Omelia (09-03-2003) |
don Mario Campisi |
Deserto, grembo dell'uomo nuovo La Quaresima viene considerata tempo di penitenza. Quello che si dimentica è che essa è anche il tempo dello spirito. Perché è lui a spingere Gesù nel deserto. E lo Spirito, nella Sacra Scrittura, è la Potenza creatrice, che fa nascere cose nuove dall'abisso vuoto; risuscita quelle morte; fa sì che rinasca l'uomo vecchio. La Quaresima è dunque tempo di novità, in cui tutti gli schemi, tutte le costrizioni che soffocano la nostra vita possono e devono cadere, sotto la spinta del vento impetuoso che sospinge non solo Gesù, ma anche noi, verso il deserto. E se quest'ultimo, se da un lato simboleggia un vuoto, una rinunzia al cibo, a tutte le comodità, dall'altro indica sconfinata libertà, scoperta di un silenzio che non è mutismo, ma apertura all'ascolto, di una solitudine che non è isolamento, ma capacità di stare con se stessi, di un uscire dal mondo per arrivare al cuore di esso stesso, là dove si trova Dio. Già il popolo ebreo nel suo lungo pellegrinare nel deserto, aveva sperimentato che proprio là, dove apparentemente non c'era nulla, nel deserto, c'era però Dio. L'essere rimasti privi delle cipolle e delle pentole piene di carne della terra di schiavitù dell'Egitto, l'aver perduto tutte le sicurezze umane, si era rivelata condizione essenziale per potere sperimentare l'amore divino. Solo allora Israele aveva compreso che cosa vuol dire vivere di fede. Perciò nel deserto Gesù – e anche il cristiano – non incontra solo belve feroci, ma anche angeli che lo servono. Anzi gli stessi animali feroci non appaiono più come una minaccia di morte. Il deserto ci insegna a convivere con le nostre croci e ad accettarle dolcemente. Ed esse non si contrappongono più ai messaggeri di Dio inviati per nutrirci, perché tutto ormai è segno del Suo amore per noi. |