Omelia (29-05-2008)
Monaci Benedettini Silvestrini
Un proverbio così si esprime: la nobiltà obbliga!

Pietro scrive a pagani convertiti al cristianesimo. Hanno lasciato le tenebre dell'errore e delle vanità della carne per entrare a far parte dei figli di Dio, illuminati dal battesimo, santificati per risplendere in mezzo agli infedeli e gli stessi credenti, mediante una vita spirituale, degna di tanta grazia. Essi sono stati costituiti pietre vive dell'edificio spirituale che si edifica continuamente con la santità della vita. Non appiattimento quindi, ma un dinamismo spirituale per conquiste sempre più ardite. Non sono pietre morte, ma vive che con la propria vita costruiscono il tempio di Dio. È necessario quindi che la vita dei credenti rifulga tra le genti per santità, per onestà, anche umana, che valga a chiudere la bocca a chi è maldisposto nei confronti della fede, sempre pronto a diffondere dicerie e calunnie infamanti. Non è fuori posto una riflessione anche per la nostra vita. La Parola di Dio è perenne, vale anche per noi. Quante volte forse anche noi cristiani del XXI secolo lasciamo a desiderare, in fatto di testimonianza e diventiamo ostacolo, anziché invito alla fede! E' un esame di coscienza a cui ci obbliga S. Pietro perché un verniciatura di paganesimo ce la portiamo addosso tutti. Dovremmo allora starcene quieti quieti, ai margini della strada, a tender la mano per chiedere una stilla di felicità? Il cieco di Gerico non è di questo avviso. Egli sente passare Gesù e incomincia a gridare: "Figlio di David, abbi pietà di me!" E continua a gridare, nonostante i rimproveri della gente che rimane infastidita... fin quando Gesù non lo fa' chiamare. "Che vuoi che io ti faccia?" – "Rabbunì, che io riabbia la vista!" – E Gesù: "Va', la tua fede ti ha salvato!" La consapevolezza della nostra incoerenza dovrebbe spingerci a chiedere l'intervento del Signore perché la nostra vita possa dimostrare a quanti avviciniamo che siamo "stranieri e pellegrini" in questo mondo appunto perché non seguiamo i desideri della carne ma attendiamo che i nostri occhi si aprano dinanzi allo splendore dell'eternità.