Omelia (14-09-2008) |
padre Antonio Rungi |
Celebriamo oggi la festa dell’Esaltazione della Croce, con data fissa il 14 settembre. Ricorrendo di domenica, la festa prevale liturgicamente e viene quindi ricordata non solo nelle orazioni, ma anche nei testi biblici, che sono chiaramente tutti riferiti al mistero della passione, crocifissione e morte in Croce di nostro Signore Gesù Cristo. La prima lettura ci riporta al tempo dell’esodo, quando il popolo liberato dalla schiavitù dell’Egitto, sotto la guida di Mosé, fu condotto alla terra promessa. Il testo che ascoltiamo oggi è tratto dal libero dei Numeri, uno dei cinque del Pentateuco, cioè dei cinque primi libri della Bibbia che oltre ad avere un valore religioso, hanno anche un valore storico, in quanto ci riportano i dati essenziali del cammino del popolo di Israele verso la libertà. Nel brano di questa festa troviamo riportate le lamentele del popolo che mal sopportò il viaggio e si ribellò contro Dio e contro Mosè. Per richiamare il popolo all’obbedienza della fede, Dio stesso manda serpenti brucianti che causano la morte di diversi Israeliti. La lezione servì, tanto che il popolo tramite Mosè chiese perdono al Signore e chiese la liberazione da questa calamità. E’ Dio stesso che consiglia la strategia e il metodo più efficace per superare questa emergenza ambientale e sanitaria. E’ il serpente di rame, collocato su un’asta, che ha effetto liberante per coloro che lo guarderanno. Chiaro riferimento al potere liberante di Dio nel mistero della croce, come viene interpretato questo testo, alla luce anche di quanto si verifica nel momento della morte in Croce di Gesù Cristo. Proseguendo nella lettura dei testi assunti in questa liturgia della parola per far giustamente risaltare il mistero della Croce, risulta di grande efficacia, per entrare in modo responsabile in questo mistero, quello che scrive l’evangelista nel breve brano odierno nel quale ci presenta la figura di Nicodemo e la missione di Cristo in questo mondo. E’ Gesù stesso a spiegare i termini della questione e il motivo della sua venuta tra gli uomini. Nel brano è fatto esplicito riferimento al testo della prima lettura ed è Gesù stesso a spiegare il senso di quell’evento liberatorio per il popolo di Israele, in rapporto alla sua morte e risurrezione. "Come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo, perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna". L’esaltazione della Croce e del Crocifisso ha un significato salvifico, come Gesù precisa nel testo: "Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui". Capire questo significa entrare nel mistero della salvezza del genere umano. Gesù è venuto per salvare e non per condannare, per perdonare e per giudicare negativamente l’umanità. Egli ama e in quanto questo amore è totale e puro, oblativo non può che non desiderare il bene della persona amata. E’ una lezione di vita di straordinariamente importante per tutti gli uomini e soprattutto per i discepoli di Gesù. Magari scegliessimo anche noi la via del sacrificio, piuttosto quella della condanna e del giudizio facile, per salvare i nostri fratelli dalla condizione di peccato e di fragilità in cui si trovano! Giustamente, l’Apostolo Paolo nel brano della seconda lettura di oggi, tratto dalla Lettera ai Filippesi ci riporta ai piedi della Croce e soprattutto ai piedi del Crocifisso, di questo Figlio di Dio Amore che si offre in riscatto per tutti noi, per liberarci dalla condizione di quella schiavitù che tiene legato l’uomo al peccato e alla malvagità. Il modello della nostra vita cristiana e da cristiani è proprio il Crocifisso e la sapienza di quella Croce, impressa in modo indelebile nella vita di quanti vogliono fare seriamente e scelgono la via che conduce alla vera felicità. Ci vogliamo inginocchiare davanti all’Amore di Cristo che si manifesta nella sua pienezza proprio nella Croce, per chiedere misericordia per le nostre piccole o grandi infedeltà, per i nostri piccoli e gravi peccati, che non ci lasciano sereni di fronte al Croce, che non solo è Amore, ma è anche valutazione e giudizio della nostra vita e sulla nostra vita. Fissare più intensamente il nostro sguardo sul Crocifisso è comprendere di più la nostra pochezza e la nostra debolezza, non per abbandonare la strada di Dio, ma per recuperare fiducia in Lui e nella sua immensa misericordia. Siamo riconoscenti a Gesù Cristo per il grande amore che ha manifestato nei nostri confronti, morendo per noi, vittima innocente, agnello senza macchia, sulla croce per salvarci dalla dannazione eterna. Aggrappiamoci a questo segno identificativo di ogni vero discepolo di Gesù Cristo e facciamo sì che la Croce, più che portarla esteriormente, la viviamo interiormente, nel silenzio, nella sofferenza, nell’emarginazione, nel non essere considerati da un mondo e in un mondo ove ciò che conta non è tanto l’essere, ma l’avere e il possedere. Essere cristiani è identificarsi con la Croce e con il Crocifisso, per far sì che l’una e l’altro siano poi trasferibili nella vita quotidiana, nel portare con dignità la nostra croce e nell’essere vicino ai fratelli quando sono toccati da croci più pesanti ed insostenibili rispetto alle nostre. Sia questa la nostra preghiera, in un giorno come quello che viviamo in cui gloriarsi della Croce di Cristo è davvero un motivo di santo orgoglio per tutti noi: "Di null’altro mai ci glorieremo se non della Croce di Gesù Cristo, nostro Signore: egli è la nostra salvezza, vita e risurrezione; per mezzo di lui siamo stati salvati e liberati" (cf. Gal 6,14). |