Omelia (02-11-2014)
mons. Roberto Brunelli
E' un'espressione del nostro perdurante amore

"Commemorazione di tutti i fedeli defunti": questo il titolo della celebrazione del 2 novembre che quest'anno, cadendo di domenica, invita con particolare evidenza a pregare per chi ha lasciato questo mondo. In proposito, non sarà superfluo chiarire qualche dubbio e precisare quali sono i defunti per i quali si prega. Non sono i santi, quelli ufficialmente riconosciuti tali dalla Chiesa e i tanti di più, a noi sconosciuti ma anch'essi definitivamente viventi nell'amore e nella gloria di Dio: tutti questi sono stati celebrati ieri, e non hanno bisogno delle nostre preghiere ma anzi sono loro a pregare per noi. Non sono neppure quelli che fossero finiti all'inferno (ammesso che qualcuno si trovi in questa definitiva separazione da Dio: la Chiesa non l'ha mai proclamato per nessuno); nel caso, le preghiere non cambierebbero la loro condizione.
Coloro per i quali oggi siamo invitati a pregare sono quanti hanno lasciato questo mondo da amici di Dio, ma non robusti (nella fede, nella speranza e nella carità) tanto da accogliere in pienezza l'amore di Dio che si dona a loro per sempre. Per dirlo con un termine familiare, oggi si prega per le anime del purgatorio, che di certo andranno anch'esse in paradiso ma per il momento sono "in cura ricostituente" prima di essere in grado di accedere all'Amore infinito. Non sappiamo quanti e chi siano; forse tra loro stanno nostri parenti e amici; la liturgia invita ad aiutarli, pregando per loro. In realtà non si prega per i defunti "bisognosi" soltanto il 2 novembre: la liturgia della Messa, di ogni Messa di ogni giorno, comprende una preghiera per tutti loro. Molti credenti, poi, hanno la lodevole abitudine di pregare anche in privato per i loro cari.
Ricordare quanti hanno lasciato questo mondo, offrire loro con la preghiera un'espressione del nostro perdurante amore, si basa su uno degli aspetti più confortanti della fede: l'assicurazione che la vita non è chiusa negli angusti limiti della nostra esperienza sensibile; la bontà di Dio offre all'uomo una vita senza fine. Per questo la morte non è il naufragio della vita: è invece la porta - stretta e penosa quanto si vuole, ma pur sempre solo un passaggio - verso la vita definitiva. Cristo, con il suo sacrificio redentore, offre a chi l'accoglie la garanzia che quella vita definitiva sarà felice, perché sarà vissuta con lui. L'ha detto più volte; lo ricorda anche il vangelo (Giovanni 6,37-40) della prima delle tre Messe che ogni sacerdote oggi può celebrare: "Sono disceso dal cielo non per fare la mia volontà, ma la volontà di colui che mi ha mandato. Questa è la volontà del Padre mio: che chiunque vede il Figlio e crede in lui abbia la vita eterna; e io lo risusciterò nell'ultimo giorno".
I passi evangelici proclamati nelle altre due Messe danno indicazioni su come vive la vita presente chi crede nel Figlio di Dio, e così si assicura la vita con lui. Nella seconda (Matteo 25,31-46) si legge l'invito a praticare concretamente la carità, per amor suo: "Venite, benedetti dal Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi sin dalla fondazione del mondo. Perché io ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere; ero forestiero e mi avete ospitato; nudo e mi avete vestito; malato e mi avete visitato; carcerato e siete venuti a trovarmi". Nella terza Messa si legge il passo delle beatitudini (Matteo 5,1-12): saranno beati, cioè felici per sempre, i poveri in spirito, gli afflitti, i non violenti, quelli che hanno fame e sete della giustizia, i misericordiosi, i puri di cuore, gli operatori di pace, i perseguitati... In altre occasioni ci sarà modo di precisare il significato di questi termini; oggi conviene sottolineare la conclusione del discorso. A chi cerca di mettere in atto le sue indicazioni, Gesù assicura il futuro: "Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli".