Omelia (25-12-2000)
Paolo Curtaz
Ci stupiremo?

"Per voi è nato un Salvatore!".
I pastori, increduli, ascoltano quanto dice loro un angelo.
"Per voi", sottolinea l'angelo, ammiccando. Non per gli altri, non per il rabbino che sta ronfando nel suo letto, né per i pii ebrei di Betlemme che non hanno saputo preparare un letto per una partoriente, né per il Sommo sacerdote e gli scribi che conoscono bene la Scrittura e sanno che Betlemme è la città di Davide. No, da ridere, al solito. I privilegiati di Dio sono i pastori: rozzi, affaticati dalle lunghe e gelide notti di Palestina, rassegnati a compiere un lavoro sgradevole e visto con sospetto. I pastori ladri perché spesse volte sconfinavano alla ricerca di qualche zolla di dura erba per le loro pecore; pastori bugiardi al punto che era vietato loro testimoniare nei tribunali. No, loro non se l'aspettavano proprio il Messia; sì certo, nei ricordi da bambini si ricordavano della lunga lettura del rotolo di Isaia al sabato nella sinagoga, e dell'atteso dal popolo, colui che avrebbe ridonato lustro al Regno di Israele, al nuovo re Davide che avrebbe cancellato l'onta della dominazione romana sul popolo prescelto dal Dio dei padri come luce per le nazioni. Bello, certo, ma per gli altri, non per loro bastonati dalla vita e glissati alle sponde della società.
E invece, che ridere, proprio loro sono i primi testimoni. Me lo vedo Dio che si diverte a scompaginare le cose tutte belline ed equilibrate previste dalla storia ufficiale del buon senso. No: i pastori dovranno dire all'umanità questa semplice e insostenibile notizia: Dio è. Meglio: Dio c'è. Anzi: Dio è qui, piange, avrà fame, la mamma lo accosta all'acerbo seno adolescenziale e lo nutre.

Ecco, questo è Natale. Siete svenuti? O duemila anni di cristianesimo vi hanno creato una crosta alta due dita sull'anima e sorridete come se si trattasse di una favoletta? Vorrei strappare tutta la melassa che ricopre il Natale per restituirlo al suo stupore!
Questo è Natale, ogni Natale. Ci siamo detti in queste quattro settimane chel'inaudito è accaduto, che Dio è presente, che Dio, stanco dei giri di testa dell'uomo, viene a raccontarsi.
Ora Dio è accessibile, ed è un Dio che si svela con tutta la dolcezza e la bellezza che nessuno avrebbe potuto immaginare. Strappiamo via allora da Dio quella maschera orribile che gli abbiamo messo. No, Dio non è freddo, né lontano, né superbo, né sommo egoista nella sua asettica perfezione. Dio è un neonato che si stringe al seno della madre-adolescente.

Tutto qui. Non siamo qui a far finta che poi Dio nasce. No: Dio si è incarnato duemila anni fa, si è dato, è cresciuto, ha annunciato ai poveri il lieto annunzio, è morto per noi perdonando, è risorto e vivo per sempre. Il mondo è già salvo, ma non lo sa. Io sono già salvo, ma non me ne accorgo. Preso, indaffarato, travolto, distratto, questo mondo inquieto ed annoiato ha dimenticato che Dio è un bambino che si dona, che corre il rischio del consegnarsi. Sapremo stupirci? L'inatteso accade, sapremo sussultare? Dio ci ha salvati, ci lasceremo salvare? O ancora smantelleremo gli addobbi, riporremo il presepe con un sorriso amaro, chiudendo negli scatoloni il sogno di un Dio vero, incontrabile, splendido per tornare alla cruda realtà?

Dio è qui, donato, consegnato alla nostra indifferenza. Ed è qui soprattutto per i pastori di sempre: quelli che vivono Natale con un groppo in gola, quelli che saranno soli per la prima volta a vivere il Natale, quelli che non hanno né calore né regali, né festa, né speranza, né fede. Per voi è nato il Salvatore. Questo bambino indica che Dio ha voluto scegliere l'ultimo posto, il fondo del pozzo, per poter accogliere quelli che pensano di avere toccato il fondo...
Ci stupiremo?