Omelia (30-03-2003)
don Mario Campisi
Paura della luce?

"Chiunque fa il male, odia la luce".

Da un po' di tempo questa frase, uscita dalla bocca di Gesù mi mette a disagio. Ho l'impressione che oggi non corrisponda più alla realtà.

C'è un sacco di gente che compie porcherie assortite, si abbandona ad ogni sorta di malvagità, si specializza nelle mascalzonate più disgustose, compie atrocità agghiaccianti, eppure esibisce il tutto in piena luce.

Mai come oggi il male viene esibito, pubblicizzato, reclamizzato. Addirittura esaltato, onorato.

"Chi opera la verità viene alla luce...". Sembra che il pudore, la vergogna, si siano trasferiti nel campo del bene, dell'onestà, della generosità.

Gli "operatori della verità", coloro che prendono sul serio il Vangelo, non compaiono sui giornali, vengono ignorati dai mezzi di informazione. Sembra che il buio, il silenzio accolgano i flash di verità, di bontà e di pulizia che scarseggiano in questo nostra società.

Assistiamo a una specie di volgare ribaltamento della dichiarazione di Gesù: il bene sospettato, deriso, censurato, diffamato, condannato all'oscurità. E il male glorificato, esaltato.

Anche nei nostri ambienti cristiani ed ecclesiali non è che la luce sia di casa. Sì. Viene invocata... Ma solo quando si tratta di mettere in evidenza le malefatte dell'avversario, del vicino o del confratello...

Non si ha paura della luce quando è destinata a frugare in casa altrui. Allorché ci sono di mezzo le nostre magagne, esigiamo il buio o la penombra.

La chiarezza, la trasparenza sono sempre per gli altri. Difficilmente abbiamo il coraggio di riconoscere i nostri torti. E ci si arrabbia soltanto perché "si è saputo", o se ne parla.

L'unico modo per evitare gli scandali è quello di scandalizzarci, prima di compiere certe azioni o di mettere mano alla penna per colpire in maniera volgare e vile chi ti è stato amico e sincero. I rimorsi è sempre meglio averli prima! Non si può risuscitare chi hai ucciso!

Ed allora. Ecco la Parola di Dio. Essa è luce fastidiosa, diversa. E' rivelatrice del peccato. Del mio peccato, del tuo peccato, del nostro peccato.

Io, abituato a divagare, a scantonare nei meandri della giustificazione di comodo, degli alibi, delle attenuanti.

Io, abituato e specializzato a scoprire le colpe altrui e a mostrarmene scandalizzato da falso puritano.

Io, sempre disposto a minimizzare le mie mancanze fino a renderle invisibili e a non farmi sfuggire quelle gigantesche degli altri...

A un certo punto, ecco la Parola-Luce che mi inchioda: il colpevole sei tu, non un altro. Il peccato è quello tuo, non quello del tuo prossimo.

Se voglio scoprire l'estensione del perdono di Dio, devo accettare di lasciarmi rinfacciare dalla sua Parola il mio peccato...

Non si può capire e gustare il perdono se non si prende lucidamente coscienza della propria colpa.

Soltanto accorgendomi della enormità del mio peccato, potrò scoprire l'enormità della misericordia di Dio.

A un cristiano interessa e deve interessare non il punto di vista della massa, dell'opinione pubblica, ma unicamente il punto di vista di Dio sul peccato e sul male.

Quando l'uomo ammette e riconosce le proprie stupidaggini, non vanta i propri errori, allora Dio entra in azione. Allora Dio si rivela come Amore.

La Parola diventa non solo rivelatrice all'uomo del suo peccato, ma si fa carne e viene a cercare il peccatore, non per giudicarlo e condannarlo (come facciano noi tra di noi...), ma per riconciliarlo.

"Dio... ha mandato il Figlio nel mondo non per giudicarlo... ma per salvarlo...".

Se i malati vengono portati a Cristo, i peccatori è Lui che va a cercarseli. Si reca Lui da loro. Si siede alla loro mensa, mangia con loro scandalizzando i benpensanti.

Cristo i peccatori li accosta a uno a uno (Samaritana, Zaccheo, adultera, Maria maddalena, il ladrone, Pietro...). Il recupero avviene attraverso un rapporto personale, diretto, fatto di comprensione, fiducia, discrezione.

Cristo si china su di me. E' Lui la luce che mi mette in piedi. Disposto a camminare, con Lui, su un'altra strada...