Omelia (29-06-2008)
mons. Roberto Brunelli
Un anno con Paolo

E' tale l'importanza dei santi Pietro e Paolo che quando, come quest'anno, la loro festa cade in domenica la liturgia sospende il normale corso delle celebrazioni. I due santi, in quanto apostoli, sono importanti per tutta la Chiesa, la quale proclama sé stessa "una, santa, cattolica e apostolica"; lo sono poi a maggior ragione per quei cristiani che, come i mantovani, seguono il rito romano, vale a dire quello adottato a Roma, la città dove i due apostoli hanno coronato col martirio la loro vita terrena e hanno tuttora, entro splendide basiliche, il loro venerato sepolcro, da sempre frequentatissima meta di pellegrinaggi.
Quest'anno l'attenzione si appunta in particolare su Paolo. Di lui si sa molto, ma non la data di nascita; poiché si ritiene sia avvenuta tra l'anno 5 e il 10 dopo Cristo, per non lasciar cadere il bimillenario, il papa ha deciso di celebrarlo a cominciare da oggi con un "Anno Paolino", denso di iniziative volte a cogliere meglio i doni che tramite lui il Signore ha fatto alla Chiesa e al mondo intero. Tramite lui: la sua vita, quale è narrata negli Atti degli apostoli (a tratti nei capitoli 8-12, in esclusiva nei seguenti), e il suo insegnamento, quale emerge in particolare dalle sue tredici intense Lettere, di cui ogni domenica si legge un brano.
Per verità, in Paolo vita e dottrina non si possono scindere; egli ha insegnato, instancabile pur tra mille pericoli e ostilità, quello che ha compreso a partire dalla sua stessa esperienza. Cinque o sei anni dopo la conclusione della vita terrena di Gesù, il giovane Saulo, come allora si chiamava, pieno di zelo per il Dio dei suoi padri, riteneva suo dovere combattere i traditori, divenuti seguaci di quel rabbi di Nazaret che si ostinavano a dichiarare risorto dai morti. Allo scopo aveva partecipato alla lapidazione del primo martire, Stefano, e riuscì a ottenere dai capi del popolo ebraico l'autorizzazione di andare ad arrestare gli ebrei cristiani dimoranti a Damasco. Alla testa di un drappello di soldati era ormai prossimo alla città, quando una luce accecante lo gettò a terra, e una voce gli chiese: "Saulo, Saulo, perché mi perseguiti?" La risposta fu un'altra domanda: "Chi sei, tu?" E la voce: "Io sono quel Gesù che tu perseguiti".
Sconvolgente. Egli non aveva conosciuto Gesù, non l'aveva ascoltato parlare né visto guarire; avrà saputo che era morto in croce, e con ciò riteneva conclusa la vicenda. Ecco ora che il Crocifisso si manifestava vivo, e dunque risorto come sostenevano i suoi seguaci; non solo, egli riteneva fatto a sé quello che facevano ai suoi amici: "perché mi perseguiti?" A partire da questi elementi, egli si mise a riflettere, si informò adeguatamente su Gesù e giunse alla conversione, di cui in certo modo è segno il cambio del nome: dall'ebraico Saulo al romano Paolo.
Alla conversione seguì dapprima un silenzioso ritiro nella sua città natale, Tarso; poi però, sollecitato dai compagni di fede, egli cominciò un'intensa attività apostolica, rivolta ai componenti del suo stesso popolo, ma anche e soprattutto ai pagani. Senza nascondere di essere stato un persecutore di quella fede che ora poteva annunciare, per averne sperimentato di persona i fondamenti; una fede basata sull'amore di Gesù per gli uomini, da ricambiare amando coloro in cui Gesù si identifica.