Omelia (24-06-2008)
don Marco Pratesi
Profeta delle genti

La prima lettura della messa vigiliare ci parla della vocazione del profeta Geremia. Essa lo precede totalmente: lo sguardo amoroso di Dio ha avvolto Geremia quando egli ancora non esisteva. Dio se lo è "messo da parte" per essere "profeta delle genti" (v. 5), annunziatore della Parola di Dio a Israele e a tutti i popoli. Un profeta che non sarà accolto: è già inscritto nella sua chiamata il fatto che egli dovrà combattere praticamente contro tutti. Re, principi, sacerdoti, popolo, nessuno vorrà accettare il messaggio di Geremia, che annunzia il fallimento delle strategie umane per salvarsi dalla minacciosa potenza babilonese. Per reggere questo urto, è data a Geremia una sola risorsa, la presenza del Signore: "Io sarò con te" (vv. 8 e 19).
Colpisce il contrasto tra l'universalità della missione e il fatto che il profeta non sia accolto neanche dal suo popolo. Ben strano qusto Dio, che da un lato invia al mondo, dall'altro mette in conto il rifiuto da parte d'Israele.
Il fatto è che il progetto di Dio avanza nella storia non nel successo mondano dell'inviato, ma nel suo fallimento. L'inviato avrà "successo", ma solo attraverso l'offerta di sé in gratuità totale e nudità di fede.
La liturgia ci invita ad accostare a questa la vicenda di S. Giovanni Battista (messa nella vigilia): "pieno dello Spirito Santo fin dal seno di sua madre" (Lc 1,15), consacrato a percepire e manifestare sin dal grembo i segnali di una vicinanza appena germogliata (cf. Lc 1,44), chiamato come Geremia a preparare la via del Signore distruggendo e ricostruendo con la parola profetica (cf. Lc 3,5), e destinato a pagare col sangue la fedeltà alla sua missione (cf. Mt 14,3-12; Mc 6,17-29; Lc 3,19-20).
La Parola di Dio, tuttavia, si realizza comunque: Geremia diventerà nei secoli una figura di primo piano nella fede d'Israele; e diventerà anche maestro delle genti che in Cristo accoglieranno il Dio d'Israele come loro Dio e, più in generale, luce per ogni uomo di buona volontà. Così, ancora più che attraverso gli "oracoli sulle nazioni" che costituiscono l'ultima parte del suo libro (cc. 46-52), egli sarà davvero "profeta delle genti".
Possiamo e dobbiamo fondarci sulla Parola del Signore, perché quanto essa annunzia si realizza certamente. Si realizza, però, al modo di Dio e non al nostro. Ciò che fa avanzare il Regno di Dio nella storia non sono i nostri successi (nemmeno come Chiesa), ma la fede che "spera contro ogni speranza" (Rm 4,18) e l'amore che si dona senza calcolo umano.

I commenti di don Marco sono pubblicati dal Centro Editoriale Dehoniano - EDB nel libro Stabile come il cielo.