Omelia (13-04-2003) |
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Commento su Marco 14,1- 15,47 (forma breve: Marco 15,1-39) Dopo aver commemorato l'ingresso di Gesù in Gerusalemme, siamo subito passati alla meditazione del mistero della passione. All'inizio della settimana santa la chiesa vuole che noi prendiamo coscienza del più grande "dramma d'amore". - Il Cristo ha sofferto la passione, e quale passione!... Il giorno delle palme egli entra in Gerusalemme come trionfatore. Meno di quattro giorni passeranno, ed egli sarà arrestato, giudicato e condannato. Le più avvilenti umiliazioni, i più crudeli tormenti del corpo, dell'anima, del cuore, niente gli sarà risparmiato. Il ricordo delle sue sofferenze abbia la forza di strapparci dal nostro torpore! - È per amore che Cristo ha sofferto ed è morto. Troppo abituati ad avere la croce sotto i nostri occhi fin dalla prima infanzia, forse non ci siamo mai neppure posti la questione di sapere perché Cristo non soltanto ha accettato, ma proprio ha voluto questa passione dolorosa. E per amor nostro! Tutta la sua vita è un mistero di amore: quindi non poteva concludersi che con l'atto dell'amore più sublime: " Morire per coloro che amava". - Egli è morto per amore, ma a quale scopo? Per salvarci. L'uomo peccatore ha osato, nella sua superbia, ergersi contro Dio: non c'è nulla di più grave! Con la sua stolta rivolta ha firmato la sua condanna di morte, di morte eterna. Ma l'amore di Dio è più forte di tutte le potenze del male e ne trionferà con un gesto inaudito: morirà su di una croce, pagando così il debito del peccato. E andrà anche oltre: dell'uomo, questo ribelle, farà il suo figlio, chiamandolo a partecipare alla sua vita. O croce, sublime follia! È proprio vero! |