Omelia (09-11-2008) |
mons. Roberto Brunelli |
Le chiese e la Chiesa Come già la scorsa domenica, anche questa vede interrotto il normale ciclo delle celebrazioni: ricorre infatti una festa legata a un giorno fisso, e pertanto di solito sfuggente nei giorni feriali. Ogni Diocesi celebra nel giorno proprio l’anniversario della dedicazione (cioè la consacrazione) della propria cattedrale, la chiesa centrale dove si trova la cattedra, segno della missione del vescovo e quindi segno dell’unità dei fedeli raccolti intorno a lui. Oggi tutte le Diocesi celebrano la dedicazione della cattedrale di Roma, per esprimere l’unità dell’intera Chiesa intorno al vescovo di quella città, colui che nella Chiesa detiene il primato perché è il successore di Pietro, il vicario di Cristo. La cattedrale di Roma non è, diversamente da quel che molti pensano, la basilica di San Pietro, ma la basilica del Laterano, dedicata al divino Salvatore e in seguito anche ai due santi di nome Giovanni, il Battista e l’Evangelista (di qui l’abituale denominazione di San Giovanni in Laterano). Ma la celebrazione di oggi non è soltanto un’espressione dell’unità della Chiesa; essa dà modo di ricordare anche qual è il significato delle cattedrali e di tutte le altre chiese. Di solito si considera una chiesa come la "casa di Dio"; ma come si può pensare di chiudere tra quattro muri, per quanto ampi e ornati, Colui che – come riconobbe Salomone dopo aver costruito il maestoso tempio di Gerusalemme – neppure i cieli possono contenere? Il nome "chiesa" significa assemblea, comunità; quindi propriamente designa l’insieme dei cristiani, o un loro gruppo, riunito a celebrare i divini misteri. Di solito ciò avviene in appositi edifici, ai quali è stato dato lo stesso nome del gruppo che vi si raduna. Dunque la chiesa-edificio è soltanto un segno della Chiesa-comunità; è questa che conta, e sussiste anche quando celebra la Messa in mezzo a un prato. La chiesa di pietra è la casa degli uomini che vi si raccolgono, e solo indirettamente è la casa di Dio, nel senso che Dio vi si fa presente in modo speciale; dagli uomini costruita apposta per ritrovarvisi a pregare, di norma in quella casa lo incontrano: lì ascoltano la sua Parola, lì ricevono la sua Grazia. La destinazione del luogo esige lo si rispetti: il vangelo di oggi presenta un Gesù insolitamente "arrabbiato", che circa il tempio dimostra di non tollerare abusi. "Trovò nel tempio gente che vendeva buoi, pecore e colombe e, là seduti, i cambiamonete. Allora fece una frusta di cordicelle e scacciò tutti fuori..." Poi, a chi contestava il suo operato, disse: "Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere". Egli parlava, spiega il vangelo, del tempio del suo corpo; quando fu risuscitato dai morti, i suoi discepoli si ricordarono che aveva detto questo, e credettero. Dunque il vero tempio, "luogo" della divina Presenza, è il Risorto, senza dimenticare che prima di tornare al Padre egli ha assicurato ai suoi discepoli: "Io sono con voi tutti i giorni, sino alla fine dei secoli", e in precedenza aveva detto: "Là dove due o tre sono riuniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro". Di più: la divina Presenza concerne la comunità e insieme i suoi singoli componenti, come spiega la seconda lettura di oggi (Prima lettera di Paolo ai Corinzi 3,9-17): "Fratelli, voi siete edificio di Dio... Il fondamento che già vi si trova è Gesù Cristo. Non sapete che siete tempio di Dio e che lo Spirito di Dio abita in voi?... Santo è il tempio di Dio, che siete voi". In rapporto alla celebrazione di oggi, questi richiami valgono a darle il vero significato: tutti i cristiani, spiritualmente uniti ciascuno al proprio vescovo e con lui al Vicario di Cristo, compongono il vero tempio, la Chiesa, corpo mistico del Cristo che l’ha voluta. |