Omelia (29-06-2008)
don Giovanni Berti
Chi sono io per te?

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"Chi sono io per te?"
Credo che questa domanda sia presente sottintesa a tutte le nostre relazioni umane. Ogni volta che qualcuno fa qualcosa per me, che sia una cosa positiva o negativa, risponde alla domanda "chi sono io per te". E lo stesso, ovviamente, vale per quando io faccio o dico qualcosa a qualcuno, in qualche modo gli comunico la risposta alla domanda "chi sei tu per me".
E la risposta a questa domanda non è mai la stessa, ma si evolve e cambia. Ho in mente persone che ho conosciuto e che ora sono amiche: all'inizio, alla domanda "chi sei per me" la risposta poteva essere "nessuno, perché ti ho incontrato per caso", oppure "uno dei tanti fedeli della parrocchia", oppure "un amico di un altro che conosco...". Ma poi con il tempo, attraverso la conoscenza, la risposta si è evoluta in "sei mio amico, mia amica", e questo cerco di farlo trasparire anche dal più piccolo gesto e parola.
Può succedere anche il percorso contrario, cioè quando per qualcuno una relazione d'amore o di amicizia pian piano si spegne, e ci si accorge che da una o da entrambe le parti la risposta alla domanda "chi sei per me" passa da "il mio amico, il mio amico" a "un fastidio" se non addirittura "la persona che mi fa solo che soffrire", e anche tutto questo traspare dai gesti e dalle parole che ci si rivolge. Potremmo davvero ripensare tutti i nostri rapporti umani in quest'ottica, cioè come riposta reciproca alla domanda "chi sei per me, chi sono io per te".
In famiglia la risposta sembrerebbe più salda e fissa: "tu sei mia moglie", "tu sei mio marito", "tu sei mio genitore" e tu "sei mio figlio/figlia". Ma sappiamo bene che anche qui, nei stretti legami famigliari, la risposta non è mai scontata. Ci sono infatti molte volte nelle quali possiamo rispondere o ricevere risposta: "tu sei della mia famiglia, ma anche un grande fastidio e fonte di odio". Una risposta positiva alla domanda non è mai scontata, nemmeno in famiglia.

Gesù un giorno chiede ai suoi discepoli "voi, chi dite che io sia", che è la stessa cosa che chiedere "chi sono io per voi". Pietro dà una risposta alta e perfetta che colpisce profondamente Gesù. Ma Gesù riconosce anche che è una risposta ispirata da Dio stesso a Pietro, che nella sua umanità è molto più incerto e dubbioso.
Pietro avrà tutta la sua vita, fino al martirio, per rispondere a Gesù "chi sono io per te". Non sarà una risposta sempre lineare e coerente, ma avrà la sua evoluzione, che passerà dall'entusiasmo della prima chiamata sul lago di Tiberiade, al tradimento la sera dell'arresto, fino al pentimento e alla testimonianza dopo la resurrezione.
Questa domanda Gesù la rivolge anche a noi come comunità e come singoli: "chi sono io per voi e per te?"
Non basta una risposta "da catechismo", ma Gesù vuole una riposta fatta con i gesti e la vita.
Una comunità che vive una fede solo di facciata domenicale, fatta di qualche rito e processione e non evolve nella solidarietà reciproca, nella comunione, nel perdono... è una comunità che alla domanda "chi sono io per voi" risponde con un "sei una bella tradizione" e basta...
E come singolo credente, se non amo il mio fratello nel quale più volte Gesù ha detto di esser presente, allora anche la mia risposta sarà debole e superficiale: "Gesù, per me non sei importante e non mi insegni nulla che valga la pena di seguire".


Mi fa riflettere una piccola storiella che mi ha raccontato un amico missionario:
Su un sentiero aspro e pieno di pietre ho incontrato una bambina che portava sulle spalle il suo fratellino. "Ciao ragazzina – gli dissi - stai portando un grande peso sulle tue spalle".
Lei mi rispose: "Non è un peso, signore. E' mio fratello".


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