Omelia (30-03-2003) |
mons. Antonio Riboldi |
Dio ama tanto il mondo Credo che tutti i miei lettori sentano il cuore gonfio di dolore per quanto sta avvenendo con la guerra in Iraq ed in tante altre parti del mondo: guerre, queste che non hanno cronaca, ma sono sempre guerre, le guerre dei poveri, destinate a non fare sentire il grido di chi soffre. La continua cronaca della guerra, che oramai prende tutti gli spazi nei massmedia, la senti come una ferita che vorremmo si chiudesse presto e sembra invece ogni giorno non abbia fine... anzi pare voglia allargarsi, come un fiume in piena, che ha rotto ogni argine, per coinvolgere altre nazioni, fino a diventare guerra tra popoli e, Dio non voglia, religioni o razze, ricchi e poveri. Viene spontaneo risentire quello che il Salmo 136 oggi canta nella Messa, anche perché si riferisce ad un dolore senza fine che i padri hanno provato proprio là dove oggi è guerra. Sui fiumi di Babilonia là sedevamo piangendo al ricordo di Sion. Ai salici di quella terra appendemmo le nostre cetre. Là ci chiedevano parole di canto coloro che ci avevano deportato, canzoni di gioia, i nostri oppressori: "Cantateci i canti di Sion! Come cantare i canti del Signore in terra straniera? Se ti dimentico, Gerusalemme, si paralizzi la mia destra. Mi si attacchi la lingua al palato se lascio cadere il tuo ricordo, se non metto Gerusalemme al di sopra di ogni mia gioia" (Salmo 136). La nostra angoscia, più che la paura, dà ragione a quello che il Concilio Vaticano II scrisse nella celebre costituzione pastorale "Chiesa e mondo", meglio conosciuta come "Gaudium et spes": "Le gioie e le speranze, le angosce e le sofferenze di oggi, dei poveri soprattutto e di tutti coloro che soffrono, sono pure le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce dei discepoli di Cristo e nulla vi è di genuinamente umano, che non trovi posto nel loro cuore" (1). E non solo noi cristiani ci facciamo carico della terribile sofferenza, assurda crudeltà della guerra, ma se ne fa carico tutta la umanità, che continua a urlare i suoi "no" alla guerra... a cominciare da quel grande profeta della pace, che è il Santo Padre. Una voce, la sua, inascoltata forse, ma che si fa voce degli uomini di buona volontà e salva così la dignità e la natura divina, che è in ogni uomo. Ma perché tanta follia? Più il tempo passa, più si allarga il solco della violenza e della sofferenza, e meno se ne capiscono le ragioni... o meglio si dà ragione alla voce della Chiesa e degli uomini di buona volontà, che gridano "Pace". "Mai più guerre, mai più!". Ma a guidare la mano dell'uomo molte volte è quell'orgoglio che prende il posto dell'amore. Dio, il Padre, ha creato noi uomini a sua immagine e somiglianza, ossia fatti per essere amati e amare. L'amore, e solo l'amore, è la nostra natura e gioia. Il contrario è quel veleno di satana che è la morte dell'amore, ossia l'odio e quindi la violenza. Un veleno che crea i nemici. Gesù, con la Sua presenza, con la Sua parola, non fece che predicare l'amore come buona novella per tutti. "Amate i vostri nemici", ebbe a dire, come sola medicina per sanare le fratture che possono nascere tra di noi. "Perché dovremmo amare i nostri nemici?", si chiedeva Martin Luther King, che di nemici ne ebbe tanti, fino a conoscere la morte, per l'odio che avevano verso di lui, profeta pacifico dei diritti umani. La prima ragione, dice, è ovvia: rendere odio per odio, moltiplica l'odio, aggiungendo oscurità più profonda ad una notte già senza stelle. La tenebra non può cacciare la tenebra, solo la luce può farlo. L'odio non può scacciare l'odio: solo l'amore può farlo. L'odio moltiplica l'odio, la violenza moltiplica la violenza, la durezza moltiplica la durezza. Così quando Gesù dice: "Amate i vostri nemici", ci dà un ammonimento profondo ed in ultima analisi, ineluttabile. Non siamo forse giunti, nel mondo moderno, ad una via talmente senza uscita da dovere amare i nostri nemici? La reazione a catena del male, l'odio che genera l'odio, le guerre che producono altre guerre – deve essere spezzata o noi saremo sommersi nell'oscuro dell'abisso dell'annientamento. Davanti al dramma, che stiamo vivendo cui partecipiamo con totalità di dolore e speranza, c'è chi si estranea, come se la guerra fosse una cosa che non lo riguarda e come nella parabola del buon samaritano, trovando sulla strada che percorre, "il semivivo abbandonato dai briganti" ai margini della strada, "passano, vedono e passano oltre". Quel semivivo non deve intaccare la loro vita, i loro interessi, la loro impossibile serenità. Per alcuni la guerra è uno spettacolo, anche noioso, se è vero che alle cronache di guerra alcuni preferiscono programmi evasivi. "Passano, vedono, e passano oltre". E c'è, per fortuna, chi si interpella sulle cause di tanta violenza, di tanto dolore. Nulla accade di bene o di male, che non sia frutto dell'aria che l'uomo respira e si crea... Abbiamo come oscurato il "Sole di giustizia", che è il Padre, da cui vengono tutti i beni, da cui ha origine la bontà della vita di tutti e abbiamo "creato" un falso cielo di egoismi che, poco per volta, diventano ingiustizie e generano odio e quindi violenza e guerra. "La pace - affermava il santo pontefice Giovanni XXIII, ricordato quest'anno dal S. Padre, rievocando l'enciclica 'Pacem in terris' - è una meravigliosa cattedrale che ha le sue colonne portanti sulla verità, sulla libertà, sulla giustizia e sulla solidarietà". Ed è su questi beni che occorre ci sia quella mobilitazione degli animi che vogliono essere "sentinelle di pace", accanto alla insistente preghiera. Qualcuno forse si chiede: "Ma perché Dio non ci ascolta? Non ferma il braccio dei tanti Caino che uccidono i fratelli Abele?". Dio ascolta e come! Il Vangelo di oggi ci riporta un'affermazione di Gesù, che va meditata profondamente e dona infinita speranza. "Dio ha tanto amato il mondo da dare il Suo Figlio unigenito, perché chiunque crede in Lui non muoia, ma abbia la vita eterna. Dio non ha mandato il Figlio nel mondo per giudicare il mondo, ma perché il mondo si salvi per mezzo di lui... Ma... soggiunge Gesù: "La luce è venuta nel mondo ma gli uomini hanno preferito le tenebre alla luce, perché le loro opere sono malvagie. Chiunque infatti, fa il male, odia la luce e non viene alla luce, perché non siano svelate le sue opere. Ma chi opera la verità viene alla luce, perché appaia chiaramente che le sue opere sono state fatte in Dio" (Gv.3,14-21). La Quaresima che stiamo vivendo, e spero e prego la viviamo con intensità, secondo Dio, deve riportarci tutti alla luce, che è poi fare il bene davanti a Dio ed agli uomini. E', se vogliamo, uscire dal ghetto dell'egoismo, che ci fa' chiudere il cuore alle sofferenze dei fratelli, non apre strade a chi è diverso da noi, sbatte la porta in faccia a chi spera un gesto di amore che per lui è vita e sorriso alla vita, è insomma sentire la presenza di Gesù che cammina vicino a noi e chiede solo Lo si riconosca nella fede e nella carità. Tramite questo sito, venni a conoscenza di una necessità, che chiedeva voglia di solidarietà. In Bolivia, una suora, che opera tra la povera gente, aveva fatto di tutto per avviare alla scuola giovani e ragazze per una professione domani. Senza questa formazione ai giovani resta solo il "marciapiede della criminalità". Mi espose la difficoltà che trovavano cinque giovani, che si vedevano privati della scuola per non poter pagare la retta, che è 150 euro: una somma enorme per loro, una piccola moneta per molti di noi. Corsi subito in soccorso... anzi, anche a nome vostro, mandai di più delle cinque rette. Le lettere di ringraziamento, che ho ricevuto via e-mail, hanno un solo colore, l'arcobaleno della resurrezione. Quella carità aveva spalancato le porte alla speranza ed alla vita. Questa è la luce da accendere oggi, nel buio del mondo. Accendiamola, per non morire e fare morire. |