Omelia (02-11-2008)
padre Antonio Rungi
Risorgeremo in Cristo a vita nuova

La XXXI Domenica del Tempo Ordinario coincide con l’annuale Commemorazione dei fedeli defunti, con data fissa al 2 novembre. La liturgia odierna prevede la celebrazione di tre sante messe, con orazioni e testi biblici diversi. Il commento è sulla parola di Dio della prima messa, dalla quale traiamo le nostre considerazioni.
La Domenica è giorno del Signore, è la Pasqua settimanale. In questo giorno ricordiamo la risurrezione di Cristo, preludio e caparra della nostra definitiva risurrezione, come recita il Credo, quando Dio verrà a giudicare i vivi e i morti ed il suo Regno non avrà fine; quando la risurrezione della carne sarà non più una verità creduta, ma una realtà vissuta da coloro che fanno già parte dell’eternità con la loro anima. La fede nella risurrezione dei corpi, da sempre, nella fede cristiana ha sollecitato ed indirizzato un autentico culto dei morti che nei secoli poi si è manifestato e organizzato in tanti modi. I nostri cimiteri, una volta chiamati camposanti, ovvero i campi delle anime sante ed elette da Dio, sono i luoghi ove conserviamo i resti mortali dei nostri cari in attesa della definitiva risurrezione; ma sono anche il punto di riferimento, il richiamo costante alla realtà della nostra vita che ha nella morte il suo penultimo appuntamento, perché è il passaggio obbligatorio, da cui nessuno è esente, verso l’eternità. Per coloro che sono considerati già santi in vita e muoiono in concetto di santità, la morte è, infatti, chiamata "transito", ovvero passaggio, non estinzione, né distruzione, ma vita e speranza in un futuro migliore. L’antifona della prima messa di oggi ci ricorda che Gesù è morto ed è risorto; così anche quelli che sono morti in Gesù Dio li radunerà insieme con lui. E come tutti muoiono in Adamo, così tutti in Cristo riavranno la vita (1Ts 4,14; 1Cor 15,22).
Il ricordo annuale dei nostri cari ci porta a pensare meglio in prospettiva di eternità e di risurrezione, non solo di quella che verrà alla fine dei tempi, ma anche a quella risurrezione spirituale continua alla quale siamo chiamati ogni giorno dalla parola di Dio che ci invita a vivere secondo gli insegnamenti di Cristo e della Chiesa.
San Paolo apostolo, nel brano della sua lettera ai Romani che ascoltiamo quest’oggi, ci ricorda che nel mistero del Cristo morto e risorto noi siamo stati salvati. La nostra speranza di una salvezza che dura per sempre è fondata su Cristo morto, ma soprattutto risorto, colui che ha vinto la morte e che ci pone nella condizione di vincere anche noi una morte più grande della stessa morte corporale, quella dell’anima. Dalla fede nella morte e risurrezione di Cristo bisogna partire per il nostro viaggio verso i cimiteri e i camposanti in questi giorni speciali di culto verso i morti; bisogna partire con la speranza nel cuore e quando sarà il tempo di partire per l’ultimo viaggio ci sia dentro di noi questa speranza e certezza.
Facciamo nostre le parole del buono, paziente e santo Giobbe che così si rivolge a Dio e così esprime la sua fede in Lui nei momenti più duri della sua vita: "Io so che il mio redentore è vivo e che, ultimo, si ergerà sulla polvere! Dopo che questa mia pelle sarà strappata via, senza la mia carne, vedrò Dio. Io lo vedrò, io stesso, i miei occhi lo contempleranno e non un altro".
Vedremo Dio faccia a faccia, così come è Lui nella sua Maestà, ma soprattutto nel suo Amore e nella sua Misericordia. Non dobbiamo aver paura di Dio, Egli vuole che tutti i suoi figli si salvino. Ecco perché ha mandato a noi come salvatore e redentore il suo Unigenito Figlio Gesù Cristo, che è vincitore del peccato e della morte. Ce lo ricorda chiaramente il testo del Vangelo odierno tratto da San Giovanni Apostolo ed evangelista. Gesù ci è venuto a portare la vita eterna, la gioia di una vita con lui per sempre. Rifiutare questa prospettiva della fede significa fare esperienza di una morte più triste della stessa morte corporale, perché è rifiutare un Dio che è amore e un Dio che ti ama e ha dato tutto se stesso per te.
Perciò, possiamo pregare con il salmo 26 e pronunciare dal profondo del nostro cuore parole di speranza e di pace per noi e per gli altri. Ricordando devotamente in questo giorno santo i nostri cari nei modi che più riteniamo opportuni con la preghiera, la visita al cimitero, con le opere di bene, partecipando alla mensa della parola e dell’eucaristia, ognuno esamini attentamente se stesso per leggere nel suo intimo quale atteggiamento abbia assunto rispetto al mistero della morte e soprattutto al mistero della vita eterna.
Preghiamo allora con tutta la chiesa ed eleviamo al Signore le nostre umili invocazioni: "Ascolta, o Dio, la preghiera che la comunità dei credenti innalza a te nella fede del Signore risorto, e conferma in noi la beata speranza che insieme ai nostri fratelli defunti risorgeremo in Cristo a vita nuova". Amen.