Omelia (18-05-1997)
mons. Antonio Riboldi
C'è bisogno di spiritualità

Ha fatto molto rumore una frase del Segretario del PDS, D'Alema. Prendendo la parola il 1° Maggio 1997 ad Agrigento, alla marcia della pace indetta da quella Diocesi, certamente affascinato dalla volontà di pace delle migliaia di giovani che nella Valle dei Tempi chiedevano ad alta voce la costruzione di un mondo costruito sui grandi pilastri della verità, libertà, giustizia e solidarietà, disse: "La politica deve ritrovare una spiritualità al suo interno, se vuole sopravvivere". La stessa frase era stata detta con solennità da Michael Gorbaciov, al tempo della perestrojka in una sua visita in Italia al tempo glorioso della sua volontà di dare alla Russia un'anima.

In tanti si sono chiesti cosa volesse dire "dare alla politica una spiritualità". E in tanti se lo stanno chiedendo oggi.

Per troppo tempo ha conosciuto il suo trionfo il materialismo, che altro non è che "vedere l'uomo nella sua parte materiale", come non avesse uno spirito che è la parte preziosa dell'uomo. In nome del materialismo, il danaro, il profitto, il piacere, l'uomo tante volte è sconfinato nella vergogna, fino a perdere anche la conoscenza della propria dignità e della propria grandezza. E non ci siamo neppure accorti che l'economia, la politica, la stessa scienza, anziché essere al servizio della persona umana, che è e deve essere il centro di ogni istituzione ed azione, ha fatto dell'uomo un oggetto per i propri interessi o poteri.

La spiritualità Gesù la metterebbe nell'amare il prossimo come Lui ci ama: ossia porre i beni superiori della persona al di sopra di tutto.

Se oggi la politica, l'economia, la finanza si sono deteriorati al punto in cui sono, è stato perché hanno preteso di porsi sopra e quindi contro l'uomo ed i suoi irrinunciabili valori.

C'è davvero bisogno di una spiritualità a tutto campo, a cominciare da ciascuno di noi. Diversamente continueremo a versare lacrime di coccodrillo sopra tutti i drammi di cui siamo quotidianamente spettatori.

Ci invita a riflettere seriamente su tutto questo la solennità della Pentecoste. Ossia la gioia del dono dello Spirito che Dio ha fatto a noi in modo particolare nel giorno della nostra Cresima. E questo se vogliamo uscire dalla drammatica visione del profeta Ezechiele. Così parla: "In quei giorni, la mano del Signore fu sopra di me e il Signore mi portò fuori in spirito, e mi depose nella pianura che era piena di ossa: mi fece passare tutt'intorno accanto ad esse. Mi disse: "Figlio dell'uomo, queste ossa sono tutta la gente di Israele. Ecco, esse vanno dicendo: le nostre ossa sono inaridite, la nostra speranza è svanita, noi siamo perduti. Perciò profetizza e annuncia loro: dice il Signore Dio: ecco, io apro i vostri sepolcri, vi risuscito dalle vostre tombe, o popolo mio, e vi riconduco nel paese di Israele. Riconoscerete che io sono il Signore, quando aprirò le vostre tombe e vi risusciterò dai vostri sepolcri o popolo mio.

Farò entrare in voi il mio Spirito e rivivrete: vi farò riposare nel vostro paese; saprete che io sono il Signore. L'ho detto e lo farò" ( Ez. 37,1-14)

E davvero lo ha fatto il Signore il giorno della pentecoste con i suoi discepoli.

Lo fanno oggi in modo meraviglioso in quanti non accettano di essere "ossa inaridite e senza speranze", ma si lasciano sedurre dallo Spirito, dando alla propria esistenza quella "spiritualità" che è la verità e nobiltà di ciascuno.

"In realtà, avverte il grande apostolo Paolo, noi tutti siamo stati battezzati in un solo Spirito per formare un solo corpo e tutti ci siamo abbeverati ad un solo Spirito".

Oggi c'è bisogno di questo per ridare luce al mondo. "Una candela accesa ne accende mille spente - dice un proverbio -: ma mille candele spente accendono nessuna candela".