Omelia (22-06-1997) |
mons. Antonio Riboldi |
Perché siete così paurosi? Una delle tante realtà che sembra facciano triste compagnia all'uomo, soprattutto nel nostro tempo, è la paura. Ogni giorno accadono fatti di violenza - come quello successo a Napoli nella sparatoria dell'Arenella con la morte di mamma Silvia, o della donna in coma per un tentato scippo - che ci privano della serenità di uscire per strada, come se la strada non fosse più il luogo di incontro della comunità, ma un sentiero "minato" Una recente statistica tra le persone anziane, risulta che un'altissima percentuale di loro, non esce più di sera da casa "per paura". C'è poi "la grande paura di non trovare o perdere il lavoro" che è una necessaria via di realizzazione di ogni uomo; un diritto-dovere consegnatoci da Dio stesso quando creandoci disse "coltivate la terra". C'è nelle famiglie "la paura" che i figli vengano come "inghiottiti" dalla tanto facile tentazione della droga di qualsiasi genere. E c'è la sottilissima paura che prende tanti di avere fallita la stessa vita, che è il sommo bene. Ne fecero esperienza gli apostoli nella traversata del lago di Galilea su una barca. Sulla barca, stanco dalle tante fatiche apostoliche, a fare loro compagnia, c'era Gesù. Lui se ne stava a poppa, sul cuscino e dormiva. " La tempesta intanto si faceva davvero pericolosa, tanto da gettare acqua nella barca fino a riempirla. A questo punto, anche se gli apostoli erano esperti di tempeste perché pescatori, si videro persi, incapaci di fare fronte al pericolo. Deve aver suscitato più che meraviglia, sdegno, il fatto di vedere il Maestro che li aveva sollecitati a passare a "passare all'altra riva del lago", dormire tranquillamente come se il pericolo non lo riguardasse. Lo svegliarono bruscamente con parole davvero dure: "Maestro, non t'importa che noi moriamo?". La risposta di Gesù è immediata. Destatosi, sgridò il vento e disse al mare: "Taci, Calmati". E il vento cessò e vi fu grande bonaccia. Poi si rivolse ai suoi discepoli: "Perché siete così paurosi? Non avete ancora fese?. I discepoli furono presi da grande timore e si dicevano l'un l'altro: "Chi è costui dunque, al quale anche il vento ed il mare obbediscono? (Mc. 4,35-40) Chi di noi non ha nella vita, di fronte a difficoltà che sembravano insormontabili provato la sensazione che davvero tutto fosse finito o perduto? Quanta gente, per mille ragioni ha il cuore che sembra un mare in tempesta; una tempesta che ha tutta l'aria di travolgere la vita. Sono più di quelli che pensiamo. Non parlano perché non sanno a chi affidarsi e dove trovare una via o un mezzo per salvarsi dalla "tempesta" che è in loro. Tante volte viene meno anche la fiducia in Dio che sembra tacere o "dormire", come Gesù nella barca, come se ciò che viviamo non Lo riguardasse per nulla. Ma l'apparente Suo silenzio è disinteresse per le nostre angosce e sofferenze, o è attesa che noi "Lo svegliamo", ossia ci rivolgiamo a Lui come hanno fatto gli Apostoli con Gesù? Dio, il Padre, non è e non può mai essere indifferente a tutti i nostri problemi. Ci è vicino in modo misterioso e pare voglia correre i nostri stessi pericoli, come fece Gesù sulla barca con gli Apostoli. Domanda fiducia e questa scaccia la paura. Gesù infatti mette insieme queste due parole "perché avete paura? Non avete ancora fede?" Non è forse facile, ma si incontra tanta gente che è sempre serena anche nelle difficoltà. Non che siano indifferenti alle difficoltà, ma vivono una intensa fiducia in Dio che "ha cura degli uccelli, ha persino cura dei capelli del nostro capo" e tanto più ha cura di noi che siamo figli. Abbiamo bisogno di incontrare questi uomini e donne che trasmettano la loro serenità nelle prove: Questi sono i meravigliosi compagni della vita che vorremmo sempre incontrare e che come a voler portare insieme la nostra croce, come il Cireneo sulla via del Calvario, ti dicano: "Coraggio! Abbi fede!". |