Omelia (01-11-2008) |
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Amici di Dio e amici degli uomini "Quelli che sono vestiti di bianco, chi sono e donde vengono?" (Ap 7,13). È necessario rispondere a questa domanda, se vogliamo che la festa di tutti i santi non sia un sogno sganciato dalla realtà della nostra esistenza, ma la celebrazione di ciò verso cui noi stessi ci stiamo incamminando. Perché quella di oggi è anche la festa del santo in potenza che ciascuno porta dentro di sé. In effetti, ci sono molti errori di prospettiva da correggere a proposito dei santi. Il primo è quello di immaginarli soltanto nella loro condizione finale, con un'aureola sopra la testa, collocati su un altare o nella gloria della loro canonizzazione. In realtà, i santi sono in mezzo a noi, anche se "ciò che saremo non è stato ancora rivelato" (1 Gv 3,2). Essi appartengono in primo luogo alla terra, a quel popolo in cammino che viene dalla grande prova della vita e sale, in corteo ininterrotto, verso la città definitiva. Spesso rischiamo anche di considerare i santi come dei superuomini, che si elevano al di sopra dei comuni mortali con i loro miracoli e con un'eccezionale forza d'animo. Anche qui, se si guarda con maggior attenzione, ci si accorge che neppure in loro i difetti del carattere sono sempre vinti ed aboliti: anch'essi sono soggetti alle passioni umane, ma le mettono al servizio della santità. Perché la stessa santità non è che una passione convertita; adeguandosi alla nostra vocazione divina, essa diventa capace di operare in noi profonde trasformazioni, frutto della grazia e della libertà. S. Bernardo descriveva la chiesa, fra le due venute del Signore, come "ante et retro oculata". Con essa anche noi dobbiamo saper guardare indietro, verso l'ideale delle beatitudini, e nello stesso tempo rivolgere lo sguardo avanti, verso la folla dell'Apocalisse, a cui ci uniamo quando, con un gesto di uomini liberi, ci inginocchiamo davanti a quel Dio che vuole essere tutto in tutti. |