarsi, né da scandalizzarsi. Si tratta solo di riconoscere la propria vulnerabilità e di vivere in 'stato di conversione', lasciandoci mettere in discussione dal comportamento virtuoso di chi ci vive accanto. Oggi, nella mia pausa contemplativa, prenderò atto di quanto nel mio comportamento non vorrei che venisse alla luce e ringrazierò il Signore per le sollecitazioni al bene che mi vengono da quanti incontro sul mio cammino. Concedimi, Signore, di vivere nella libertà dei figli della luce, chiamando per nome i lati oscuri del mio essere e riconoscendo il bene presente negli altri. Che in me tutto sia lode e rendimento di grazie per il bello, il buono e il vero che hai disseminato nelle tue creature. La voce di un Padre apostolico Quale tignola per l'anima, quale muffa per il pensiero, quale ruggine per il cuore, invidiare negli altri, o la sua virtù, o la sua felicità, odiare cioè in lui o i suoi meriti, o i benefici divini, convertire in male proprio il bene altrui, esser tormentati dalla prosperità dei ricchi, far propria pena della gloria degli altri [...].Gli altri mali hanno un termine e ogni sentimento delittuoso, una volta compiuto il delitto, si placa... ma l'invidia non ha termine: è un male sempre vivo, un peccato senza fine... Cipriano di Cartagine |