Omelia (27-04-1997) |
mons. Antonio Riboldi |
Scrivo a Laura Cara Laura, Tu non puoi sapere, o forse lo saprai da dove ora ti trovi, quanto di te hanno parlato i giornali il giorno in cui, a soli 13 anni, hai voluto porre fine alla tua vita tra di noi, buttandoti da 7° piano della tua casa. Tua madre ha cercato invano di impedire il tuo gesto ed è rimasta forse a braccia aperte come ad esprimere l'infinito dolore di perdere ciò che non si vorrebbe mai perdere, ossia una figlia. Nel tuo diario hai scritto la ragione del tuo gesto: "Ieri in mensa, ho mangiato un pezzo di torta grande. Adesso devo rimediare". La tua anoressia, un male dell'anima prima che del corpo, ti faceva ritenere colpa irrimediabile una fetta di torta. Un errore che andava punito con la morte. Ti confesso che l'opinione pubblica è rimasta sbigottita da questa notizia e ha provato il dolore di papà e di tuo fratello che erano sull'androne della porta assistendo impotenti al tuo suicidio: una opinione impotente anche a darsi una ragione di tale gesto. Mi dicono che la tua malattia si va diffondendo. E più che una malattia è in tanta parte, una insana voglia di essere "in forma", a imitazione di tante modelle che sembrano non abbiano peso fisico, ma hanno tanto peso sulla opinione pubblica, più pronta a seguire le modelle che l'amore alla vita. Qualcuna di queste modelle, forse sentendosi indirettamente in colpa, ha subito preso le distanze, affermando che loro di "torta" ne mangiano tanta! Ma non ti nascondo, Laura, che soffro per tante che hanno il tuo stesso male dell'anima. E mi viene una grande voglia di gridare contro chi con molta ostentazione tra di noi traccia le vie che tu hai percorso. Per avere successo. O per trovare morte. Milioni di ragazze come te, nel mondo sono molto più magre di te, hanno il corpo scavato dalla fame e dal dolore, e cercano disperatamente non un pezzo di torta, ma di pane per vivere. A volte sono così stremate dalla fame che bisogna rieducarle a mangiare. Ora, Laura, sei davanti al Signore della Vita, Dio. E Lui disse, quando era tra noi, "Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me e io in lui, fa molto frutto, perché senza di me non potete far nulla". E davanti a Lui oggi comprendi meglio queste parole che potevano essere "il pane della vita". Sono parole, Laura, che la superficialità del mondo, per non dire peggio, ha come cancellato, offrendo il vuoto della vita. "Abbattete le barriere della superficialità e della paura, giovani! - esorta il Santo Padre scrivendo ai giovani per il grande incontro mondiale che si terrà a Parigi ad agosto ed a cui sarebbe stato bello ci fossi stata anche tu: - Ma - vi domando - è meglio rassegnarsi ad una vita senza ideali, ad un mondo costruito a propria immagine e somiglianza, o piuttosto cercare generosamente la verità, il bene, la giustizia, lavorare per un mondo che rispecchi la bellezza di Dio, anche a costo di affrontare le prove che esso comporta? La tua mancanza, cara Laura, è un grande, incolmabile vuoto nella famiglia che non sa darsi ragione del tuo gesto, vive con dolore immenso che solo la speranza cristiana può in qualche modo lenire. Ora tu sei nel Regno della Verità della vita. Dì, se puoi, alle troppe Laura che vivono la loro vita preoccupate di essere "esili", "alla moda delle modelle" come se questo fosse un modello di vita, che la Vita è un grande bene che va oltre "il peso del corpo": bada al peso della felicità che è in Cristo, vera Vita. E prego per te, Laura. Per i tuoi cari chiedendo per loro conforto. E che il Padre Celeste non ti neghi il suo abbraccio. |