Omelia (27-04-2003)
don Romeo Maggioni
Perchè crediate che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio

Il vangelo si conclude dichiarando esplicitamente a che cosa mira: "perché crediate che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio, e perché, credendo, abbiate la vita nel suo nome". Scopo del vangelo è portare a riconoscere in Gesù il Figlio di Dio, perché credendo in lui diventiamo partecipi della sua stessa vita divina.

La fede è questione di vita, capace di vincere tutto, persino la morte, come appunto è già avvenuto di Cristo risorto: "Questa è la vittoria che ha sconfitto il mondo: la nostra fede. E chi è che vince il mondo se non chi crede che Gesù è il Figlio di Dio?" (II lett.).
Oggi il vangelo mette appunto a fuoco il tema della fede nella divinità di Gesù, passando anche attraverso i dubbi tanto umani di Tommaso.

1) "PERCHE' MI HAI VEDUTO, HAI CREDUTO"

C'è da precisare subito il contenuto di questa fede, che è qualcosa di assolutamente nuovo. Ci sono milioni di uomini che credono in Dio, ma solo i cristiani aggiungono a questa fede qualcosa che sia i Giudei che i Musulmani rifiutano con forza: che cioè Dio è Padre, Figlio e Spirito; e che il Figlio s'è incarnato in Gesù di Nazaret. Cioè in sostanza che Dio in persona s'è reso visibile e comunicabile in un uomo ben preciso, e con quanto lui ha detto e ha fatto.

Questa verità sorprendente non è stata inventata da noi - né poteva essere immaginata! -, ma s'è imposta per un dato storico, per un fatto che ha aperto gli occhi a chi gli ha vissuto vicino: è la risurrezione dai morti, segno vistoso della divinità di questo Gesù.

Tommaso percepisce l'assoluta novità e vuol essere sicuro di persona: "Se non vedo .., se non metto il dito.., non crederò!". Non è mai capitato che uno messo al cimitero sia poi venuto in carne ed ossa dall'aldilà! Ma Gesù appare e gli dice: "Metti qua il dito e guarda le mie mani; stendi la tua mano e mettila nel mio costato; e non essere più incredulo ma credente!". Gli altri discepoli l'avevano già visto, ne erano rimasti sorpresi, quasi fossero davanti a un fantasma; ma Gesù aveva detto: "Guardate le mie mani e i miei piedi: sono proprio io! Toccatemi e guardate; un fantasma non ha carne e ossa come vedete che ho io" (Lc 24,39-40).

Tommaso allora esce in quella professione alta di fede: "Mio Signore e mio Dio". Aveva costatato che era proprio quel medesimo Gesù di prima, anzi quel Gesù messo in croce con ancora le cicatrici delle sue ferite, e subito gli si sono aperti gli occhi e ha capito tutti i segni e le prove di divinità che Gesù aveva dato di sé in precedenza. Anche di Giovanni, giunto al sepolcro e trovatolo vuoto, con le bende piegate, si dice: "Vide e credette" (Gv 20,8).

Gli apostoli hanno toccato con mano che quel Gesù era Dio e ne sono rimasti così convinti da spendere poi tutta la vita fino al martirio per testimoniare questa verità sorprendente. "Noi non possiamo tacere quello che abbiamo visto e ascoltato" (At 4,20). Hanno creduto perché hanno veduto! E tutto questo per nostra sicurezza.

2) "BEATI QUELLI CHE PUR NON AVENDO VISTO CREDERANNO"

Fortunati noi allora che oggi, pur senza vedere e toccare, possiamo credere con sicurezza perché qualcuno prima di noi, e con 'cervello', ha costatato e toccato. La nostra è anzitutto appunto una fede apostolica, fondata sulla testimonianza così concreta di quanti hanno "mangiato e bevuto con lui dopo la sua risurrezione dai morti" (At 10,41). Così è nata la Chiesa: "Con gran forza gli apostoli rendevano testimonianza della risurrezione del Signore Gesù e tutti godevano di grande stima" (I lett.).

Gente seria e stimata era quella, anche perché capace di tradurre la novità di fede in novità di vita fraterna: "La moltitudine di coloro che erano venuti alla fede avevano un cuor solo e un'anima sola" (I lett.).
E' ancora nella comunità cristiana che noi oggi riceviamo la fede. Gesù ha proprio voluto così in quella sera di Pasqua: "Come il Padre ha mandato me, anch'io mando voi". La Chiesa è il prolungamento nel tempo dell'incarnazione di Cristo, per continuare a dare, come ha fatto Lui, la vita divina agli uomini: "Ricevete lo Spirito Santo; a chi rimetterete i peccati saranno rimessi..!". Assieme alla testimonianza della risurrezione, riceviamo il dono dello Spirito, attraverso i sacramenti che Gesù ha voluto.

"Questi è colui - dice oggi san Giovanni nella seconda lettura - che è venuto con acqua e con sangue, Gesù Cristo; non con acqua soltanto, ma con acqua e con il sangue". Il suo battesimo e la sua croce oggi raggiungono noi col nostro battesimo e l'Eucaristia celebrati nella Chiesa.
Quella beatitudine allora è proprio per noi, chiamati a credere entro la Chiesa, madre resa feconda dal dono dello Spirito che le è stato dato. Infatti "è lo Spirito che rende testimonianza, perché lo Spirito è la verità" (II lett.).

Il vangelo di oggi anzi sembra più preciso: è al momento della convocazione domenicale che si può incontrare Gesù risorto e vivo, cioè alla messa, "allo spezzare del pane", come dicono i due discepoli di Emmaus. Certamente solo chi viene a messa la domenica, può maturare una fede giusta in quel Gesù Figlio di Dio, "credendo al Quale, abbiamo la vita in Lui". Dice ancora san Giovanni: "Chi crede che Gesù è il Cristo, è nato da Dio", cioè è veramente figlio di Dio e ne diviene erede.

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Che una fede, presa sul serio, oltre che darci la vita eterna, cambi anche già da oggi la vita, è segnalato dall'esempio della Chiesa primitiva, dove "nessuno diceva sua proprietà quello che gli apparteneva, ma ogni cosa era fra loro comune".
La carità viene dalla fede: "Da questo conosciamo di amare i figli di Dio, se amiamo Dio e ne osserviamo i comandamenti" (II lett.). Crescere nella fede allora è premessa indispensabile per saperla poi dilatare anche nella carità.