Omelia (07-09-1997)
mons. Antonio Riboldi
Due donne, segno del nostro tempo

Nel giro di pochi giorni, il mondo è stato chiamato a piangere due volte, anche se in modo "diverso". Una settimana fa l'agghiacciante fine di Lady Diana ha turbato il cuore di tutti. Poteva mai una vita che sembrava costruita per essere una fiaba moderna, finire come un prezioso vaso cinese a pezzi, senza la possibilità di essere ricomposto? E così la gente ha come tenuto in vita con manifestazioni di commozione, di affetto, chi oramai la sua vita l'ha posta là dove alla fine ogni vita finisce o comincia, nelle mani o nel Cuore di Chi questa vita ce l'ha donata e ce l'ha donata perché ne facessimo un'opera degna della felicità eterna. Lui solo conosce il segreto dei nostri cuori che a volte sfuggono anche a noi stessi. E Lui solo può essere giudice "giusto e misericordioso". Diana interpretava molto bene il sogno di tanti oggi: la bellezza e la dolcezza; il fascino e la notorietà; il primo posto tra le persone che "contano sulla terra" e la voglia di stare vicino a chi proprio "non conta nulla", i poveri di Madre Teresa di Calcutta, per esempio. Ma quanto in lei appariva, era una immensa tristezza, il senso di una infinita solitudine che la portava a correre per le vie del mondo, inseguita dalla fame insaziabile ed irrispettosa dei mass media, senza avere il tempo di trovare amore. E finì questa sua "corsa" inseguita dai fotografi nella atroce morte che tutti conosciamo. Come una meravigliosa meteora che si infrange al suolo perdendo tutto della sua bellezza.
In Diana la gente comune trovò forse la solitudine, la tristezza, la voglia di fiaba o di amore che è così diffusa oggi.

Dopo neanche una settimana ci coglie l'altra dolorosa notizia della morte di Madre Teresa di Calcutta. Una santa del nostro tempo. Con lei ho avuto il dono di fare un convegno, presso Catania, nel lontano 1976, sul tema della povertà. A me toccava parlare della povertà in Italia e a Madre Teresa della povertà nel mondo. Mi colpiva la grande umiltà, l'immensa spiritualità di questa donna, il suo sguardo profondo che sembrava venire da molto lontano e contenesse lembi di cielo. Non disse cose difficili: disse poche parole evangeliche, ognuna delle quali sembrava volesse incidersi nel cuore. Ebbi di nuovo il dono di averla vicina nel Congresso Eucaristico di Pescara, nel giorno dedicato alla sofferenza. Al congresso Eucaristico di Siena, nella giornata dedicata alla gioventù, fui incaricato di sostituirla perché trattenuta dai medici a Calcutta.

Era nota a tutti, ma dava la netta impressione di offrire a tutti, senza alcun affanno, la sua santità, che difficilmente può soddisfare la carta patinata e quindi i fotografi. Non c'era in lei tristezza, ma ricchezza di amore che le veniva da un contatto continuo con Gesù Eucaristico. Una ricchezza di amore che non teneva per sé, ma voleva donare a chi l'amore proprio non sapeva nemmeno cosa fosse, i diseredati prima di Calcutta e poi di tutto il mondo. Quanta strada ha fatto Madre Teresa per le vie del mondo, sempre china sui "rifiuti del nostro egoismo"! La sua presenza in mezzo a noi voleva dire Dio accanto a chi soffre. Era veramente la "donna", come Dio ha voluto fossero le donne: dolcezza, tenerezza, compassione, condivisione nel dolore. Proprio come Maria SS.ma, la Madre del Crocefisso, che non esitò a condividere con il Figlio l'ignominia della Croce. Ed allora il dolore per la sua morte diventa certezza che lei continua il "suo cammino" con noi presso i deboli, dal Cielo. Non è una meteora che cade: è una stella che rimane.

Madre Teresa e Diana: due donne del nostro tempo in cui certamente c'è una parte di noi, nell'una o nell'altra.

Quando erano tra di noi era Diana che cercava Madre Teresa per avere consigli, come fosse per lei "la madre spirituale" di cui aveva bisogno per trovare amore e saggezza. Ora sono assieme là dove non arrivano i lampi dei fotografi, ma solo lo sguardo di Dio.

Forse Madre Teresa a godere di quell'Amore che aveva sempre cercato, goduto e donato qui tra di noi; Diana a trovare "il CHI", che già da quaggiù sarebbe potuto essere l'amore che cercava e scioglieva ogni solitudine.