Omelia (21-03-2008)
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1. Sembra l'ora del grande fallimento! Non solo per l'imminente morte nel terribile patimento, ma per la desolazione dell'abbandono che porta, come avrebbe portato in chiunque, all'inevitabile tentazione: ne vale la pena? Dopo le tentazioni del deserto, Satana disse che sarebbe tornato al momento opportuno e quale momento poteva essere più opportuno che quest'estrema solitudine! Non solo Pietro, ma tutti in coro, avevano detto che avrebbero dato la vita per Lui: invece, tutti spariti nella loro paura e nei calcoli d'opportunità. "Non n'è valsa la pena". La satanica tentazione che sempre si ripresenterà a chi intraprende la via vera della storia della salvezza.

2. Eppure, "quando sarò innalzato attirerò tutto il mondo a me"! La certezza di questa convinzione mantiene i pochi che sono sotto la Croce, più per pietà, ma è questa pietà che renderà, poi, incrollabile la loro fede. Nei loro cuori straziati comincia ad imprimersi quell'insegnamento tante volte ascoltato e, solo ora, verificato per mezzo dello stesso Salvatore: "Nessuno ha un amore più grande che dare la vita per i propri amici". Comandamento estremo, ma pure, davanti la Croce, apparirà minimo se si pensa che, di lì a poco, si estenderà anche ai nemici: "Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno".

3. E dire che, di fronte a tanto strazio, c'è chi continua ad inveire, ad insultare, peggio, ad ironizzare. A questi satanici sghignazzamenti risponde la dolcezza di Dio. Una dolcezza che emerge dalla dimenticanza di sé e del proprio patire. Una dolcezza che sa ergersi al di sopra della storia e dei sui tribunali e sa attirare il mondo a sé. Non una imprecazione o una maledizione verso chi lo ha condannato. Solo parole di perdono. Un perdono che solo Dio poteva e può dare. La forza della misericordia è capace di vincere ogni altro sentimento. Vince anche la durezza di uomini in armi al punto che non potranno negare, vista la Sua impareggiabile dignità, che quell'uomo "è veramente il Figlio di Dio".

4. Non cerca sollievo. Rifiuta quella bevanda che una mano pietosa gli offre cercando di lenire il dolore con una mistura che rinfrescava e leniva il bruciore delle ferite: il calice, l'amaro calice, va bevuto fino in fondo. Lenisce però il dolore degli altri, al disperato ladrone, che sa di meritare la sua pena, promette che sarà con Lui in Paradiso, non un giorno generico, ma oggi stesso.

5. Anche la Vergine Maria stava lì, ai piedi della Croce. Stava lì in tutta la sua dignitosa e straziante sofferenza. Cosa si chiedeva? Certo non poteva pensare di essere lì per caso o per un tragico destino, Lei che da sempre "meditava queste cose in cuor suo". Offriva la sua pura sofferenza assieme a quella del figlio. Così si meritava il titolo di Regina della Croce accanto a quel suo Re che aveva capito come nessun altro. Come quel suo Re saprà perdonare ed introdurre alla via della salvezza.

Commento a cura del prof. Rocco Pezzimenti



Camminando per le strade della mia città, o percorrendo un tragitto sugli autobus, nei tram o metropolitane, mi piace guardare il volto della gente. Sono infatti convinta che nel volto e nello sguardo di una persona c'è il racconto della sua storia.
Storia di amore, di gioia, di speranza, ma alcune volte anche storia di dolore, di malattia. Racconti di miseria, di degrado dove l'umiliazione ha il sopravvento sulla dignità.

Forse è per lo stesso motivo che il profeta Isaia tratteggiando la figura del "servo del Signore", si sofferma tanto nel raccontare in modo dettagliato il suo volto sfigurato al punto tale da non avere più sembianze umane.

Eppure è in questo uomo martoriato che non ha più "né apparenza né bellezza per attirare i nostri sguardi", che JHWH mostra la sua gloria, il suo successo al punto tale da "innalzarlo" come vessillo di vittoria.

È stupito lo stesso Isaia che si domanda: Chi avrebbe mai creduto a una cosa del genere che Dio, proprio Dio, avrebbe rivelato in quell'uomo reietto il suo braccio, cioè la sua forza, la sua regalità, il suo splendore, la sua vittoria magnifica, la realizzazione finalmente compiuta del suo sogno d'amore?

Come sempre lo sguardo di Dio è diverso dal nostro.
Lui non si ferma all'apparenza ma scruta e guarda il cuore. E il cuore del suo servo è buono e ricco di amore per tutti.

È questo che conquista Dio, come anche noi del resto.

Un amore fedele, tenace, forte, più forte della stessa morte, che affronta e supera solo con la forza dell'amore.

È il Nuovo Testamento, il Vangelo che ci rivela il nome del "servo nel quale Dio mostra la sua Gloria": Gesù di Nazaret, l'Uomo nuovo, il Messia, il Cristo.

È proprio lui che accetta di essere condotto al macello per rivelarci in questa "Pasqua Nuova" il Patto di Alleanza, il patto di amore eterno che Dio vuole stabilire con l'umanità.
Un patto non sigillato dal sangue di animali, ma dal sangue di Dio che sparso per amore su noi, ci rende consanguinei, parenti stretti di JHWH.

Familiari di Dio.

Su questo patibolo glorioso, che il vangelo di Giovanni trasforma in trono regale, questo re rigenera, col soffio del suo Spirito, la creazione tutta e sposa l'umanità per offrirle splendore, bellezza, armonia, libertà, fratellanza, giustizia, misericordia, perché tutto, ma proprio è giunto a compimento!
Il venerdì santo è il giorno del silenzio. Perché solo un silenzio giusto è capace di contemplare l'Amore che il Signore ci offre: "dalle sue piaghe noi siamo stati guariti".
Questo amore ci incoraggia nel cammino quotidiano ad accogliere e a portare la nostra croce, e ci invita a sostenere coloro che ne sono più oppressi.

"Non temiamo la Croce di Cristo, non abbiamo paura della Croce che il Signore ha portato per noi e che ci offre per la nostra salvezza! Se noi siamo solerti e volenterosi nel portare la croce, dice l'Imitazione di Cristo, vedremo che è la stessa Croce a portare noi" (Paolo VI - 8 aprile 1966).

Commento a cura di suor Piera Cori