Omelia (16-04-2008) |
Monaci Benedettini Silvestrini |
Io sono venuto come luce nel mondo Narra l'evangelista Giovanni: "Gesù gridò a gran voce: chi crede in me, non crede in me, ma in colui che mi ha mandato; chi vede me, vede colui che mi ha mandato". La sua voce è veramente il grido di Dio, pieno di passione per liberare l'uomo dalle sue ragnatele in cui si è inviluppato. Si direbbe che questa voce voglia frantumare la resistenza dei cuori, tutti intasati nelle tante faccende da fare. Si avverte la presenza di Dio nella comunità umana, e si continua a non volersene accorgere coscientemente. Credere in Gesù infatti e vederlo, significa credere e vedere colui che lo ha mandato. L'invisibile è reso visibile da Gesù, uomo "in tutto simile a noi", quale segno di condiscendenza per il genere umano, e quale segno di unità: "Io e il Padre siamo una cosa sola". Gesù riflette Dio Padre, lo avvicina all'uomo, lo fa conoscere, lo comunica. "Io sono venuto come luce nel mondo". Gesù si presenta come la luce "che illumina ogni uomo". Egli è venuto per strappare gli uomini dal mistero dell'oscurità e trasportarli nella luce. Coloro che credono in lui e lo accettano come rivelatore del Padre sono illuminati da questa luce che è egli stesso. E' la luce verso la quale camminiamo e che assicura una meta al nostro sudato girovagare. Certo che bisogna coesistere in pace, ma il Signore non è venuto soltanto per questo. Egli non si è accontentato di vivere il suo culto al Padre in silenzio nel tempio, egli ha gridato a gran voce: "Chi mi respinge e non accoglie le mie parole ha chi lo condanna. E' la parola che il Padre mi ha ordinato di pronunciare". Ora è ben vero che non tocca a noi giudicare, ma è altrettanto vero farci carico della nostra fede, della nostra testimonianza. |