Omelia (29-06-2008) |
don Maurizio Prandi |
La fede: sintesi della vita Interrompiamo il percorso domenicale del Tempo Ordinario per celebrare questa importante Solennità per la Chiesa: quella dei SS. Pietro e Paolo. Una prima cosa che mi colpisce è questa: quella di oggi è la celebrazione della diversità. Un pescatore (Pietro) e un fariseo zelante della Legge, persecutore dei primi cristiani (Paolo); il primo del gruppo dei dodici e uno che di quel gruppo non ha mai fatto parte; uno che è stato a stretto contatto con Gesù e uno che Gesù non lo ha mai conosciuto; Pietro, l'apostolo dei circoncisi e Paolo, l'apostolo degli incirconcisi... vie differenti, vite diverse, itinerari distanti, personalità entrate in conflitto tra loro eppure in Cristo entrambi affratellati a tal punto che i loro cammini esistenziali hanno trovato in Roma il luogo del martirio (Comunità di Bose). Entrambi, nelle differenze che li segnano sono capaci di dare la vita per il Signore. E allora vediamo il percorso che la Parola di Dio oggi ci fa fare. Potremmo sintetizzare in questo modo: ci vengono proposti tre momenti di crisi, tre momenti di difficoltà. La prima lettura ci racconta della sofferenza apostolica di Pietro, incarcerato dopo la decapitazione di Giacomo. Se Pietro è in carcere, chi sosterrà la comunità? Di fronte alle difficoltà, di fronte alle persecuzioni, di fronte alle violenze che si abbattono sui suoi responsabili, la comunità prega: Mentre Pietro dunque era tenuto in carcere, dalla Chiesa saliva incessantemente a Dio una preghiera per lui. Bellissimo! La preghiera è la forma con cui la comunità cristiana vive la sua lotta contro i potenti del mondo che scatenano persecuzioni e violenze. Con la preghiera la comunità cristiana rimane vicina a Pietro in carcere e intercede per lui, "combatte con lui e per lui" (Rm 15,30) manifesta la sua obiezione nei confronti della prepotenza dei potenti, persevera nella fede e non si piega agli eventi avversi (Comunità di Bose). Se la prima lettura ha come tema centrale quello della preghiera, la seconda lettura fa una importante sottolineatura circa la fede: è giunto il momento che io lasci questa vita. Ho combattuto la buona battaglia, ho terminato la corsa, ho conservato la fede. S. Paolo guarda qui la sua vita come a ritroso e fa questa considerazione che personalmente colpisce molto: egli constata di aver conservato la fede. Che cosa raccoglie Paolo della sua vita al termine dei suoi giorni? Il fatto di essere un credente! Mi piace tanto questa sintesi fatta al termine di una vita, di un'esistenza, al termine di una vita spesa per l'evangelizzazione, la missione, la predicazione della Parola, il servizio del vangelo, la fondazione e l'organizzazione di comunità cristiane, Paolo ricorda il suo essere ancora un credente. Lo sento importante tutto questo, forse perché si tende a desiderare di essere ricordati per quello che si è fatto, che si è costruito, per i soldi che si sono messi da parte. Paolo ci riporta all'essenziale, al cuore della nostra vita, a quello che ci fa vivere e lo fa rimarcando il fatto che la fede non può mai essere data per scontata, anche per gli uomini di chiesa. Alla comunità di Bose tutto questo suggerisce un convincimento: la grande fatica apostolica è proprio il conservare la fede! La nostra fede è apostolica come pure è apostolica la chiesa che dalla fede nasce ed è nutrita, che nella fede vive fino al compimento del regno. L'aggettivo apostolico ha voluto dire tante cose nella storia della chiesa. Per tornare all'origine del termine, diciamo che gli apostoli ricevono titolo, autorità dal fatto di essere stati testimoni della risurrezione di Gesù. Come tali essi diventano il fondamento e il modello della nostra fede. Una fede apostolica è dunque quella che ricava dalla storia degli apostoli le ragioni che la sostengono e le forme in cui va vissuta. Tutto quello che abbiamo detto finora ci fa capire che con l'ascolto di questa domenica la Provvidenza ci pone in continuità rispetto a quanto abbiamo detto domenica scorsa circa la scomodità di un certo annuncio, circa le difficoltà che si incontrano quando Vangelo e Bibbia scuotono la vita delle persone fino a farle diventare quasi ostili e refrattarie alla bellezza del volto di Dio (un volto che chiama ad un certo stile di vita, ad una certa responsabilità e proprio per questo un volto chiaramente scomodo). Il vangelo di questa solennità non è da meno e ci racconta di un momento particolare per Gesù: a Cesarea di Filippo ha luogo una svolta decisiva nella sua vita e in quella dei suoi discepoli. Gesù provoca una chiara separazione tra il parere della gente e quello dei suoi discepoli circa la sua persona e la sua missione. Sembra che nel corso del ministero di Gesù ci sia stato un momento di crisi. Dopo le prime reazioni alla predicazione e all'opera di Gesù che è stata positiva e di entusiasmo per la folla, pian piano entrano atteggiamenti di rifiuto e di scetticismo che in qualche modo cambiano l'atmosfera attorno a Gesù. Prima era un'atmosfera entusiasta, poi diventa di sospetto. Da questo momento, Gesù comincia a orientare il dono della sua vita verso la passione e sta chiedendo ai discepoli di seguirlo per quella strada. E' proprio su questa scelta fondamentale della vita di Gesù che siamo chiamati, come discepoli, a verificarci sull'identità del nostro maestro: voi chi dite che io sia? Ed è una domanda che compromette i discepoli. Domanda e risposta non si collocano a livello intellettuale, ma esistenziale. Questa è una domanda di esistenza, una domanda che richiede una fede non puramente intellettuale, ma una fede che coinvolge i propri comportamenti. Per capirla bene si possono usare due passi, in qualche modo paralleli. Uno dal vangelo di Giovanni, dopo il grande discorso sul pane della vita: Gesù ha dato da mangiare alle folle; le folle lo sono andate a cercare per farlo re, e Gesù ha fatto un lungo discorso in cui insegna alla gente che in realtà non devono andare dietro a Gesù per il pane, ma debbono andare dietro a Gesù per Gesù; è Gesù ciò che conta, non i suoi doni. Gesù si presenta come la scelta definitiva dell'esistenza dell'uomo. Se vuoi vivere, la scelta che devi fare riguarda Gesù: credere e accettare lui. Vuole dire: Signore, io riconosco che il tuo modo di vivere, il vangelo che tu predichi è il modo vero di vivere anche per me. Il secondo testo utile per capire è nella lettera ai Filippesi (Fil 3,4b-9), dove Paolo ricorda il significato dell'esperienza che ha fatto sulla via di Damasco. Paolo fa un elenco di capacità e privilegi che lui possiede e di cui gode. Si è comportato sempre secondo la legge, nessuno lo può rimproverare di niente. Tuttavia "quello che poteva essere per me un guadagno, l'ho considerato una perdita a motivo di Cristo. Anzi, tutto ormai io reputo una perdita di fronte alla sublimità della conoscenza di Gesù Cristo, mio Signore, per il quale ho lasciato perdere tutte queste cose". Da quando Paolo ha incontrato Gesù sulla via di Damasco, ha visto la sua vita con occhi nuovi; se prima le sue ricchezze umane e religiose erano per lui importantissime, adesso non gli interessano più. Adesso ciò che gli interessa è il dono di amore, di vita e di giustizia che vengono liberamente e gratuitamente da Gesù Cristo. Che celebrare questa solennità sia anche per noi un centrare decisamente la nostra vita in Cristo Gesù. |