Omelia (01-11-2008)
don Giovanni Berti
Il Vangelo è possibile!

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Quando entro in certe chiese, specialmente se sono vecchie, rimango sempre colpito dal gran numero di raffigurazioni di santi posti su altari o nicchie, dipinti su tela o scolpiti nella pietra o nel legno. Di tanti Santi posso riconoscere l’identità dal nome posto sotto oppure da qualche caratteristica della raffigurazione che ben li identifica. Altri santi invece non li riconosco perché non hanno nessuna indicazione del nome oppure da come sono rappresentati non riesco a risalire all’identità. Poi è curioso vedere come in certe chiese la devozione per un santo è più forte che per un altro, e c’è una sorta di "hit-parade" di santi che fa si che qualche santo ha sotto più candele accese e persone che vi si inginocchiano mentre un altro è relegato in alto o nell’ombra e nessuno manco più si ricorda chi è e perché è stato proclamato santo.
Tante volte mi chiedo a che cosa serve accendere una candela e pregare un santo quando Gesù ci ha rivelato che Dio è Padre ed è vicino a chiunque lo invoca. Non dovrebbe Dio ascoltare direttamente la nostra preghiera? Dover "passare" attraverso un santo per accedere a Dio sembra davvero il veder riproporre in cielo quelle forme pesantissime di gerarchie e barriere che sono tipiche di monarchie e poteri assoluti umani, e tutto questo rende Dio per me davvero "antipatico".
Niente paura, non sono qui a proporre una nuova campagna di abolizione di Santi e dei loro simboli (che in passato ogni tanto c’è stata, purtroppo), ma sono qui a domandarmi il senso di questa devozione per i santi che è tipica della nostra tradizione religiosa e che ha prodotto tra l’altro opere d’arte di incalcolabile valore artistico e culturale.
Forse già in quest’ultima cosa si potrebbe trovare un senso nella devozione per i santi: sono stati il veicolo per architetti, scrittori e artisti di ogni genere per poter dare corpo all’ingegno umano nel pensare e nel creare cose belle ed elevate.
Ma non basterebbe questa motivazione per continuare la devozione per i santi a livello personale e a livello di Chiesa. Il rischio infatti è quello di metter in secondo piano Dio, che avendo una schiera molto folta di santi davanti che intercedono e che esaudiscono le preghiere, diventa ancor più lontano e sconosciuto. Ma questo è l’esatto opposto di quello che Gesù è venuto a rivelare: Gesù infatti è il Dio fatto carne che scende dal "piedistallo" del cielo per farsi vicinissimo a ogni uomo, senza più intermediari e intercessori.
I santi allora che ci stanno a fare nella nostra vita di fede?
Penso che ancor prima di essere coloro che ascoltano le nostre preghiere e le portano a Dio e ancor prima di essere coloro che esaudiscono quello che chiediamo, i santi sono un aiuto a credere alla concretezza del Vangelo. Questo è il senso della loro santità e del fatto che li conosciamo e veneriamo.

In molti modi diversi i santi ci dicono che quello che Gesù ha detto e fatto non è impossibile.
Ci sono pagine, come questa delle beatitudini, che se ci pensiamo bene sono molto sconcertanti. Come si fa a dire "beati i poveri" con la crisi economica che strozza le famiglie più povere (mentre i grandi industriali e politici che schiamazzano sono in realtà i più tranquilli)? Come si fa a dire "beati gli operatori di pace" in un contesto sociale e mondiale che va in direzione opposta alla pace? Come si può dire "beati i misericordiosi" quando la bontà e il perdono rendono perdenti, mentre vince solo chi è furbo e chi sa ingannare il prossimo?...
E la lista di pagine "impossibili" del Vangelo è interminabile e potremmo elencarle all’infinito.
Ecco, i santi ci dicono che tutto quello che è narrato nel Vangelo in realtà è possibile viverlo, e chi dice che in fondo è solo una favoletta per piccoli si sbaglia perché il Vangelo è un potente mezzo di rivoluzione per la nostra vita e l’intero genere umano.
I santi allora non sono da porre su un piedistallo alto e inarrivabile. Così infatti sotto sotto ammettiamo che "solo loro" hanno potuto fare quel che han fatto, mentre noi quaggiù nella vita concreta non siamo capaci.
I santi sono da porre al nostro livello e da loro riceviamo la "buona notizia" che il Vangelo è vivibile e più concreto di quel che pensiamo.
I santi, anche se sono vissuti in tempi e luoghi lontani, rimangono come noi esseri umanissimi. Sarebbe bello quindi non avvicinare un santo ad un altare solo per chiedere una grazia, quasi fosse un semplice impiegato di qualche ufficio pubblico. Rischiamo così di avvicinare il santo o la santa solo perché sembrano essere i più svelti e competenti, ma poco importa chi sono e che cosa hanno fatto. Il miglior modo di avvicinare un santo è quindi conoscerne la storia e vedere se il suo modo personalissimo di vivere il Vangelo stimola ed entusiasma anche la nostra vita. Solo così allora il santo diventerà davvero una via che ci porta a Dio e che ci fa sentire Dio vicino.


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