Omelia (14-09-2008) |
don Roberto Seregni |
L'abbraccio incandescente Che strano festeggiare l’esaltazione di uno strumento di tortura. Ve l’immaginate la festa dell’esaltazione della sedia elettrica? Oppure una piccola ghigliottina appesa ai muri delle case o al collo dei fedeli? Non voglio essere blasfemo, ma solo provare – almeno un po’ – a rivivere quello scandalo che ha attraversato i discepoli nel vedere il loro Rabbì incamminato verso la morte in Croce. I dodici probabilmente si aspettavano di tutto, ma quella fine proprio no. Avevano lasciato ogni cosa per Lui, affascinati dalla sua parola, dai suoi miracoli, dalla sua intimità con Dio e poi se lo vedono lì. Irriconoscibile. Impotente. Sulla Croce. Provo ad immaginare i loro pensieri.... Dov’è finito quel Rabbì potente che libera dai demoni e dalle malattie? Dove si è nascosto quel profeta che incanta le folle con sue parole cariche di novità e di bellezza? Dove è quell’uomo meraviglioso che ha saputo guardare nei nostri cuori e farci sentire amati e accolti come nessuno mai aveva saputo fare? Dove sei Gesù, Rabbì? Dov’è finito tutto quello che hai promesso? La festa che oggi celebriamo ci libera dalla tentazione di farci un Dio a nostra immagine e somiglianza, un Dio che risponde ai nostri bisogni e alle nostre attese. Il Crocifisso ci salva innanzitutto da una falsa immagine di Dio. Non il Dio che vuol essere servito e riverito, ma il Dio che serve e dona la vita. Non il Dio che spadroneggia, ma il Dio che ama senza misura. Non un Dio onnipotente nel castigo, ma un Dio onnipotente nell’amore, nella misericordia e nel perdono. Esaltare la Croce significa esaltare il volto nuovo e inedito con cui il Cristo rivela Dio e si presenta come la trascrizione storica della Sua bellezza e del Suo amore. La Croce è il miracolo definitivo di Cristo, è l’apertura eterna sul cuore di Dio, sulla verità di un amore che si dono senza misurare, senza pesare, senza aspettare di essere ricambiato. Penso a te, fratello che ti consideri un fallito perché tua moglie ti ha lasciato e ora ti trascini da un bar all’altro. Penso a te, sorella che anneghi nei sensi di colpa per una scelta sbagliata vecchia di vent’anni. Penso a voi, che vi sentite dei genitori falliti perché vostro figlia ha smesso di mangiare. Penso a te, fratello che ti senti una nullità perché non riesci a trovare un lavoro. Quelle braccia crocifisse e spalancate sono per voi. Sono l’abbraccio incandescente di un amore che è più forte di ogni fallimento e di ogni caduta. Sono la presa sicura di chi ti accoglie così come sei, ti risolleva dal fallimento e dalla caduta, ti fa sentire forte sulla pelle il gratis dell’amore. Quello vero. Quello che ti lascia senza fiato. Quello da contemplare in silenzio con una sola parola sulla labbra: grazie. Buona settimana |