Omelia (20-04-2003) |
mons. Antonio Riboldi |
L'Alleluja della vita Vorrei esprimere il mio augurio, con il dialogo che la Chiesa ha con Maria celebrando la gioia pasquale: "Raccontaci, Maria, che hai visto sulla via?" "La tomba del Cristo vivente, la gloria del Cristo risorto e gli angeli suoi testimoni, il sudario e le sue vesti". "Cristo, mia speranza, è risorto e vi precede in Galilea". Sì, ne siamo certi, Cristo è davvero risorto. Tu, Re vittorioso portaci la tua salvezza (dalla sequenza di Pasqua). Abbiamo vissuto una Quaresima, e la stiamo ancora in parte vivendo, che aveva tutto l'aspetto del venerdì santo. Le guerre, che sembrano diventate la cronaca nera che offusca il cammino del mondo, avevano riempito di angoscia le nostre anime e si e a lungo parlato di "un silenzio di Dio"...Come se l'uomo con la violenza avesse avuto la meglio sull'amore. Ci riusciva e ci riesce difficile a volte credere che la violenza, l'odio, le infinite sofferenze dell'uomo su tutta la terra, possono fare spazio a quel desiderio di pace che è il necessario respiro dell'anima. Non si può vivere senza speranza e senza amore. Ed era come se ancora una volta gli uomini avessero crocifisso Chi è la speranza, Dio. Abbiamo avuto paura che tutto potesse finire sotto le macerie della superbia dell'uomo che, chiuso nell'egoismo dei propri interessi, delle proprie ambizioni, di una sfrenata voglia di potere, avesse messo in croce l'uomo, questa meravigliosa creatura del Padre. Una mancanza diffusa di fede in Dio e nel suo amore, "Che tanto ama ciascuno di noi da mandare Suo Figlio" perché ci schiodi dalla nostra sofferenza, ci fa a volte pensare che siamo come usciti dal cuore di Dio e sulle labbra di tanti torna il grido di Gesù sulla croce: "Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?" Possiamo facilmente immaginare la grande paura degli Apostoli e dei suoi discepoli che avevano posto in Gesù tutta la loro fiducia e speranza fino a lasciare tutto per fare di Lui il tutto della propria vita. Ma quel Cristo in croce sembrava avere ceduto il passo alla delusione. Ma c'era chi questa fiducia non l'aveva affatto persa. E' vero che Maria aveva assistito alla crocifissione, senza paura di farsi trafiggere "dentro" dagli stessi chiodi del Maestro: l'amore non conosce limiti nel soffrire con chi si ama. E sa che proprio l'amore non conosce la morte: va oltre sconfinando nella eternità. Per Maria, Sua Mamma, per l'altra Maria, che amava Gesù più della stessa vita, Gesù in un certo senso, anche se aveva aiutato a seppellirlo, in lei non moriva. Chissà quante volte avrà sentito da Gesù stesso "il terzo giorno risorgerò". Deve essere stata una vigilia dolorosa, ma piena di speranza il sabato santo, con il pensiero fisso a quella tomba che non poteva neppure visitare perché era sabato e la legge proibiva muoversi. Ma appena cessato il sabato, come fossero cadute tutte le paure e fosse esplosa la certezza di incontrare Gesù, Maria corre al sepolcro, ma con sorpresa lo trova vuoto. Racconta Giovanni: due angeli che stavano seduti ai lati del sepolcro vedendo Maria piangere le dissero: "Donna perché piangi?" Maria rispose: "Hanno portato via il mio Signore e non so dove l'hanno messo". Mentre parlava si voltò e vide Gesù in piedi, ma non sapeva che fosse Lui. Gesù le disse: "Perché piangi? Chi cerchi?". Maria pensò che era il giardiniere e gli disse: "Signore, se l'hai portato via, dimmi dove l'hai messo e io andrò a prenderlo". Gesù le disse: "Maria!" Lei subito si voltò e gli disse: "Maestro!" Gesù le disse: "Lasciami, perché io non sono ancora tornato dal Padre, tu và e dì ai miei fratelli che io torno dal Padre mio e vostro, al Dio mio e vostro. Allora Maria di Magdala andò dai discepoli e disse: "Ho visto il Signore". (Gv. 20,11-18). E' un racconto della resurrezione, o Pasqua del Signore, che svela l'intensità dell'amore di Dio e lo stupore della donna che all'amore aveva sempre creduto. Un amore che non aveva mai concesso neppure un briciolo alla disperazione, ma aveva una fede fondata su una grande roccia. E possiamo facilmente immaginare la gioia di Maria che il Vangelo lascia intuire a tutti noi. Questa è la Pasqua che si ripete per tutti, sempre che tutti, in qualsiasi situazione ci troviamo, abbiamo la fede e l'amore di Maria. La disperazione, tanto diffusa nelle circostanze difficili, a volte davvero come una croce che non si riesce a capire e portare, chiude le porte della speranza e i nostri venerdì santi rischiano di seppellirci per sempre. Chissà quanti di voi, che mi leggete, sentite il bisogno della speranza: quella che Maria sentiva profondamente e che Gesù rese realtà nella sua Pasqua. Vorrei augurare e pregare per ciascuno di voi il desiderio almeno di vivere la Pasqua di Resurrezione come il grande giorno del Signore: un giorno che sa mettere luce dove c'è tenebra; sa ribaltare le tante pietre che ci tengono come morti ad ogni gioia. Una volta i primi cristiani, questi nostri meravigliosi fratelli che sentivano l'entusiasmo trasmesso dagli apostoli nel racconto della Pasqua, salutandosi, come a trasmettere speranza, dicevano: "Alleluja, Cristo è risorto!". Un Alleluja che deve tornare ancora sulle nostre labbra e più ancora nel nostro cuore, capace di spaccare la coltre di nuvole nere che si sono posate a volte sulle nostre anime e nei nostri cuori. Un Alleluja che rivolgo a chi di voi è nella sofferenza o nelle difficoltà che sembrano insormontabili, senza speranza. Un Alleluja che vorrei oggi fosse come quell'arcobaleno della pace che avvolga l'umanità come in un abbraccio, l'abbraccio del Signore risorto. Scrivevo un giorno ai miei fratelli questi auguri che rivolgo ora a voi: "Era un albero che esplodeva di vita e di bellezza, come sono tutte le creature che escono dal Cuore di Dio. Quell'albero divenne, per mani insensate di uomini a volte capaci solo di spegnere vita e bellezza, due rudi travi destinate a formare una croce che è segno di morte. E su quella croce gli uomini ci inchiodarono la Vita e la gioia, Gesù, Figlio di Dio, con la stupida certezza di averle uccise per sempre. Ma la domenica di Resurrezione, all'alba, appena il tempo di prendere fiato, questi due tronchi ridivennero Albero su cui rifiorirono, e per sempre, vita e bellezza, quella di Cristo Risorto". E sono fiori, questi, che non appassiranno mai, come se l'umanità fosse stata chiamata ad eterna primavera, la primavera della vita in Cristo e con Cristo. Ci sono ancora uomini, tanti, troppi forse, che continuano a recidere alberi di vita e costruiscono croci per inchiodarci vita, bellezza, felicità, dignità di tanti, di troppi. Non sanno forse che da quella domenica di Pasqua di Resurrezione, gli alberi su cui vengono crocifissi gli uomini, per l'infinita misericordia del Padre, possono tornare a fiorire. Pasqua è giorno di gioia, giorno di vita nuova, giorno di preghiera, giorno di auguri, ma soprattutto giorno del Signore, senza più notte. Ma è necessario che l'uomo, la famiglia la società, conosca la fede e soprattutto l'amore di Maria che fa da guida a trovare il Cristo Risorto. Pasqua chiede con insistenza che tutti noi si divenga "un giardino immenso di alberi fioriti". Ci sentiamo forse poveri perché la superbia, l'ignoranza, il peccato, le sofferenze ci hanno inchiodato, ma che la misericordia del Padre e l'amore dei fratelli ci schiodino, fino a farci tornare a rifiorire. Buona Pasqua. Cristo è risorto, Alleluja! |