Omelia (11-02-2007) |
don Ezio Stermieri |
storia di risorti Sorprendentemente la Parola di Dio che abbiamo ascoltato ci presenta il contenuto dell'ethos cristiano non astrattamente quasi consistesse nella tensione di una ideologia, nel compito di una filosofia, l'ascetica di una religione... ma concretamente, fotografando il cristiano all'opera, alle prese con l'esistenza. C'è un primo movimento interiore ed esterno nel cristiano che consiste nel prendere coscienza che Dio ha posto nella maledizione della povertà esistenziale, della insaziabilità, del dolore, della solitudine, il principio della Beatitudine, della felicità, non certo quella malata che si compiace del soffrire, ma perché lo mette all'opera per superare il limite, portando il Regno, la Signoria di Dio che vince il male, la sola presenza che sazia il cuore umano, la sola gioia che non debba passare attraverso la condanna al piacere, la sola forza che superi le divisioni. Essere cristiani è proprio fare della morte e ogni mortificazione, fare il negativo punto di partenza del positivo. Senza questa forza e capacità, lo insegna anche la scienza che studia l'uomo e le sue patologie, la vita implode, scivola nella depressione, svanisce ogni speranza ed inizia il patologico. Ora solo il cristianesimo pone la legge della risurrezione dentro alla storia, le altre proposte sono di distrazione religiosa o filosofica. Con Cristo l'uomo impara a guardare in faccia il limite, sicuro che in lui è posto uno spirito più forte di ogni morte. E' da questa certezza che parte il secondo movimento dell'ethos cristiano come profetica critica, come "guaio" e denuncia di ogni falsa ricchezza, ogni narcotizzante ricchezza, ogni placebo che toglie il dolore, ma non risolve il male, ogni falsità nel cercare il facile consenso, venendo meno al proprio ruolo. "Se si predica che Cristo è risorto dai morti", dice San Paolo, bisogna avere il coraggio di trarne le conseguenze per non fare della Risurrezione di Gesù un prodigio che non ha nulla a che vedere con la nostra esistenza. "Saremmo da compiangere più di tutti gli uomini! "Ora invece Cristo è risorto" ed è diventato forza che inaugura la nuova vita morale. Quanto Geremia aveva intuito, che una morale dell'uomo poggiante su di sé sarebbe fallimentare, perché senza Dio, l'uomo non può che constatare il suo destino di morte, come per una pianta l'acqua è condizione di vita... E' Benedetto l'uomo che confida nel Signore, perché la forza della sua moralità è posta nella sua libertà, nel suo essere a somiglianza di Dio, sulla forza di Esodo, di essere popolo, e in Cristo, di risurrezione che Dio ha posto come orizzonte della vita. |