Omelia (06-04-2003) |
don Roberto Rossi |
Il chicco di grano che porta molto frutto Nel cammino quaresimale vogliamo far entrare in profondità dentro di noi queste espressioni schiette e decise di Gesù, nella misura in cui si pongono all'opposto della concezione comune e immediata. "Se il chicco di grano caduto in terra non muore, rimane solo; ma se muore, produce molto frutto. Chi ama la sua vita la perde e chi odia la sua vita in questo mondo, la conserverà per la vita eterna. Se uno mi vuol servire mi segua..." Il vangelo si riferisce agli ultimi tempi della vita di Gesù, quando si è presentato come Messia e non è stato ascoltato. Umanamente la sua vita, è un fallimento. IL Vangelo di oggi è la spiegazione profonda di questo fallimento che diventa vittoria, diventa piena realizzazione. "Se il chicco di grano caduto in terra non muore, rimane solo; se invece muore, porta molto frutto". Gli Ebrei sognavano un Messia guerriero, vittorioso, che avrebbe sconfitto i Romani. Invece viene un Messia umile, non violento, che parla di conversione del cuore e accetta di essere flagellato e condannato al supplizio della Croce. La morte di Gesù è il seme della vita nuova, della vita eterna. Siamo stati tutti salvati dalla sua Croce, accettata come volontà del Padre! Noi crediamo in Cristo crocifisso "scandalo per i Giudei e follia per i pagani", come dice San Paolo. Attraverso la Croce, Gesù ha redento gli uomini: "quando sarò innalzato da terra attirerò a me tutti gli uomini", si legge nel vangelo di oggi. La nostra fede è nella Croce di Cristo: non la religione della spada, non nella gloria, non del successo, ma della Croce. Solo la via della Croce ci conduce al Padre che sta nei cieli. L'ha percorsa Gesù per primo, anche noi siamo chiamati a percorrerla. Cos'è la Croce per noi? E' il senso autentico del perché viviamo. Che senso ha infatti la vita se non fare la volontà di Dio? Questo costa sacrificio, rinunzia, lotta contro le nostre passioni. Ma sappiamo che solo seguendo questa via noi realizziamo noi stessi. Dice Gesù: "Chi vuole salvare la propria vita la perderà, chi è disposto a perdere la propria vita in questo mondo la salverà per la vita eterna". E' difficile oggi fare un discorso coma questo. La mentalità del benessere come un diritto dell'uomo, del consumismo, della vita concepita come divertimento, è radicalmente contraria alla mentalità evangelica. Giovani e adulti siamo sempre meno educati al sacrificio perché troviamo tutto pronto, tutto ci sembra dovuto. Il mondo moderno tende a dispensare l'uomo da ogni fatica, da ogni sacrificio, da ogni rinunzia e sofferenza. Se il sacrificio è la condizione irrinunziabile per conseguire qualsiasi risultato umano (nel matrimonio, nel lavoro, nello studio), tanto più esso vale per seguire la via del Vangelo. Gesù l'ha detto: "Se qualcuno vuol venire dietro a me prenda la sua croce e mi segua". Come reagisco e come mi comporto nei momenti difficili della mia vita, nelle sofferenze, nelle croci, nella solitudine, nel buio della fede, nei fallimenti? Riesco a farmi forza, a unirmi a Cristo, a dare valore a tutto ciò che vivo, a coltivare la speranza della salvezza del Signore, a santificare tutto questo e a portare, con il Signore, molto frutto? Resto sempre preoccupato di me, dei miei problemi, delle mie cose; resto chiuso nel mio egoismo oppure ho imparato a vivere la vita per gli altri, come dono, come amore, come servizio? In un certo senso questo è "perderla", ma è l'unico modo per guadagnarla, per viverla, per darle pieno valore umano e cristiano sulla terra e pienezza nell'eternità di Dio! Così ci insegna Gesù, così hanno vissuto e testimoniato i santi, ma certamente l'abbiamo provato molte volte anche noi. Quando ci guardiamo attorno e vediamo i frutti cattivi dell'egoismo, della sete di potere, di prestigio, di superiorità sugli altri, comprendiamo sempre di più la solidità e la bellezza di queste verità che Gesù ha insegnato e soprattutto che ha vissuto, lui per primo, in pienezza. Gli stessi avvenimenti difficili del mondo oggi possiamo leggerli alla luce di queste parole di Gesù. L'immagine del chicco getta una luce grande prima di tutto sulla vicenda personale di Gesù e poi anche su quella di tutti i suoi discepoli. Il chicco di grano è innanzitutto Lui stesso, Gesù. Come il chicco di grano Egli è caduto in terra, nella sua passione e morte, ma è rispuntato e ha portato, con la sua risurrezione, i frutti abbondanti della salvezza. Ma la storia del piccolo chicco di grano aiuta anche noi a capire noi stessi e il senso della nostra esistenza, a lottare contro il male e l'egoismo, a spenderci per vivere la vita come amore, a confidare nella bontà di Dio che rende molto fruttuosa la sofferenza, proprio nel momento in cui abbiamo l'impressione di non poter far più nulla, perché malati o impossibilitati. E' significativa a questo proposito la testimonianza di Marcello Candia, l'industriale milanese che vendette le sue fabbriche e andò con i missionari in Amazzonia a spendere tutte le sue sostanze e la sua stessa vita per i poveri e con i poveri. E' stato un uomo che ha dato un grandissimo esempio di lavoro, di impegno, di donazione. Eppure al termine della vita, stroncato da tumore a 67 anni, sul letto di morte così si confidava... "Nella mia vita ho lavorato tanto in senso organizzativo, ho pregato e, perché si pregasse di più, ho costruito il Carmelo a Macapà. Ma adesso il Signore mi chiede la cosa più alta, la sofferenza. Sì, l'atto più alto dell'amore che Gesù mi ha manifestato è l'avermi posto nella sofferenza, dandomi anche la possibilità di abbandonami a lui, con fiducia, con serenità, con amore. Gesù mi fa vivere l'esperienza più bella della mia vita, facendomi capire che non è sufficiente lavorare per il Regno di Dio; non è sufficiente pregare; più importante è accettare con umiltà e disponibilità il dolore come e quanto Dio lo permette. Questa è una grande esperienza per me, perché solo nella sofferenza possiamo realizzare la comprensione dell'amore di Dio". |