Omelia (30-03-2003)
Paolo Curtaz
La volontà di Dio

Nel cammino di autenticità che ci viene proposto dal deserto di quaresima siamo invitati a salire sul Tabor.

Così come Gesù scelse quale Messia essere, anche noi siamo chiamati a chiederci quali cristiani diventare...L'abitudine, la stanchezza, il peccato ci annebbiano il cuore e abbiamo necessità di conversione di verificare – cioè – se il Dio in cui riponiamo fiducia è il Dio che Gesù è venuto a raccontare.
Così domenica scorsa siamo stati invitati a riflettere se il nostro rapporto con Dio è il rapporto con un Padre pieno di ogni misericordia o con un despota con cui mercanteggiare.

Oggi affrontiamo un tema – se possibile – ancora più importante: la volontà di Dio. Quante volte mi sono sentito dire: "Don Paolo, cosa ho fatto di male per meritarmi questo?", quante volte abbiamo avuto impressione, nella vita, che Dio fosse indifferente o, che addirittura ci "punisse" inviando sulla terra una qualche disgrazia...

Ma è davvero così? Dio ci punisce se trasgrediamo ad una sua regola? Dio è dunque questo preside benevolo da non urtare?
Gesù pare proprio pensarla diversamente e ci dice: "Dio ha tanto amato il mondo da mandare il suo Figlio...non per giudicare il mondo, ma perché il mondo si salvi" Gesù ci parla di un Padre che ama talmente l'umanità da mandare il suo Figlio a salvarci, di un Dio che desidera profondamente mettere in opera tutto il possibile per farci passare dalle tenebre alla luce. Questo è chiaro e serio nel discorso di Gesù. Accennando all'oscuro episodio dell'Esodo in cui gli israeliti morsicati dai serpenti guarivano guardando un serpente di bronzo fatto fondere da Mosé e innalzato su un palo, Gesù intuisce che la sua storia potrebbe concludersi tragicamente e l'ultimo segno – la croce – potrebbe diventare la definitiva testimonianza dell'amore di Dio per noi.

Non dubitarne, amico, Dio ti ama fino a morirne, Dio ti è vicino fino ad abbracciarti e desidera più di te il tuo bene. Gesù è morto per svelarci questa verità, come dubitarne? La nostra vita consiste, allora, nello scoprire la strada, nel percorrere la luce che Dio ci indica, nell'accogliere il destino di bene che Dio prepara per ciascuno di noi. Per scoprire questo sentiero di luce, ci dice il Maestro, dobbiamo fare la verità dentro noi stessi, cercarla, questa verità, e viverla con semplicità. Non è facile essere cristiani, né diventare uomini: il Signore ci incoraggia e ci sostiene in questo cammino ricordandoci, come dice san Paolo, che la salvezza è gratis, che non è da conquistare o da meritare ma da accogliere e da vivere con gioia.

Ma – qualcuno obbietterà – se sembra tutto così ovvio, perché tanto dolore, perché tanta sofferenza? La Parola di Dio è disarmante, nella sua semplicità: se ignoriamo la luce, se pensiamo di sapere noi quale strada percorrere se, in una parola, ci sostituiamo elegantemente a Dio la nostra felicità è decisamente a rischio...La lettura della storia fatta nel libro delle Cronache è esplicita: più l'uomo si sostituisce a Dio o piega Dio alle proprie opinioni (quello che stiamo vedendo in questi drammatici giorni) e più rischia di diventare schiavo delle proprie passioni e delle proprie paure.

Ma Dio tiene in mano la Storia e gli uomini che ascoltano la sua parola possono ri-tracciare sentieri di luce nelle tenebre fitte.
Dio non ci punisce amici, vuole il bene ma – paradossalmente – anche Dio fa quel che può. Siamo creati per amore, quindi liberi (nessuno può costringere una persona che ama a riamarlo!) e possiamo drammaticamente altamente infischiarcene di Dio o costruire una sua grottesca immagine che non ci destabilizzi troppo e – così facendo – correre il rischio di perderci nelle tenebre. Nel sottile e leggero gioco dell'amore ci è chiesto di spalancare il cuore con umiltà, di cercare questa volontà salvifica nella nostra vita.

Un'ultima rattristata parola sulla guerra (ennesima) in corso che non è un War Game, né un'asettica ostentazione di potenza ma una tragedia immane. Il nostro vecchio papa, in questi tempi in cui si tira la pace per la giacchetta, ha ricordato a questi "giovani" le regole del diritto internazionale e ai cristiani le regole etiche per un conflitto. In entrambe i casi questa guerra è immorale e illegittima perché non tutte le strade erano state percorse. Non pacifisti ma pacificatori, i cristiani, la cui logica sembra oggi pesantemente sconfitta, confidano nella venuta di uomini che amino – sul serio - la pace senza chiedere al proprio Dio (così piccino) di benedire la violenza. Nel frattempo viviamo da uomini in pace e – pur morsi dai serpenti velenosi – guardiamo con fiducia a colui che è stato innalzato sulla croce, fonte di ogni dialogo e di ogni perdono.