Omelia (09-11-2008) |
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Questa domenica coincide con la solennità della dedicazione della Basilica Papale di San Giovanni in Laterano, luogo che custodisce la Cattedra del Papa e che dalla fede della Chiesa è stata riconosciuta e chiamata "madre di tutte le Chiese del mondo". Ecco perché ne facciamo il ricordo tutti, oggi, e non solo a Roma. In qualche modo, allora, oggi è posto alla nostra attenzione il mistero della maternità della Chiesa. Proprio al Laterano, nel Battistero che è secondo la nostra tradizione la più antica chiesa occidentale del Battesimo, esiste un’iscrizione risalente al V secolo d.C., incisa nel marmo, che dice così: "La Chiesa genera in modo verginale da queste acque figli, dopo averli concepiti come embrione tramite il soffio divino". La fede della Chiesa riconosceva, così, un legame molto stretto tra il seno della Chiesa e il seno della Vergine Maria. Come questa aveva generato, per il soffio dello Spirito, il Figlio di Dio fatto uomo, così nel Battesimo la Chiesa genera dalle acque i figli di Dio, per la potenza dello stesso Spirito. Quello che fa la Chiesa quando genera i suoi figli è, per così dire, il prolungamento, lo sviluppo, il frutto di ciò che è avvenuto nel grembo di Maria quando è stato concepito Gesù. Davvero, in questo senso, Gesù Cristo è il fondamento di tutto ciò che avviene nella Chiesa (II lettura). L’edificio ecclesiale, tutto ciò che avviene in esso, tutti noi, abbiamo come unico fondamento il mistero di Gesù, il Figlio di Dio che in Maria si è fatto uomo. La Chiesa può essere madre perché riceve la forza in ciò che è accaduto nel grembo di Maria. In un’omelia sul Natale, il papa Leone Magno scrive di questo stretto legame tra il battesimo e il mistero dell’Incarnazione realizzatosi nella madre di Gesù: "Il medesimo tipo di creazione che prese nel grembo della Vergine, lo ha posto nella fonte battesimale. Diede all’acqua ciò che conferì alla Madre. Perché la potenza dell’Altissimo e la fecondazione dello Spirito Santo che fecero sì che Maria generasse il Salvatore, fanno anche sì che l’onda della rinascita crei il credente". Ecco dunque il mistero della maternità della Chiesa: Dio diede all’acqua battesimale ciò che diede alla madre. Questa domenica ci aiuti a contemplare il mistero del nostro battesimo, perché noi siamo figli di quell’acqua, siamo stati generati dalla Chiesa, che è la nostra madre. E perché non rimanga solo un’affermazione bella ma astratta, oggi ricordiamo i volti e i nomi di tutti coloro che, nella comunità, si sono presi cura di noi, hanno fatto crescere il germe seminato della Spirito quando siamo stati battezzati, ci hanno aiutato a cogliere la bellezza di Cristo e del suo vangelo mentre crescevamo. I nostri genitori, forse i nonni, i catechisti, i testimoni nella cui vita e nelle cui parole abbiamo intravisto la fede cristiana prima ancora che noi potessimo aderirvi con una scelta libera e personale. Noi siamo figli, come credenti, di tutte queste persone. La nostra fede, pur personalissima, è figlia della comunità. Come la nostra storia di vita è certamente figlia di tante altre storie, delle storie di tutti coloro che abbiamo incontrato e ci hanno aiutato a vivere, così è per la nostra fede: siamo figli dei credenti che ci hanno educato, di quelli che abbiamo visto accanto a noi. La maternità della Chiesa, oltre che nel sacramento, è vissuta quotidianamente nella trama dei rapporti interpersonali, quelli grazie ai quali ci sosteniamo a vicenda, ci aiutiamo a credere, ci diciamo la Parola di Dio, parola di consolazione, di correzione, di incoraggiamento, attraverso le parole umane che ci scambiamo. Sì, nella Chiesa vive un mistero di maternità, e di questo mistero noi siamo tutti figli. Ma le letture della Scrittura di oggi ci ricordano l’aspetto fondamentale di questo tema della maternità della Chiesa: essa lo può essere non per forza propria, ma perché è abitata dalla forza vitale di Dio. Gli antichi testi che abbiamo ricordato prima, del resto, lo ribadivano: la Chiesa è madre perché in lei agisce lo stesso Spirito che fecondò il grembo di Maria. E’ lo Spirito di Dio, dunque, a rendere la Chiesa madre. Nella visione del profeta Ezechiele che abbiamo ascoltato (I lettura) si parla di un’acqua capace di guarire l’aridità del deserto di Arabia, di rendere anche le acque più sterili fiumi rigogliosi e pieni di pesci. Così è lo Spirito di Dio: sa rendere anche le nostre comunità, segnate dalla povertà di noi che le componiamo, luogo di vita, sa fare delle nostre parole, spesso logore e formali, o sterili ripetizioni di formule che non riusciamo mai a vivere pienamente, un luogo in cui passa comunque la vita. Siamo noi, il deserto, a diventare madre. E questo miracolo lo compie lo Spirito Santo. Ma sia Gesù nel vangelo (III lettura) che Paolo nella sua prima lettera ai Corinzi (II lettura) dicono parole che hanno il sapore del rimprovero. Anzi, le parole di Gesù si accompagnano anche ad un gesto molto forte, che esprime anche fisicamente il vigore di quel rimprovero. Il Signore non si rassegna a vedere il dono fatto da Dio all’uomo che diventa occasione di guadagno e di sfruttamento. E così Paolo, avverte i suoi fratelli e le sue sorelle di stare bene attento a come edificano: "ognuno stia attento a come costruisce!". Queste due pagine bibliche oggi ci devono ricordare che, come sempre, il dono grande che Dio ci fa è affidato alla nostra cura, dipende nella sua crescita da noi e dalla nostra libertà. Dio abita in noi, il suo Spirito è diventato per amore suo il nostro spirito, tanto che, dal giorno del nostro battesimo, siamo noi la dimora di Dio. Ma tutto questo esige attenzione e responsabilità, perché il dono può essere sciupato da chi lo ha ricevuto. E la Scrittura oggi ci fa intravedere almeno alcune indicazioni di come si può rovinare questo grande dono. Gesù ci mette in guardia dalla tentazione del denaro, della fede e della Chiesa diventate solo un modo per far soldi. Se il dono ricevuto è totalmente gratuito, potremo noi farlo diventare occasione di guadagno? Potrà la Chiesa generare figli alla gratuità della fede, in un mondo fatto di tariffe, offerte stabilite, certificati da pagare come se fossimo in un ufficio pubblico? Certo, senza ingenuità sappiamo tutti che in ogni comunità cristiana ci sono spazi, organizzazioni, istituzioni che chiedono energie e costi, ma possiamo rinunciare a dare una testimonianza di gratuità e di libertà, senza tradire Gesù? E un’altra indicazione ci danno le letture oggi: Paolo ci dice che non possiamo avere altra pietra di fondazione che non sia il Signore Gesù. Che tradotto in altri termini vuol dire: non possiamo avere altro paragone, in tutto ciò che facciamo, che ciò che faceva lui. Non possiamo avere altra ispirazione, nell’organizzazione della nostra vita personale e comunitaria, che quanto ci ha insegnato e testimoniato lui. Che non possiamo riportare ogni discorso, tra le tante cose che diciamo nelle nostre attività pastorali, se non a lui. Ecco, la Chiesa sarà ciò che è, sarà madre davvero accogliendo il dono dello Spirito Santo che le dona questa fecondità, se saprà accogliere questa grazia. E l’accoglienza, oggi ci è detto, si manifesta attraverso una scelta di povertà che rinuncia ad approfittare della possibilità di guadagno che sempre il mondo religioso porta con sé, e attraverso una più forte scelta di rimanere ancorata al centro della sua vita, che è Gesù Cristo. Commento a cura di don Gianni Caliandro |