Omelia (04-05-2009)
a cura dei Carmelitani
Commento Giovanni 10,1-10

1) Preghiera

O Dio, che nell'umiliazione del tuo Figlio
hai risollevato il mondo dalla sua caduta,
donaci la santa gioia pasquale,
perché, liberi dall'oppressione della colpa,
partecipiamo alla felicità eterna.
Per il nostro Signore Gesù Cristo...



2) Lettura

Dal Vangelo secondo Giovanni 10,1-10
In quel tempo, disse Gesù: "In verità, in verità vi dico: chi non entra nel recinto delle pecore per la porta, ma vi sale da un’altra parte, è un ladro e un brigante. Chi invece entra per la porta, è il pastore delle pecore. Il guardiano gli apre e le pecore ascoltano la sua voce: egli chiama le sue pecore una per una e le conduce fuori. E quando ha condotto fuori tutte le sue pecore, cammina innanzi a loro, e le pecore lo seguono, perché conoscono la sua voce. Un estraneo invece non lo seguiranno, ma fuggiranno via da lui, perché non conoscono la voce degli estranei".
Questa similitudine disse loro Gesù; ma essi non capirono che cosa significava ciò che diceva loro.
Allora Gesù disse loro di nuovo: "In verità, in verità vi dico: io sono la porta delle pecore. Tutti coloro che sono venuti prima di me, sono ladri e briganti; ma le pecore non li hanno ascoltati. Io sono la porta: se uno entra attraverso di me, sarà salvo; entrerà e uscirà e troverà pascolo. Il ladro non viene se non per rubare, uccidere e distruggere; io sono venuto perché abbiano la vita a l’abbiano in abbondanza".



3) Riflessione

• In Gesù abbiamo il modello del vero pastore. In lui si compie l’attesa del buon pastore promesso da Dio: il «grande pastore», più grande di Mosé (Ebr 13,20).
• Giovanni 10,1-6: La porta dell’ovile. In Gv 10,1-10 si dice che Gesù è la «porta» per accedere alle pecore e per essere condotti ai pascoli (10,7.9-10).
Il tema delle pecore è stato già introdotto in Gv 2,15 ed in particolar modo in 5,2 dove si indica una porta delle Pecore con cinque portici lungo i quali erano sdraiati degli infermi per essere guariti. In quest’ultimo contesto le pecore stanno a indicare il popolo oppresso dai suoi dirigenti. In Gv 10,1 Gesù lega il tema delle pecore all’atrio del tempio, l’istituzione giudaica gestita da uomini di potere che calpestano il diritto, la giustizia e sfruttano il popolo. Tali individui vengono qualificati da Gesù come «ladri e banditi».
Gesù inizia la sua lunga esposizione nei confronti dei Farisei, chiusi nella loro incredulità e insufficienza (9,40-41) con un affermazione generale: un modo più sicuro per entrare in contatto con le pecore è quello di entrare per la porta del recinto in cui esse si trovano. Chi entra in un modo diverso non è animato da un motivo di amore per le pecore, ma per sfruttarle a proprio interesse. Tale è il peccato dei dirigenti del popolo: appropriarsi di ciò che appartiene a tutti. Gesù qualifica questo atteggiamento con il termine «ladro». Fu propria questa l’accusa rivolta da Gesù ai capi del popolo nella sua prima visita al tempio (2,13ss).
Un altro termine con cui Gesù qualifica coloro che tolgono al popolo ciò che è suo: «bandito». Tale qualifica connota coloro che usano violenza. Pertanto: i dirigenti del tempio obbligano il popolo a sottoporsi alla violenza del loro sistema (7,13; 9,22). Il cui effetto è di produrre uno stato di morte (5,3.21.25).
Il pastore entra per la porta per prendersi cura delle pecore, non per vessarle. Di fatto le pecore riconoscono la sua autorità (voce) e lo seguono. La voce di Gesù contiene per loro un messaggio di liberazione, tipico del messia. Inoltre la sua voce non si rivolge a un gruppo anonimo di persone ma chiama personalmente. Per Gesù non esiste una moltitudine anonima di gente, ma ognuno ha un volto, un nome, una dignità. Il tempio (recinto delle pecore) è diventato luogo di tenebra, caratterizzato solo da interessi economici; il denaro ha sostituito l’attenzione esclusiva a Dio: il tempio è diventato casa di commercio (Gv 2,16).
Gesù conduce il popolo per trarlo fuori dalle tenebre. E questo non lo fa in modo fittizio, ma reale, perché tale è il compito che il Padre gli ha affidato. Le battute fondamentali di questa missione sono: entrare e chiamare. Coloro che rispondono a tale chiamata alla libertà diventano una nuova comunità: "i suoi".
• Giovanni 10,7-10: Gesù è la nuova porta. Gesù utilizza nuovamente il simbolismo della porta nei vv.7-8: applicandolo a se stesso. È lui la nuova porta non solo nei confronti del vecchio recinto d’Israele rappresentato dai dirigenti del popolo ma anche nei riguardi di coloro che lo seguono. Ai primi ricorda la sua legittimità a essere l’unico luogo di accesso alle pecore, perché è il messia disposto a dare la vita per le pecore. Non con il dominio, la prevaricazione che si accede ad una relazione con il gregge ma assumendo l’atteggiamento di colui che dà la vita. Le sue parole sono un categorico invito a cambiare modo di pensare e di relazionarsi. L’entrare attraverso Gesù significa porre il bene dell’uomo come prioritario ed impegnare tutte le energie per il suo raggiungimento. Chi non entra in questa nuova logica è un oppressore. Il lettore trova, davvero, dure e forti le parole di Gesù rivolte ai suoi contemporanei ed in particolar modo ai capi del popolo che hanno utilizzato il dominio e la violenza per sfruttarlo.
Lui è la porta nuova in relazione ad ogni uomo. Ma cosa vuol dire per l’uomo d’oggi entrare per la porta che è Gesù? Comporta l’ «avvicinarsi a lui», «dargli fiducia» (Gv 6,35), seguirlo e lasciarsi guidare dal suo messaggio (8,31.51), in definitiva partecipare alla dedizione di Gesù perché si realizzi la felicità vera dell’uomo.



4) Per un confronto personale

• Gesù è il pastore buono perché sempre ti conosce, ma tu lo riconosci? Un pastore che viene nella tua vita come porta per uscire e per entrare: ti lasci portare da lui quando ti relazioni con gli altri?
• Nella tua comunità, nella tua famiglia sei anche tu una porta, non per chiudere, ma per restare aperta alla comunicazione fraterna, per lasciare passare la stima e la fiducia?




5) Preghiera finale

Signore, manda la tua verità e la tua luce;
siano esse a guidarmi,
mi portino al tuo monte santo e alle tue dimore.
(Sal 41)