Omelia (24-06-2001) |
Paolo Curtaz |
Come Giovanni, profeti per l'oggi Una bella parentesi ci aspetta quest'anno prima di riprendere il cammino del tempo liturgico ordinario: la solennità della nascita di Giovanni Battista, il più grande tra i nati di donna (Mt 11,11). Giovanni è - tra l'altro - l'unico santo di cui ricordiamo sia la nascita che la morte. La tradizione profetica ha sempre caratterizzato l'esperienza di Israele nel suo cammino. Chi sono i profeti? Alle volte si pensa che siano persone che predicono il futuro... macché, quelli sono gli indovini! No, i profeti sono amici di Dio che, animati nel profondo dallo Spirito Santo, indicano al popolo l'interpretazione di eventi, ammoniscono, scuotono, a volte anche con metodi piuttosto inusuali e rudi. Straordinaria la presenza dei profeti nella Scrittura, uomini diversi sedotti da Dio che fanno diventare la loro vita una catechesi vivente, un monito continuo al popolo, a volte al costo della propria vita. Persone che rischiarano le tenebre e che invitano alla speranza. Persone che - come dice Pietro oggi - indagano e scrutano la salvezza sulla grazia a noi destinata. Compagni di viaggio, amici di Dio, hanno a lungo invitato il popolo a guardare alla salvezza che doveva arrivare per compiere la promessa comunionale del Dio d'Israele realizzata in Gesù. E - tra questi - spicca come un gigante Giovanni Battista. Giovanni crudo asceta del deserto, Giovanni tagliente predicatore, Giovanni disposto a morire per mantenere fede alla sua missione di verità. Giovanni che prepara e dispone il popolo all'accoglienza del Messia ma che, teneramente, resta anche lui spiazzato dall'originalità di questo Messia. D'altronde: come biasimare Giovanni?! Il più grande dei profeti ma anche il più sfortunato: invita a conversione, grida e minaccia, indica un Messia vendicativo con l'ascia pronta a tagliare l'albero che non produce frutto e poi arriva Gesù che invece di abbattere accarezza e pota l'albero per fargli portare più frutto! Impressiona il fatto che addirittura Giovanni sia spiazzato dall'inaudita tenerezza di Dio: anche lui deve arrendersi alla contro-logica del Dio d'Israele. Alcune considerazioni, allora. I profeti esistono ancora, sono presenti in mezzo a noi. Uomini e donne che vivono il Vangelo con tale coinvolgente semplicità e convinzione da diventare un segno di conversione per noi tutti. Quella coppia che allarga la propria casa per prendere in affido un bimbo ferito dentro, quel giovane che dedica il pomeriggio a tenere i ragazzi e ad educarli alla vita, quel consacrato che consuma giorni e salute a dare speranza ai disperati... siamo circondati da silenziosi testimoni, da migliaia di profeti che danno testimonianza al Rabbí! Propongo di aggiungere ai nostri quotidiani, accanto alla cronaca nera, la cronaca bianca: qualche saggio della luce che l'uomo è ancora capace di sprigionare. Inoltre: accogliere profeti significa scrutare, interrogarsi, non dare per scontata la vita di fede e la fedeltà al vangelo. Tempi nuovi chiedono modi nuovi di vivere ed annunciare il Vangelo. I profeti hanno faticato e tribolato per scrutare i segni dei tempi. Le nostre comunità lo fanno? Lo vogliono fare? Sicuramente come comunità siamo chiamati a riscoprire il nostro ruolo profetico. Non basta inanellare la consueta litania di Messa-sacramenti-devozione per diventare testimoni: è urgente, vitale riappropriarsi del ruolo profetico-scomodo della Chiesa per il mondo d'oggi. Guai ad una Chiesa che è sempre dalla parte del forte! Occorre davvero riscoprire la grazia del camminare con i poveri, del denunciare le ingiustizie, dell'evangelicamente proporre cammini di conversione. Ciascuno di noi è chiamato a diventare profeta, a diventare segno là dove vive, ad essere almeno un po' trasparenza di Dio. Mi viene in mente il sospiro di Mosè che, commentando il fatto che alcuni profetizzavano senza suo permesso, sognava: "fossero tutti profeti i figli di Israele!". |