Omelia (06-04-2003) |
mons. Antonio Riboldi |
Ora l'anima mia è turbata Una espressione del S. Padre, commentando la guerra in Iraq, nel suo solito appuntamento con il mondo a mezzogiorno, da quella finestra che ora è la finestra della speranza, ma anche la finestra in cui si può conoscere il cuore della Chiesa, uso l'espressione: "Il mio cuore è oppresso". E non può essere che così per chi partecipa a quanto avviene in Iraq, come è per ogni uomo, che davvero crede che tutto il bene o il male della umanità gli appartiene. Affermare che l'umanità sia una famiglia porta con sé la responsabilità di essere partecipi delle speranze e delle angosce, di chiunque e ovunque avvengano. Fa male al cuore vedere uomini massacrati e case distrutte per la guerra, come uomini e cose fossero brandelli senza valore da buttare all'aria. Ma l'uomo, la sua vita, e un prezioso dono di Dio, caro agli occhi del Padre, in un modo che è impossibile descrivere. E' pura follia umana quella di voler risolvere le questioni, sia pure di giustizia, con l'arma della violenza. Nel suo discorso all'ONU, il 14 Ottobre 1964, il grande pontefice Paolo VI ebbe tra l'altro a dire: "Il nostro messaggio raggiunge il suo vertice, il vertice negativo. Voi attendete questa parola che non può svestirsi di gravità e solennità: non gli uni contro gli altri, non più, mai più. A questo scopo principalmente è sorta l'Organizzazione delle Nazioni Unite contro la guerra e per la pace! Ascoltate le parole d'un grande scomparso, di John Kennedy, che quattro anni orsono proclamava: "L'umanità deve porre fine alla guerra o la guerra porrà fine all'umanità". Non occorrono molte parole per proclamare il sommo fine di questa istituzione. Basta ricordare che il sangue di milioni di uomini e innumerevoli e inaudite sofferenze, inutili stragi e formidabili rovine, sancisce il patto che vi unisce, con un giuramento che deve cambiare la storia futura del mondo: non più la guerra, non più la guerra! La pace, la pace deve guidare le sorti dei popoli e della intera umanità". Pare riecheggiare la preghiera di un anonimo musulmano, che così prega, condannando gli stessi atteggiamenti di morte, come quelli voluti dai cosiddetti Kamikaze. "O Dio nostro! Tu sei la pace, da te la pace, a te ritornerà la pace! Facci vivere Signore nella pace! Fa' che entriamo per la tua misericordia nella casa della pace! Benedetto sei Tu, Signore nostro altissimo! O potente, o glorioso, assicuraci il tuo perdono!" Facessimo, noi e i musulmani, nostra questa preghiera, cadrebbero quelle terribili voglie di vendetta che magari chiamiamo "guerre sante" o "libertà infinita", che non possono trovare spazio nella rettitudine del cuore e nella fede in un Dio che è amore e dona pace! La stessa espressione, "turbato", la usa oggi Gesù. Siamo alle soglie del momento più terribile della Sua vita. Gesù si trova a Gerusalemme, la città di Dio, dove sapeva che lì lo attendeva la prova di amore che il Padre Gli chiedeva, per poter salvare tutti noi...A guardare l'umanità di sempre, e non solo oggi, non si riesce proprio a capire come mai, l'uomo, io, voi, abbiamo l'obiettivo della nostra vista, sul quanto siamo amati, troppe volte appena aperto o così chiuso, da non vedere la grandezza dell'amore di Dio...mentre forse ci facciamo abbagliare da quanto non è amore, ma solo soddisfazione, come un gioiello o la ricchezza, o altro. Evidentemente, i nostri occhi sono rivolti alle creature che sono senza anima, come sono le cose, e non riescono più a "vedere" chi ci vuole bene. Erano giorni di festa quelli che si celebravano a Gerusalemme, la loro Pasqua. E come ogni festa, aldilà forse di ogni fede, richiamava tanta gente, se non altro per vedere, per rendersi conto del come si sta altrove, per fare altre conoscenze, ecc. Gesù oramai era "il personaggio" che spiccava tra quella immensa folla: un personaggio che era amato e odiato nello stesso tempo: amato perché faceva tanto bene, soprattutto aveva il coraggio di parlare nel nome del Padre e quindi illuminare l'uomo sulla sua bellezza agli occhi del Padre: una bellezza troppe volte oscurata, dalle falsità, cui ci si affida anche oggi. E poi Gesù era tanto buono: sapeva prendersi cura di chi soffriva e a Lui si rivolgeva. Nessuno che andava a Lui con cuore sincero, veniva respinto: ma tutti finalmente trovavano chi sapeva amarli. E di questo abbiamo bisogno noi uomini. Ed è curioso come alcuni Greci, spinti forse dalla curiosità, chiedono agli apostoli di "vedere Gesù": "Vogliamo vedere Gesù". Non è dato sapere il perché di questo desiderio. Facilmente attratti dalla fama che era attorno a Lui. Sappiamo cosa voglia dire questa frase sulla bocca di quanti amano di vero cuore Gesù e non solo con le labbra. Perché c'è ancora il rischio che ci siano uomini e anche cristiani il cui nome di Gesù è un nome che suscita forse curiosità, ma è fuori dalla sfera del cuore. E "vedere Gesù" ha il sapore solo della curiosità. Ma per i santi, i veri cristiani "vedere Gesù" ha il significato del compimento dell'amore, del Paradiso. Gesù non raccoglie il desiderio ed indirettamente risponde non chi è, ma cosa si appresta a compiere per noi, che è introdurre nell'immensità del suo cuore. "E' giunta l'ora – risponde - che sia glorificato il figlio dell'uomo. In verità, in verità vi dico: se il chicco di grano caduto in terra non muore rimane solo: se invece muore, produce molto frutto. Chi ama la sua vita la perde e chi odia la propria vita in questa mondo, la conserverà per la vita eterna. Se uno mi vuol seguire mi segua e dove sono io, là sarà anche il mio servo. Se uno mi serve, il Padre lo onorerà. Ora l'anima mia è turbata; e che devo dire? Padre, salvami da quest'ora? Ma per questo sono giunto a quest'ora! Padre glorifica il tuo nome. "Venne allora una voce dal cielo: "L'ho glorificato e di nuovo lo glorificherò" (Gv.12,20-33). E' davvero grande l'umanità di Gesù che pure essendo Figlio di Dio, Dio lui stesso, avendo assunto la nostra natura umana per intero, non si sottrae a quello che tante volte noi sentiamo di fronte alle prove grandi della vita, che se abbiamo fede, sono le prove che il Padre chiede per mettere alla prova fino a dove l'amiamo. Quante volte ci sentiamo "turbati"e viene voglia di rivolgersi a Dio per dirgli, come Gesù: "Salvami da quest'ora!" Gesù guardava forse con angoscia la folla che si assiepava a Gerusalemme quel giorno e chiedeva di "vederLo". Sapeva molto bene che quella stessa folla fra poco l'avrebbe rivista in piazza a gridare: "Crocifiggilo!" E forse passa per la mente di Gesù – e chiedo a Lui perdono se oso tanto – quello che diciamo noi stessi tante volte di fronte alle immani follie dell'uomo, capace un giorno di esprimere la voglia di "vedere" e subito dopo, dimentico di tutto, "crocifiggilo". "Ma vale la pena che io dia la vita per questi uomini?" Si sarà chiesto. Vale la pena che la stima come "profeta" o "figli dell'uomo", il più buono visto dalla terra, venga cancellata da uomini che non sanno capire o non vogliono capire cosa voglia dire essere "grano che muore in terra" per dare frutto? Uomini che, talmente aggrappati ad una vita che ha i giorni contati, disprezzano il valore immenso di dare la vita perché altri l'abbiano? Uomini cui sembra onore seguire chi li inganna, i falsi dei di tutti i tempi, che non hanno cuore per amare, e trovano a volte follia seguire chi è la Vita eterna? Al suo turbamento gli risponde il Padre: "L'ho glorificato e lo glorificherò sempre". Ma come è difficile sacrificarsi per amare e vedere che quello che si fa per amare un figlio, un amico, non è compreso! Una volta, per farci entrare nel "turbamento di Gesù", quasi a farGli compagnia, nei giorni in questo ultimo tempo che precede la Pasqua, si copriva il volto dei Santi nelle Chiese e si copriva lo stesso crocifisso...come a velare il dolore. Dovremmo essere capaci anche noi di vivere questi giorni "coprendo" il nostro volto alle tante falsità di questo mondo, per associarci al turbamento di Gesù...che è anche il turbamento per come va il mondo oggi, in attesa del giorno della resurrezione. Ci aiuta Paolo che, nella lettera agli Ebrei, così scrive: "Cristo nei giorni della sua vita terrena offrì preghiere e suppliche con forti grida e lacrime a colui che poteva liberarlo da morte e fu esaudito per la sua pietà: pur essendo Figlio, imparò tuttavia l'obbedienza dalle cose che patì e reso perfetto divenne causa di salvezza eterna per tutti coloro che gli obbediscono" (3b. 5,7-9). |