Omelia (25-12-2002) |
padre Gian Franco Scarpitta |
Il nulla provvisorio e il Tutto definitivo Oggi ci troveremo tutti attorno ad una tavola imbandita. Tutti. Compresi i nostri parenti che hanno sovraffollato in questi giorni i treni, le navi, le linee aeree abbandonando lo scoramento delle pene lavorativo a cui sono costretti tutto l'anno, magari fuori dalla propria patria e lo sgomento di trovarsi lontano dai propri cari e dalla terra d'origine.Non importa se per caso è passato troppo tempo tanto da non riconoscerci fisicamente gli uni gli altri, ma quello che conta è che si realizzi la dovuta armonia familiare attorno ad un panettone o ad una bottiglia di spumante. E non importa se qualche malinteso ha infranto i nostri rapporti in qualunque dimensione familiare o lavorativa: adesso la pace e la mutua concordia si ripristinano in virtù di questa simbiotica unione che formiamo anche nella spensieratezza di una tombola o di una partita a carte. Ma stiamo davvero parlando del Natale? Si, stiamo trattando proprio di questo tema tralasciando per un istante le discettazioni esegetico - teologiche e le speculazioni astratte e speculative, mirando alla visione dei risultati che l'atmosfera e la gioia di questa festa stanno apportando: l'unità delle famiglie, il senso di benessere interiore che caratterizzerà la nostra giornata odierna e tutto il periodo delle feste, l'abbandono sia pure momentaneo delle nostre discordie e inimicizie, questo è quanto vuole apportare il mistero del Dio fattosi bambino. Il Verbo Incarnato che era "al principio" (Gen 1,1) prima che il mondo fosse e ora viene a visitare la nostra storia nelle vestigia di un bambino, non può che catturare la nostra attenzione e immergerci in un clima rinnovato di serenità e di pace interiore, tale e quale ai sentimenti dei pastori e dei Magi che accorrono alla grotta E perché poi lanciare anatemi contro tutto quello che, attraverso i colori degli addobbi e la luminosità delle vetrine, ha predisposto il nostro spirito affinché questo giorno potesse essere un incontro e non una data destinata a rimanere scritta indelebilmente sul calendario? Che si debba esorcizzare il morbo del consumismo dello sfarzo, e della dilapidazione del denaro, questo è certamente necessario e a dir poco determinate, tuttavia lungi da noi il pensare che un buon pranzo o un dolce possano infrangere la gioia della festa del Natale. Essi ravvivano la gioia medesima come il vino esalta il sapore dei cibi. "Nato da donna, nato sotto la Legge per riscattare quelli che erano sotto la Legge" afferma con veemenza San Paolo. Nato cioè sotto una condizione di annichilimento e di spoliazione, poiché questo Dio ha rinunciato alla propria autonomia e alle proprie prerogative di grandezza, pur mantenendole, e ha voluto essere uomo. Ma quando si dice "uomo" si vuole affermare per il nostro Dio non un'umanità "altolocata" dalle molteplici sicurezze economiche e sociali, non una preponderanza sugli altri uomini e sulle cose, né una propria autoaffermazione, ma un'umanità "propriamente detta", intrisa delle più deprimenti spietatezze quali la consumazione fisica e il sudore del lavoro, la sottomissione a leggi a volte ingiuste e opprimenti; e ancora le debolezze, le limitatezze, le paure, e i patimenti. Insomma Dio si è fatto uomo procurando di sperimentare sulla propria pelle l'intero consorzio mondano di cui ogni essere umano è sempre stato schiavo e da cui ha sempre subito umiliazioni e oppressioni, in altre parole scegliendo l'umanità più crudele, frustrante e sottomessa. Non per niente ancora San Paolo affermerà "Spogliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte e alla morte d croce" .Tuttavia il motivo della nostra gioia è proprio questo: il fatto che Dio sin dall'infanzia abbia preferito condividere le nostre miserie e precarietà, rendendosi il "Dio con noi", venendo ad abitare in mezzo a noi. Nell'accezione greca "Abitare" di cui parla Giovanni vuol dire appunto "porre la propria tenda", cioè vivere in mezzo all'umanità stanca, stremata e peccatrice. Nell'Antico Testamento presso l'accampamento del popolo di Israele nel deserto si poteva incontrare Dio nella Tenda dell'incontro; ma adesso è proprio lui che pone la "sua" tenda, vale a dire la sua dimora, collocandosi nella storia e nel bel mezzo delle nostre avventure. Ed è in questo "venirci incontro" che il Verbo Incarnato esterna tutta la Sua onnipotenza superando i limiti dell'umana comprensione. Dice un bel salmo: "Che cos'è l'uomo perché te ne ricordi?" Che cos'è l'uomo dinanzi a Dio? Un nulla provvisorio. Eppure Dio in Cristo Bambino è il tutto definitivo. |