Omelia (13-04-1997) |
mons. Antonio Riboldi |
Stupiti, spaventati, turbati, e grande gioia Sono gli aggettivi che il Vangelo di oggi, usa e riguardano gli Apostoli: ma sono aggettivi che descrivono bene i nostri stati di animo, quelli di tutti i giorni. Vediamo insieme il fatto da cui nascono questi stati d'animo comune. Gli Apostoli, scelti da Dio stesso, per essere poi "i grandi pilastri della Chiesa", avevano giocato la loro vita sull'accettazione di "lasciare tutto e seguire Gesù" per "stare con Lui e poi essere mandati". Non prevedevano che tanto Maestro e Signore, amore di Dio incarnato tra noi poveri uomini, potesse subire l'umiliazione dell'arresto, del processo, della flagellazione insomma della lenta, ma terribile privazione della propria dignità umana, fino alla ignobile crocifissione. E come tutti i morti era stato sepolto, come a dire che tutto era finito. E' vero che Gesù non aveva mai cessato di predire con estrema esattezza tutto questo, chiamandola la "sua ora". L'ora in cui tramite il suo sacrificio sarebbe cambiata la sorte di noi uomini e di tutto il creato. Ed aveva aggiunto, come per dire che il "suo discorso" non si chiudeva con la sua crocifissione e sepoltura, che quello era un passaggio, verso la resurrezione. Ma a tutto questo non arrivava la povertà umana degli apostoli, come tante volte non arriva la nostra. Entriamo nel regno di Dio e solo la fede ci permette di accedervi. Dio è giusto ed è fedele alle sue promesse. E Gesù puntualmente il terzo giorno risuscitò. E' la Pasqua, il grande giorno per tutti. Ma che fosse risorto doveva essere provato, "toccato con mano" per poi testimoniarlo a tutti, fino alla fine dei secoli. Il tempo della sepoltura alla resurrezione, fu "la terribile notte" del cuore per gli apostoli e per quanti avevano creduto in Gesù. Una notte insopportabile. Per cui era immensa la speranza che quel sepolcro si aprisse e Lui tornasse tra loro. Se rotolava quella pietra, sarebbe rotolata la pietra di ogni uomo, sulla notte del cuore, che sono tante e per tutti. Quella pietra rotolò e Gesù apparve ai discepoli. Quella apparizione improvvisa che abbatte ogni "notte", crea inevitabilmente "stupore", fino allo "spavento. E lo possiamo capire. Succederebbe a tutti noi lo stesso sgomento. E' Gesù stesso che aiuta a superare questo stato d'animo, facendo capire che la sua presenza non era una "allucinazione", ma era una realtà viva e chiede così che gli offrano da mangiare. Superato lo spavento, avuta la certezza che Gesù era tornato tra loro vivo, risuscitato, segue inevitabilmente la grande gioia. La nostra tristezza, il più delle volte, non conosce la grande gioia, perché è la sensazione che non si "aspetta nessuno" che rompa la solitudine e dia speranza facendosi vicino e offrendo amicizia vera. Anni fa ero in pellegrinaggio a Lourdes. Trovavo molto bello, quando era notte, starmene solo o in compagnia di pochi ai piedi della Grotta. Una notte mi accorsi che vicino a me, seduto sul muricciolo, c'era un uomo, quasi piegato su se stesso dal dolore. Un dolore che non gli faceva neppure guardare la Grotta e la Madonna. Mi accostai con molto rispetto: e mi sedetti accanto a lui come a non farlo sentire solo. Cominciò a piangere a dirotto per lungo tempo. Non so cosa sia significato per lui quel sentire uno che si era fatto vicino in quella notte. So che ad un certo momento mi disse: "Padre, la ringrazio di essere venuto". Ero qui per togliermi la vita, talmente non ne posso più". Mi raccontò il suo dolore che era veramente grande Ed alla fine alzò gli occhi verso la Madonna. Aveva il volto diverso, illuminato, con un raggio di sorriso. Quell'uomo davvero aveva vissuto "il turbamento" "lo spavento", e "la gioia", Là e in chissà quanti posti, anche nella nostra piazzetta di Internet, ciò accade. E scrivendo queste righe mi è parso di incontrarne parecchi e di farmi vicino a loro, come a Lourdes. Sarebbe bello che "il mio compagno di muretto o di panchina" si facesse vivo, scrivendomi per posta elettronica (E-mail) la cui sigla è: Riboldi@tin.it Vi ringrazio e vi benedico. |