Omelia (29-06-2008) |
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Ma voi chi dite che io sia? Pietro e Paolo sono due grandi testimoni di Gesù risorto. L'incontro con il Signore in modi diversi e luoghi diversi li ha trasformati. L'amore del Signore li ha riempiti della sua bontà e misericordia e per questo non potranno mai dimenticare lui e saranno suoi testimoni fino al martirio. Questi davvero hanno amato il Signore. Gesù, inizialmente, chiede ai discepoli, l'opinione della gente a suo riguardo. Come allora anche oggi, le risposte sono varie e lasciano percepire che nella società circola un'opinione distorta di Gesù; per qualcuno Gesù è il Figlio dell'Uomo, per altri il Figlio di Dio, il precursore, il profeta. Cose vere, ma che non superano i limiti della vecchia tradizione profetica. Allora chiede ai propri discepoli. Pietro risponde: "Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente". È il punto più alto del Vangelo di Matteo. Gesù è l'Emanuele (= Dio con noi). Gesù realizza le promesse messianiche, superando la barriera dell'antico ed introducendo il nuovo: il datore della giustizia che rende nuove la società e la storia. Nessuno di noi conosce la sua fede fino a quando questa non è messa alla prova: così Pietro che si sentiva ormai adulto nella fede, fondato nelle sue convinzioni, deve fare i conti con la sua (che è la nostra) paura e rinnega il Maestro e piange. Infine quell'incontro, splendido, unico, al lago di Tiberiade, l'incontro col risorto che gli chiede, ora, di amarlo. E Pietro abbassa lo sguardo, sente tagliente bruciare la ferita dentro di sé. Eppure crede, eppure ama: ora sì, è davvero capace di confermare i fratelli, ora si, sul serio, può accompagnare il cammino dei fratelli In Pietro e in Paolo ciò che più risalta è la loro intima amicizia col maestro, la loro fede. Ambedue ebbero esperienza dell'amore di Dio in Cristo Gesù. Quell'esperienza li ha accompagnati per tutta la loro vita e ha dato loro una viva coscienza della propria missione. Ha, dunque, ragione Pietro, quando conclude con parole dense di emozione: "Signore, Tu sai tutto, Tu sai che io ti amo" Gesù oggi di nuovo chiede a me: "Tu chi dici che io sia?". Dobbiamo chiederci: chi è Cristo per noi, per me? E chi sono io per Cristo? Siamo specialisti di facili parole. La vita non è ciò che si dice della vita, ma ciò che si vive della vita. E Gesù Cristo per me non è ciò che io dico di lui, ma ciò che io vivo di lui, ciò che vivo del suo crocifisso amore. Umile pescatore di Galilea era Pietro, maestro e dottore era Paolo. Questo vuol dire che come Gesù ha avuto del pescatore e del dottore così oggi la Chiesa ha bisogno di tutti, pescatori e maestri, piccoli e grandi. Tutti sono chiamati a testimoniare Gesù. Nella vita di Paolo è tratteggiata la storia di molti di coloro che seguono Gesù. Non è possibile essere raggiunti in profondità dalla sua parola e rimanere vittime delle proprie mediocrità. Il vangelo, se accolto distrugge egoismo e produce frutti di bellezza. Paolo non si spaventa di fronte alle avversità, anzi dice al discepolo Timoteo ed a noi: il Signore mi è stato vicino e mi ha dato forza, perché potessi proclamare il messaggio di amore di salvezza a tutti. Nella Chiesa non devono essere le diversità a spaventarci. Esse sono spesso testimonianza della ricchezza multiforme dello Spirito. L'importante è che tutti i fratelli siano disposti a lavorare per l'unico Signore e, se necessario, a soffrire e a morire per lui. Questi due annunciatori e testimoni del vangelo ci invitano a non rinchiudersi nel proprio egoismo, ma annunciare il vangelo a coloro che ancora non lo hanno accolto. La riva del mare di Tiberiade e la via di Damasco raccontano due modalità della stessa chiamata. A Pietro, come a Paolo, fu rivolto un preciso invito: "seguimi". E l'invito fu accolto. Lo seguirono. Pietro è roccia della Chiesa. Come Pietro, anch'io posso diventare roccia e chiave. Posso essere roccia che dà sicurezza, stabilità e senso non solo a me ma anche ad altri. Come Paolo, posso essere anch'io portatore del vangelo di Gesù fino ai confini della terra. "Ho combattuto la buona battaglia; ho terminato la corsa; ho conservato la fede". Beati coloro che potranno ancora ripetere queste parole al termine della loro vita. Tu sei per me il fratello che mi aiuta a scoprire per tutte le strade una moltitudine di altri fratelli, il Fratello che mi impegna a fare del mondo una sola famiglia e una casa comune. Tu sei per me il Figlio di Dio, che si è vestito della pelle dell'uomo per vestire me della pelle di Dio. Tu sei per me il Figlio di Dio, disceso dall'alto per afferrare la mia mano, così da comunicarmi il brivido gioioso dell'eternità. Tu sei per me il Figlio di Dio, che si è lasciato inchiodare le mani perché io cominciassi a possedere la statura di Dio. (Cfr. A. Dini, in La mia vita davanti a te). Commento a cura di don Joseph Venson |