Omelia (23-03-2003) |
don Fulvio Bertellini |
Il segno della Pasqua Buoi, pecore e colombe erano nell'antico Tempio di Gerusalemme la materia prima per il culto. Soprattutto in occasione delle grandi feste era necessario avere a disposizione una certa quantità di animali per i sacrifici prescritti. Anche la questione monetaria aveva a che fare con il culto: le offerte al tempio erano effettuate con una moneta speciale, che andava comprata da appositi cambiavalute. L'opportunità di guadagno per i sacerdoti, e anche per i rivenditori, è evidente. Soprattutto i banchi del cambio potevano fare affari da capogiro. Un luogo di mercato L'aspetto utilitaristico-commerciale rischiava di prevalere sull'aspetto religioso della festa. Il clima religioso-spirituale del Tempio era irrimediabilmente guastato. D'altra parte era la Legge stessa che prescriveva i vari sacrifici da eseguire. Non permettere ai venditori l'accesso al tempio, equivaleva a paralizzare in maniera pressoché totale tutte le attività del tempio. Un gesto profetico Il gesto di Gesù non è un subitaneo attacco d'ira, ma è un gesto profetico. Negli antichi profeti alcuni gesti simbolici erano compiuti per rafforzare il messaggio comunicato verbalmente, oppure per esprimere contenuti non riducibili alle sole parole. Ezechiele ad esempio, che si trovava a Babilonia nel corso dell'assedio a Gerusalemme, aveva ricevuto l'ordine di fare i bagagli e di andarsene furtivamente, al tramonto, facendo un buco nel muro. L'azione simbolica aveva un significato chiaro: la sorte di Gerusalemme assediata era ormai decisa, e il resto della popolazione sarebbe stato ben presto deportato. La casa del Padre Come il gesto simbolico di Ezechiele deriva da un'iniziativa di Dio, così anche il gesto di Gesù. Le sue parole ci orientano a comprenderne il significato: "non fate della CASA DEL PADRE MIO un luogo di mercato. Solo il rapporto con il Padre abilita Gesù a compiere un gesto forte come mettere a soqquadro il Tempio. Ma il legame è molto profondo. Gesù sente forte il legame con il Padre, e vorrebbe che il Tempio fosse il luogo visibile della comunione di tutti gli uomini con il Padre. Ma l'immagine di Dio che Gesù incontra negli atri intasati dai venditori non è quella del Padre, ma del Padrone. Colui che esige una prestazione per cui bisogna pagare. Il commercio con Dio La mentalità consumistica si è ormai ampiamente infiltrata nella nostra vita. Il nostro modo più abituale di risolvere i problemi è spesso di decidere: "compro questo" o "compro quello", finché ci sono i soldi. Ovviamente i soldi non ci bastano mai. Sappiamo che esistono cose che non si possono comprare, ma resta una consapevolezza teorica, che lascia ben presto spazio libero alla corsa all'acquisto. Il rapporto con Dio è una di quelle cose che non si possono mercificare; eppure la tentazione di farlo è vivissima da secoli, addirittura da millenni. Basta intendere i gesti di culto, le preghiere, i pellegrinaggi, come altrettanti "gettoni", che danno diritto a determinate "prestazioni". Vado a Messa, mi comporto bene, partecipo alla Via Crucis... e sono a posto con Dio, e lui deve proteggermi. Distruggere il tempio Gesù vuole proporre un rapporto con Dio completamente diverso. Per lui Dio è Padre, che implica una relazione di amore, libera da contrattazioni di tipo commerciale. Il segno massimo della libertà di questo rapporto è la croce, in cui Gesù si mostra come colui che, pur essendo innocente, si fa carico del peccato di altri. Ecco allora che viene annunciato un nuovo segno: "Distruggete questo tempio, e in tre giorni lo farò risorgere". La liberazione dalla mentalità di tipo contrattuale non è un fatto indolore: si tratta di attuare una conversione radicale. Il Tempio è insufficiente, e insufficienti sono gli antichi sacrifici. Ma praticando un nuovo tipo di rapporto con Dio, Gesù va a cozzare contro lo sfruttamento interessato della religione, provocando così la sua morte. Paradossalmente, proprio accettando la morte, Gesù si fa carico della debolezza e della povertà dell'uomo, incapace di autentico rapporto con Dio; Gesù accetta di subire nella sua carne le conseguenze dell'inaridimento della relazione con Dio, perché avvenga la risurrezione ad una situazione nuova. "Distruggete questo tempio - ed egli parlava del tempio del suo corpo": la persona di Gesù diventa il nuovo tempio, dove è possibile una nuova preghiera, un sacrificio autentico, un'autentica relazione col Padre, nel contesto della vera Pasqua PRIMA LETTURA "Io sono il Signore tuo Dio, che ti ho fatto uscire dall'Egitto, dalla condizione di schiavitù...": la Legge donata sul Sinai è una prosecuzione del dono della libertà. Restare fedeli alla Legge dell'Alleanza è l'unico modo per evitare di ritornare schiavi. "Non ti farai immagine alcuna di quanto è lassù nel cielo, né di quanto è quaggiù sulla terra... Non ti prostrerai davanti a loro e non li servirai". L'idolo è la forma più subdola e insidiosa di schiavitù, perché non si presenta come tale: è fabbricato dall'uomo, e sembra rispondere ai suoi bisogni più profondi, come il bisogno di sicurezza, di concretezza, di visibilità. Ma inevitabilmente l'idolo esige di essere "servito": gli idoli del mondo antico erano statue di dèi che esigevano atti di culto e sacrifici; gli idoli laici di oggi (il benessere, la casa, la carriera...) esigono più semplicemente il nostro tempo e la nostra dedizione. Ma ben presto ci accorgiamo che lo sottraggono ad ambiti importanti: la famiglia, le amicizie, le relazioni con le persone, la cura della serenità personale. "...il settimo giorno è sabato in onore del Signore, tuo Dio: tu non farai alcun lavoro...". Per questo il comandamento del sabato è un comandamento così fondamentale: perché protegge il tempo che l'uomo deve dedicare a Dio, alla meditazione della sua parola, alla crescita della propria identità personale. "Non pronunziare falsa testimonianza contro il tuo prossimo". In origine il comandamento riguardava essenzialmente le contese nei tribunali pubblici, in cui la parola di due testimoni concordi poteva portare anche alla condanna a morte. Nella storia di Israele sembrerebbe uno dei comandamenti più disattesi. Frequenti sono le invettive dei profeti contro i tribunali corrotti, che condannano il povero a vantaggio del ricco. La nostra tradizione catechistica ha ampliato il significato di questo comandamento riferendolo al dire sempre la verità. E in effetti la menzogna sembra accompagnare sempre ogni azione negativa; e viceversa, dove c'è falsità è molto probabile che si annidi qualche altro male. L'esempio mostra la vitalità del comandamento, che esige un'interpretazione attiva: nella brevità della sua formulazione, il comandamento fa nascere un mondo di atteggiamenti e comportamenti. SECONDA LETTURA "... i Giudei chiedono miracoli, e i Greci cercano la sapienza...": in pochissime parole Paolo inquadra il carattere di Giudei e Greci, e le ragioni del fallimento dell'annunzio del Vangelo in mezzo a loro. Per i Giudei contano le grandi azioni della storia, come l'Esodo, il ritorno dall'esilio, la liberazione di Gerusalemme. Per i Greci invece il valore fondamentale è la conoscenza, il possesso di una dottrina lucida e coerente. Di fronte a Cristo, queste pretese si rivelano idolatriche, modellate su bisogni e aspettative puramente umani. "Noi predichiamo Cristo crocifisso, scandalo per i Giudei, stoltezza per i pagani...": la crocifissione è l'evento che fa saltare ogni categoria puramente umana, e toglie alla radice ogni residuo di idolatria. "...Predichiamo Cristo, potenza di Dio e sapienza di Dio". Nella crocifissione appare il volto sofferente di Cristo, che non si accorda con la pretesa trionfalistica di chicchessia. Ma proprio nell'apparente fallimento, si cela la potenza divina, che trasforma anche la morte di Gesù in evento di salvezza. Potremmo chiederci che cosa chiedono gli uomini del nostro tempo. Forse a noi basta poco: un imbonitore televisivo, la risoluzione di problemi pratici, dare lavoro alla persone... ma in nessuna di queste cose sta la vera salvezza... c'è però da chiedersi se ne siamo veramente convinti. |