Omelia (13-04-2003) |
don Roberto Rossi |
Mistero di peccato e di amore, mistero di annientamento e di gloria La liturgia della domenica delle Palme ci fa rivivere un duplice aspetto: il momento in cui la folla accoglie, acclama, riconosce Gesù "colui che viene nel nome del Signore" e il momento in cui, a causa del peccato dell'umanità, i nemici, le autorità e il popolo stesso lo condannano a morte. E' importante saper riconoscere e acclamare il Salvatore, come le folle, i giovani, i ragazzi di Gerusalemme. E' il momento della fede, della lode, della gioia che Gesù gradisce e alimenta. Dirà: "Chi ha sete, venga a me e beva". Possiamo collegarci ad un altro momento glorioso, la trasfigurazione. Si "vede" il Signore, si crede a Lui, c'è il fervore, l'entusiasmo, l'amore sincero. Ma verranno i momenti della debolezza, del peccato, del rinnegamento; basta pensare a quella stessa folla che il venerdì santo griderà "crocifiggilo!", agli apostoli che fuggono, a Pietro che lo rinnega, basta a pensare a ogni nostra dimenticanza, paura, rinnegamento, a ogni nostro peccato che dimentica l'amore di Dio, pur provato tante volte. Siccome siamo deboli dobbiamo intensificare i momenti dell'attaccamento, dell'esperienza, della fede del Signore. Perché quando verranno i tempi della tentazione e del peccato, non abbiamo a rimanere troppo tempo lontano da Lui, ma come Pietro e gli altri apostoli abbiamo a tornare a esprimere il nostro amore al Signore con umiltà, ma con un attaccamento ancora più grande, con una testimonianza espressa non a parole, ma con la vita. Vogliamo gustare e incoraggiare tutto ciò che nell'esperienza cristiana è gioia, pace, slancio, vocazione di novità e di bene. Ecco il significato della giornata mondiale della gioventù che si celebra oggi nelle Diocesi. Come dice il papa nel suo messaggio: "I giovani e il Papa insieme, con una schiera di Vescovi e di sacerdoti, guardano a Cristo, luce del mondo, Lo invocano e Lo annunciano all'intera famiglia umana". Ringraziamo per tutto il bene che portano nel cuore i giovani, per la loro fede e il loro impegno nelle parrocchie, nelle scuole e nelle università, nel lavoro, nel volontariato, nella gioia dell'amicizia e del tempo libero e con slancio diciamo: "Vogliamo tutti essere ancora più santi!" E questo ci è possibile per la grazia di Gesù salvatore e guardando il suo esempio. L'apostolo Paolo ci introduce al racconto della passione così: "Abbiate in voi gli stessi sentimenti che furono in Cristo Gesù, il quale pur essendo di natura divina, non considerò un tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio, ma spogliò se stesso, si umiliò facendosi obbediente fino alla morte e alla morte di croce. Per questo Dio lo ha esaltato, gli ha dato ogni gloria e potere, lo ha costituito Signore e Salvatore di tutti". La lettura della Passione ci apre ad una Settimana che è santa, per tutto ciò che Gesù ha vissuto in essa, come espressione dell'infinito amore di Dio per l'umanità e per ciò che Egli ci invita a vivere nella fede e nelle azioni, come risposta – pur nella nostra debolezza - di amore vero e concreto. Meditando la passione del Signore Gesù, possiamo pensare come S. Paolo: "Così mi ha amato e ha dato se stesso per me!". Il papa nella lettera del millennio ci invita a contemplare intensamente il volto di Cristo, il "volto dolente". Possiamo così guardare con intensità l'agonia di Gesù nell'orto degli ulivi, quando oppresso dalla previsione della prova che lo attende, solo davanti a Dio, lo invoca con la sua abituale e tenera espressione di confidenza: "Abbà, Padre". "Padre, se possibile, allontana da me questo calice della sofferenza. Però non la mia, ma la tua volontà sia fatta". Viene poi catturato, giudicato ripetutamente, viene deriso e coronato di spine, viene condannato e caricato della croce. Soprattutto sulla croce sperimenta la tentazione più grande: "Dio mio, perché mi ha abbandonato?" e prega con le parole di questo salmo (il 22). "E' possibile immaginare uno strazio più grande, un'oscurità più densa? Questo angoscioso "perché" rivolto al Padre, pur conservando tutto il realismo di un indicibile dolore, si illumina con il senso dell'intera preghiera, in cui il salmista unisce insieme, in un intreccio toccante di sentimenti, la sofferenza e la confidenza". Sulla croce Gesù vive la sua donazione piena al Padre per la salvezza di tutti gli uomini, ed esprime anche a voce alta alcuni di questi atti di amore: "Padre perdonali perché non sanno quello che fanno". "Padre nelle tue mani affido il mio spirito". Vorremmo avere un po' la fede e l'amore dei santi per poter comprendere e sperimentare qualcosa di questo amore infinito di Gesù, nostro Dio, sulla croce. Ecco allora il cammino cristiano e l'impegno in questa Settimana: vogliamo contemplare il volto dolente di Cristo, il suo amore infinito ("non c'è amore più grande di chi dà la vita per la persona amata"), il significato della redenzione e della salvezza per tutti gli uomini e per ciascuno così come l'ha meritata Gesù sulla croce. Vogliamo guardare la passione di Cristo che continua oggi in tutti coloro che, innocenti, soffrono e che muoiono: essi esprimono il mistero del peccato dell'umanità che genera tutto questo male. Essi sono coloro che completano nella loro carne ciò che manca ai patimenti di Cristo, per la salvezza della Chiesa e dell'umanità. Essi sono coloro che attendono la nostra carità per camminare verso la loro resurrezione, cioè la possibilità di vivere, la dignità, i mezzi per la sussistenza, la pace. |