Omelia (29-06-1997)
mons. Antonio Riboldi
L'Amore che vorremmo

Questa settimana è stata segnata da fatti che "oscurano il cielo dell'anima e la rattristano. Mi riferisco agli episodi della Somalia ed ultimamente ai fatti incredibili di pedofilia di Torre Annunziata. Oltre lo sdegno giusto per questo e altro, sento che abbiamo bisogno di quella conversione del cuore che è la sola medicina possibile per un rinnovamento di costumi: una conversione che è sempre dono di Dio e che dobbiamo chiedere con convinzione. Così non si può andare avanti senza mettere a rischio la nostra dignità, serenità e civiltà. Ognuno di noi ha bisogno di specchiarci nel volto di Dio e ritrovare l'immagine di amore che è la sola bellezza possiamo avere a donare.

Il Vangelo di oggi ci racconta un "grappolo di miracoli" che mostra quanto sia grande il Cuore di Dio, come si lasci intenerire facilmente e come sappia farci vicino alle nostre sofferenze. E Gesù che ieri era sulle strade della Terra Santa è lo stesso che oggi cammina vicino a ciascuno di noi, con la stessa sensibilità per tutto quanto ci fa soffrire.

Narra il Vangelo che incontra uno dei capi della Sinagoga, di nome Giaìro, che vedendolo Gli si getta ai piedi pregandolo con insistenza: La mia figlioletta è agli estremi; vieni a imporle le mani perché sia guarita e viva". Gesù andò con lui. Mentre camminava con Giaìro "una donna che da dodici anni era affetta da emorragia e aveva molto sofferto per opera di molti medici, spendendo tutto senza nessun vantaggio (sembrano i nostri tempi), anzi peggiorando, udito parlare di Gesù, venne tra la folla, alle sue spalle e Gli toccò il mantello. Diceva infatti: "Se riuscirò solo a toccare il suo mantello, sarò guarita". E così fu. Gesù, sentita la potenza che era uscita da Lui, si voltò verso la grande folla che lo premeva da ogni parte disse: "Chi mi ha toccato il mantello?". I discepoli gli dissero: "Tu vedi quanta folla ti si stringe attorno e domandi: Chi mi ha toccato?". Gesù guardava intorno per vedere chi Lo aveva toccato. La donna tremante gli si gettò davanti e Gli disse la verità. Gesù rispose: Figlia, va in pace, sii guarita dal tuo male, la tua fede ti ha salvata". Quindi continua il suo cammino con Giaìro verso la sua casa. Ma gli vennero incontro ad annunziare che la figlia era morta. Ma Gesù ribatte: "Non temere, continua solo ad avere fede". Giungono alla casa della fanciulla e trovano la solita scena di strazio e dolore. "Perché fate tanto strepito - rimprovera Gesù - e piangete? La bambina non è morta, ma dorma" ed essi lo deridevano. Gesù entra nella casa dove era la bambina le prende una mano e le disse: "Fanciulla te lo dico io, alzati".

La fanciulla si alzò e si mise a cammin16are; aveva dodici anni." Tutti furono presi da grande stupore (Mac. 5,21-43)

E lo siamo anche noi stupiti da questa manifestazione di compassione, delicatezza ed amore. Davvero Dio non sta alla periferia dell'uomo, ma entra nella sua vita: nelle sue angosce e speranze......solo se si ha la fede della donna e di Giaìro.

E' consuetudine a Napoli che ogni mercoledì dell'anno, e più ancora in prossimità della festa della Madonna del Carmelo, che nella storica basilica del Carmine Maggiore si preghi con particolare solennità. Fui invitato mercoledì a celebrare il Pontificale. Grande folla, come ai tempi di Gesù. E quella folla è la Napoli che difficilmente si mette in cartolina: è la Napoli che soffre e "assedia" la Madonna del Carmine, come quella donna e Giaìro del Vangelo.

Terminata La S. Messa, scesi processionalmente per tornare in sacrestia, costretto ben volentieri a passare tra "il dolore di Napoli". Ci volle tanto tempo per tornare in Sacrestia. Ero strattonato da ogni parte, proprio come Gesù: ed ognuno aveva la sua sofferenza da raccontare, la sua richiesta di benedizione, come a carpire almeno un raggio di amore del Cielo su questa terra "malata". In poco tempo ho sentito più storie di sofferenza che in anni. Ognuna diversa dall'altra; ognuno come una povertà offerta agli occhi del Padre: ognuno in cerca di una benedizione: donne, uomini, giovani. Lì il dolore accomuna età e sessi. Ogni volto era un bagno di lacrime, mai di disperazione, sempre di speranza. Guardavo ciascuno negli occhi per farmi riempire del loro dolore e ogni tanto voltavo il mio sguardo alla Vergine del Carmine per riversare il lei le lacrime che mi si accumulavano dentro: ed ogni sguardo a Maria era come la supplica di Giaìro.

La gente capiva che non ero indifferente al loro dolore e me lo versava addosso senza timore: come la donna che soffriva di emorragia.

Non potrò mai dimenticare questo "bagno di dolore" e di fede: chiama solo "un bagno di amore". Il resto lo lascio a Dio ed alla Sua cura. Questo mondo sofferente e del Carmine di colpo ridà dignità alla nostra umanità e oscura gli scandali che la cronaca di mondo ci dà. Al Carmine, come in tante altre parti c'è con il dolore la speranza di un futuro più umano: un futuro di Dio con e per l'uomo.