Omelia (29-06-2008) |
padre Antonio Rungi |
Due grandi santi che ci indicano Cristo come centro della vita Celebriamo oggi la solennità dei santi Pietro e Paolo in coincidenza con la XIII Domenica del tempo ordinario. La solennità non poteva passare in silenzio, soprattutto in questo 2008 che viene indicato come l'anno paolino e giubilare di inizio del bimillenario della nascita dell'Apostolo delle Genti. Una festa nella festa o meglio una doppia festa, in quanto i due santi vengono celebrati congiuntamente a conferma di un'antica tradizione che vede gli apostoli Pietro e Paolo, testimoni coraggiosi della fede in Cristo Signore, unico salvatore del mondo. La preghiera iniziale della nostra assemblea domenicale oggi recita così: "O Dio, che allieti la tua Chiesa con la solennità dei santi Pietro e Paolo, fa' che la tua Chiesa segua sempre l'insegnamento degli apostoli dai quali ha ricevuto il primo annunzio della fede"; mentre il prefazio odierno della speciale solennità recita rivolgendo a Dio la preghiera della comunità dei credenti: "Tu hai voluto unire in gioiosa fraternità i due santi apostoli: Pietro, che per primo confessò la fede nel Cristo, Paolo, che illuminò le profondità del mistero; il pescatore di Galilea, che costituì la prima comunità con i giusti di Israele, il maestro e dottore, che annunziò la salvezza a tutte le genti. Così, con diversi doni, hanno edificato l'unica Chiesa, e associati nella venerazione del popolo cristiano condividono la stessa corona di gloria". Facendo tesoro della parola di Dio, oggi i testi biblici ci presentano con ruoli e funzioni diverse proprio i due santi che veneriamo e davanti ai quali ci inginocchiamo in sentito ossequio, ma anche per chiedere ai due colossi della fede cristiana quel meraviglioso dono di fondare tutta la vita su Gesù Cristo come hanno fatto loro dopo la chiamata e la conversione. Il Vangelo ci presenta la confessione di Pietro a Filippi, che riconosce in Gesù il Figlio di Dio e parimenti l'affidamento della chiesa da parte di Gesù alla custodia premurosa di Pietro, su cui Gesù stesso fonda la sua Chiesa. E' il grande tema del primato di Pietro e dell'unità di tutta la Chiesa di Gesù Cristo. Unità non ancora raggiunta, esistendo ancora tante divisioni al suo interno, che certamente non fanno bene al cuore di Cristo e all'umanità nel suo insieme. Nel testo del Vangelo vengono chiaramente indicati i compiti che spettano a Pietro come capo della Chiesa di Cristo. In primo luogo è la chiave della misericordia e del perdono che la Chiesa deve continuare a svolgere nel nome di Cristo e forte del mistero della morte e risurrezione del suo Signore. Una Chiesa che è madre di misericordia e di bontà, ma anche attenta maestra che deve guidare tutti i discepoli verso la piena e vera felicità. Anche la prima lettura, tratta dagli Atti degli Apostoli è completamente dedicata a San Pietro e alla sua sofferenza personale nella difesa della fede cristiana. Ci viene presentata l'immagine di un Pietro non più pauroso e pavido come nel giorno dell'arresto e del processo a Gesù, con la conseguente condanna a morte e crocifissione, ma un Pietro che sa affrontare i pericoli che derivano a lui dal fatto che deve far conoscere Cristo attraverso la predicazione e la testimonianza della vita. Pietro tocca con mano, prende coscienza che davvero il Signore gli è vicino e non l'abbandona. Può confidare in Lui e nella forza che deriva dalla fede totale che egli ormai ha totalmente manifestato a Gesù. Cosa che poi completerà proprio nel giorno in cui a Roma offrirà la sua vita per testimoniare questa fede, morendo martire per amore del suo Amore. Nella seconda lettura di oggi troviamo l'unico riferimento biblico all'Apostolo delle Genti. Il breve brano della seconda lettera di san Paolo apostolo a Timòteo ci presenta un apostolo che ha la netta coscienza della conclusione della sua vita e anche della modalità in cui questa avverrà: il martirio. Leggere oggi questo brano, soprattutto alla luce di quanto siamo chiamati a sperimentare in questo anno paolino, fa un certo effetto e predispone il nostro cuore e la nostra mente ad un approccio più intenso e forte rispetto a ciò che San Paolo ha lasciato scritto nel suo "diario spirituale", ovvero nelle sue 14 lettere scritte per il bene della comunità cristiana nel suo insieme. Possiamo dire che questa solennità è la festa della vicinanza di Dio a due suoi degni apostoli e discepoli. Pietro e Paolo affermano con coscienza e cognizione di causa che il Signore è stato vicino a loro, soprattutto nell'ora della prova e dell'umiliazione. La vicinanza di Dio, il sentire Dio quasi fisicamente accanto a loro gli ha dato la forza di superare ogni cosa e di affrontare anche il martirio. Da questi due grandi santi vogliamo attingere la forza di affrontare quel martirio quotidiano al quale tutti siamo chiamati, senza ribellarci, ma calandoci e immergendoci in profondità nel mistero del Cristo redentore dell'umanità, morto e risorto per noi in riscatto dei nostri peccati. Fortificandoci in quella fede che gli Apostoli Pietro e Paolo hanno testimoniato fino alla morte, possiamo anche noi essere cristiani più credenti e soprattutto più credibili, perché non è facile essere credenti e credibili insieme. Questi apostoli lo sono stati, anche se per loro due comunque ci sono stati momenti di buio e di difficoltà, dai quali sono emersi con l'aiuto e la grazia di Dio. Stessa cosa che chiediamo al Signore, specie se la nostra fede è poca, la nostra carità è limitata, la nostra speranza quasi del tutto scomparsa. Chiediamo al Padre di rendere anche noi capaci di riconoscere in Gesù il salvatore del mondo, l'inviato di Dio e Signore della nostra vita. Amen. |