Omelia (13-04-2003)
don Romeo Maggioni
Non temere, figlia di Sion! Ecco il tuo re viene

La processione coi rami d'ulivo ha un significato ben preciso: nella fede accogliamo Gesù che in questa settimana - attraverso i Riti Liturgici - rende attuale entro la nostra comunità quei suoi gesti salvifici e ne comunica tutto il frutto di salvezza.

"Non temere, figlia di Sion! Ecco il tuo re viene!". Fu, quello di Gerusalemme, l'ingresso ufficiale del Messia nella sua città, e nello stile umile di un re che porta pace e salvezza al popolo sofferente: "l'arco di guerra sarà spezzato, annunzierà la pace alle genti" (Zc 9,9-10).

Quali gesti e quale pace allora attualizzano per noi i Riti solenni della Settimana Santa che oggi incomincia?

1) LA PASQUA DI GESU'

Dei fatti ben precisi stanno alla base del nostro riscatto, fatti culminanti nei momenti vissuti da Gesù della sua passione, morte e risurrezione, che noi - con linguaggio comune - chiamiamo la sua Pasqua. Gesti compiuti con drammatica partecipazione di uomo, cosciente di una missione più che umana: essenzialmente quella del Figlio di Dio che sposando l'umanità peccatrice, a suo nome e in suo favore, ripara un rifiuto nei confronti di Dio che ha causato la morte a tutti gli uomini.

"Come per la disobbedienza di uno solo tutti sono stati costituiti peccatori, così per l'obbedienza di uno solo tutti saranno costituiti giusti" (Rm 5,19). Gesù è il secondo Adamo che ricostruisce una umanità ancora riconciliata con Dio.
L'atto centrale di Gesù fu essenzialmente una obbedienza.

E' al Getsemani, in un momento di tensione agonica, che Gesù sceglie di affidarsi in un modo eroico a quel Dio che sembra averlo abbandonato ormai alla morte più ingiusta: "Padre mio, se è possibile, passi da me questo calice! Però non come voglio io, ma come vuoi tu!" (Mt 26,39). Se il peccato è stato un atto di sfiducia in Dio, il suo contrario è un atto d'amore e di fiducia totale, senza compromessi, fino al rischio dell'assurdo. Gesù, completamente solidale con noi, "è stato trafitto per i nostri delitti, schiacciato per le nostre iniquità; il castigo che ci dà salvezza si è abbattuto su di lui; per le sue piaghe noi siamo stati guariti" (Is 53,4-5).

Quell'atto di obbedienza gli è valsa la più positiva risposta di Dio, col risuscitarlo dai morti ed esaltarlo alla destra nei Cieli. Mostratosi così pienamente "Figlio prediletto", anche nella sua umanità è stato come rapito dentro la divinità a divenirne pienamente partecipe ed erede. E' il senso profondo della esaltazione pasquale per quel che riguarda Gesù. Primizia, naturalmente, di tutta l'umanità di cui Lui - con l'Incarnazione - è capo e rappresentante: primogenito dei risorti, "se veramente partecipiamo alle sue sofferenze per partecipare anche alla sua gloria" (Rm 8,17). Entrato nella gloria, ora allunga a noi la mano per trarci a divenire partecipi di un medesimo destino di vita.

2) LA PASQUA DELLA CHIESA

Questo è il punto: partecipare alla sua morte per giungere ad una risurrezione simile alla sua. E' appunto quanto noi intendiamo quando parliamo della Pasqua della Chiesa, o della nostra Pasqua. In qualche forma Gesù vuole che ciascuno compartecipi a quei suoi atti - che ha fatto per noi, ma non senza di noi -; atti che abbisognano quindi di un "completamento" perché possano essere efficaci per ognuno di noi. Scrive san Paolo: "Completo nella mia carne quello che manca ai patimenti di Cristo, a favore del suo corpo che è la Chiesa" (Col 1,24).

L'obbedienza della nostra croce non ha efficacia di riscatto se non è unita alla Croce redentrice di Cristo, perché solo in Lui siamo riconciliati al Padre oggi, e domani glorificati!
Ecco perché è necessario che in qualche forma quegli atti storici di Cristo siano resi presenti oggi - e ad ogni generazione di uomini - perché ognuno liberamente e responsabilmente vi partecipi.

L'invenzione di Cristo, ormai risorto e vivo, è quella di rendersi nostro contemporaneo donandoci il Suo Spirito, un modo nuovo cioè di stare sempre con noi e operare la sua salvezza lungo il tempo e lo spazio. E' nei segni da Lui voluti (i Sacramenti e la Liturgia) e nel luogo privilegiato da Lui scelto (la Chiesa, come sua sposa) che lo Spirito opera e applica a noi il frutto di quei gesti salvifici compiuti da Gesù per tutta l'umanità.

La memoria allora che i Riti Liturgici del Santo Triduo pasquale fanno in questa settimana, non è che il vestito e il veicolo per il quale noi ci colleghiamo con i gesti di Cristo. E' una memoria che ci coinvolge anche emotivamente nella rievocazione puntuale dei fatti che vanno dall'ultima Cena del giovedì alla varie apparizioni del Risorto nel giorno di Pasqua.

Il risultato sarà il caricare ulteriormente la nostra libertà della capacità di dire il sì coraggioso nelle croci della nostra vita, perché in unione col passaggio di Cristo siamo anche noi condotti alla ulteriore e definitiva comunione con Dio che costituirà la nostra esaltazione eterna.

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Portare a casa l'ulivo benedetto allora oggi, non è gesto di magia, ma espressione di fede che sa riconoscere Gesù come proprio salvatore nei riti della Chiesa.
Fare Pasqua, partecipare ai Riti e accostarci ai Sacramenti, è la fonte e la forza di tutto un anno di esistenza cristiana, perché la sorte già ottenuta dal Capo passi sempre più anche alle membra di questo Corpo di Cristo che è la Chiesa, cioè ognuno di noi.