Omelia (18-03-2001)
Paolo Curtaz
Il difficile dono della libertà

E' san Paolo che oggi ci introduce in una delle possibili interpretazioni della Parola che condividiamo durante la preghiera domenicale.
Siamo nel deserto, dicevamo nelle scorse domeniche, come Gesù e come il popolo di Israele dopo essere stato liberato dall'Egitto; eppure, dice l'apostolo scrivendo ai Corinti, malgrado l'esperienza dell'alleanza e del ritrovamento di sé stessi, per molti israeliti il deserto fu presagio di disfatta e di sconfitta; dopo un primo momento di gioia e di libertà, molti israeliti cominciarono a mormorare (a lamentarsi) contro Dio e finirono col rimpiangere la sicurezza della schiavitù (!) alla fatica del cammino. Quest'esperienza, conclude Paolo, serve da ammonimento e da esempio per tutti noi che stiamo attraversando il deserto della vita.
Vero, verissimo: nel deserto della vita mettiamo in gioco la nostra libertà di vivere o di lasciarci vivere, di essere protagonisti, cercando il senso e la misura di quello che facciamo, oppure di lasciarci un po' andare seguendo la corrente. Anche noi – come gli israeliti – talvolta preferiamo la sicurezza della schiavitù piuttosto che diventare dei cercatori di Dio. Siamo sinceri: non è più semplice lasciar pensare gli altri al posto nostro? Non è più immediato e gradevole seguire mode e costumi che ci rendono accettabili e piacevoli? Il nostro Dio è silenzioso e nascosto (timido?), la nostra vita è un mistero che può essere abbracciato o ignorato, la nostra fede può essere fragile ed inutile o riempire la vita. Quaresima è questo: cogliere l'occasione, giocarsi bene la libertà, vivere bene del tempo che ci è dato, pensare con la nostra testa, puntare in alto, guardare oltre.
La pagina del Vangelo ci presenta Gesù che commenta due episodi di cronaca successi in quel periodo a Gerusalemme: una repressione brutale nel Tempio da parte di soldati romani e il crollo della torre di Siloe. Gesù – a sorpresa – afferma che gli uomini uccisi durante questi due fatti non erano più o meno peccatori degli altri. Una frase buttata lì con semplicità e che pure scardina molte nostre false sicurezze. Quante volte mi sento dire: "cosa ho fatto di male per meritarmi questo?" Malgrado l'apparenza ci spinga a formulare tali pensieri, la Bibbia afferma il contrario: disgrazia e fortuna non sono legati al nostro comportamento, né ad una punizione di Dio, ma diventano l'occasione, come asserisce Gesù, di accorgerci che la vita è un soffio e che occorre davvero cogliere ogni momento per guardare al Tabor. La vita – ci ricorda il Maestro – è un'unica occasione che ci è data per scoprire la Verità in noi. La vita, fortunata o tragica che sia, non è che lo strumento con cui impariamo a scoprire la pienezza nascosta nelle cose. A Mosé che tentenna nell'andare a parlare di Dio al popolo, Jawhé racconta di sé, dice il suo nome, e si svela come un Dio che conosce le sofferenze del popolo. Se anche la nostra vita attraversa momenti di fatica, Dio non è lontano ed interviene, chiedendo a qualcuno di agire in nome suo. Dio non guarda indifferente alle tragedie del mondo, ma chiede a noi, come a Mosé, di renderlo presente accanto a chi soffre. Al popolo che aspetta liberazione Dio manda un pastore pauroso, Mosé, come liberatore.
Tiriamo le fila di queste pagine complesse e dense. La vita è un'opportunità da cogliere per scoprire chi è Dio e chi siamo noi e il deserto è il luogo in cui esercitiamo la nostra libertà. Non esiste una vita più o meno semplice, ma ogni vita è un soffio breve che siamo chiamati a vivere con intensità e gioia. Gesù ci svela il volto di un Dio che pazienta, che insiste perché il fico produca frutti. La conversione, il cambiare atteggiamento, il ri-orientare la nostra vita è il frutto che ci è chiesto. Fermarci davanti agli eventi tristi della vita senza incolpare Dio, né scuotere la testa e tirare innanzi, ma guardarli come un monito che la vita stessa ci rivolge per giocare bene la nostra partita. Dio – da parte sua – è un Dio che conosce, che interviene, ma che rispetta, trattandoci da adulti, le nostre scelte, anche se catastrofiche e schiavizzanti. Sapremo svegliarci?