Omelia (14-04-2008) |
Messa Meditazione |
Il buon pastore Lettura Il testo si apre con la presentazione di Gesù come «buon pastore» che espone la sua vita a favore delle pecore (v. 11). Sullo sfondo oscuro della figura del «mercenario», del pastore salariato che non pensa alle pecore, ma a se stesso (vv. 12-13), splende l'immagine del pastore autentico che, con ognuna delle sue pecore, è in un rapporto di reciproca conoscenza e di amore (vv. 14-15). Il brano mette poi in evidenza che Gesù non esclude nessuno dal gregge, anzi pensa alle «altre pecore che non sono di quest' ovile» e che lui deve condurre ad esso (v. 16). Dopo tale sguardo prospettico, il discorso torna al sacrifico della vita del pastore a favore delle pecore, nel contesto dell'amore del Padre (vv. 17-18). Meditazione Gesù si identifica con il buon pastore. Egli è tale perché, come dice ripetutamente il brano, offre, espone la sua vita per le pecore (vv. 11.15.17.18). Egli è pastore, in quanto agnello immolato e vittorioso: «l'Agnello che sta in mezzo al trono sarà il loro pastore e li guiderà alle fonti delle acque della vita» (Ap 7,17). Gesù offre la sua vita volontariamente: il suo non è un morire, ma un realizzare la propria esistenza come un dono totale di amore al Padre, che ama perdutamente (cfr. Gv 14,31) e, conseguentemente, alle pecore che il Padre gli ha affidato (cfr. Gv 10,29). Il Figlio, con la sua croce, mettendo la propria vita a disposizione di tutti gli uomini, ha abbattuto il muro di separazione (cfr. Ef 2,14-22), e ha fatto di essi un popolo di fratelli, un solo gregge. Il Figlio ha fratelli dovunque, dal momento che «tutto è stato fatto per mezzo di lui» (Gv 1,2), che egli è la luce e la vita per ogni uomo (cfr. Gv 1,9), che è stato innalzato non «per la nazione soltanto, ma anche per riunire insieme i figli di Dio che erano dispersi» (Gv 11,52). Il dono della vita del Figlio è un gesto di amore che fa entrare ciascuno di noi nella sua relazione di amore con il Padre: «come il Padre ha amato me, così anch'io ho amato voi» (Gv 15,9). Ciascuno di noi può pensare se stesso, nel mistero del coinvolgimento dell'intima conoscenza di Gesù con il Padre, come destinatario delle parole dell'amore: «ti ho chiamato per nome: tu mi appartieni [...], tu sei prezioso ai miei occhi, perché sei degno di stima e io ti amo [...]. Non temere, perché io sono con te» (Is 43,1.4-5). Preghiera Signore Gesù, noi lodiamo te, nostro salvatore, nostra luce, nostra vita. Concedici di camminare con te, buon pastore, e verso te, agnello pastore, che ci darai l'acqua viva, di cui, nel nostro cammino, sentiamo la sete ardente. Agire: Nella giornata, pensando al pastore che offre la vita, farò dei gesti di amore fraterno. Commento a cura di don Nunzio Capizzi Clicca qui se vuoi abbonarti a "Messa Meditazione". |