Omelia (25-12-2008)
mons. Ilvo Corniglia


I fedeli che partecipano alla celebrazione notturna fanno l’esperienza di una famiglia che si è riunita insieme per vivere un lieto evento, il più lieto evento che mai sia accaduto nella storia.
Questo evento straordinario la Parola di Dio lo presenta secondo diverse sfaccettature:
- È un evento di luce (Is.9,1-6: I lettura). Luce che esplode nella notte e, squarciando le tenebre, la illumina a giorno: "Il popolo che camminava nelle tenebre vide una grande luce". Il buio in cui avanza a tentoni, brancolando, chi ha smarrito la direzione giusta. Il buio di chi non capisce il senso della sua vita ed è portato a dubitare di Dio e a pensare che Dio sia indifferente ai suoi problemi. Il buio di chi si sente prigioniero delle proprie paure e preoccupazioni, del proprio egoismo, del proprio peccato. Il buio di chi non riesce più a sperare e vede soltanto il vuoto, il nulla davanti a sé. Il buio di chi non riesce a credere. Chi di noi non ha mai sperimentato, almeno qualche volta, un buio così o non lo sta sperimentando in qualche modo? Ma la "grande luce" dirada le tenebre e le mette in fuga.
- Un evento di gioia che elimina ogni tristezza: "Hai moltiplicato la gioia, hai aumentato la letizia".
- Luce e "gioia" che sono legate ad un "bambino", che sono un "bambino": "Un bambino è nato per noi, ci è stato dato un figlio".

La luce e la gioia, annunciate da Isaia come opera del Signore, San Paolo le riprende con un altro linguaggio, presentando questo evento come una manifestazione definitiva di Dio stesso: "È apparsa la grazia di Dio, che porta salvezza a tutti gli uomini" (Tt.2,1-14: II lettura). La "grazia", cioè la tenerezza infinita di Dio e la sua misericordia per tutti gli uomini sono arrivati a tanto: l’Amore di Dio brilla sul volto di un bambino.
I temi della luce-gioia-bambino ritornano, intrecciandosi in mirabile armonia, nel racconto evangelico, sempre fresco e incantevole, della nascita di Gesù, che Luca ci offre: "La gloria del Signore li avvolse di luce...Ecco, vi annuncio una grande gioia...Oggi è nato per voi un Salvatore".
L'uomo di oggi, che è poi l'uomo di sempre, l'uomo che è ciascuno di noi, ha bisogno di ricevere una notizia come questa. Una notizia che fa respirare a pieni polmoni e dilata il cuore: la salvezza ti viene donata, gratuitamente, per puro amore. C'è un Salvatore. Dio lo ha mandato anche per te. Questa salvezza non consiste nella soluzione di problemi che angustiano la nostra esistenza, alcuni più leggeri altri molto seri (quanti ogni giorno!), ma in definitiva non essenziali. Questa salvezza consiste nella soluzione del problema che è ciascuno di noi, ogni uomo, con gli interrogativi inquietanti che si porta dentro sul senso della sua vita, sul proprio destino, sulla propria identità (da dove vengo, chi sono veramente, avrò un futuro e come sarà? Vivrò sempre? Sarò felice?).
"Io vi annuncio una grande gioia: oggi è nato per voi il Salvatore". Basta che tu lo riconosca e lo accolga: allora questa "grande gioia" diventa la tua esperienza quotidiana. Accoglierlo, però, significa mettere da parte la tua logica, il tuo buon senso, per accettare la logica di Dio. La tua logica ti porterebbe ad aspettare la salvezza da un potente, da un grande culturalmente, economicamente, politicamente, socialmente. La salvezza invece ti viene da un piccolo, da un bambino debole e disarmato. La salvezza è un bambino. Che scandalo! Ma questo è lo stile di Dio. "Diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo pose in una mangiatoia...". Luca vuole mostrare che tale nascita è un fatto accaduto in un tempo determinato (padrone del mondo era Augusto, era in corso un censimento) e in un luogo determinato (in una contrada sconosciuta della Giudea). Non è una favola il fatto che Dio ci abbia donato il Salvatore e che ci abbia amati fino a tal punto. Ma è un avvenimento della storia, col quale ogni uomo - a cominciare dallo stesso imperatore - ha a che fare.
Questa nascita ha avuto luogo probabilmente non nei dintorni di Betlemme, ma dentro il paese, in un'umile casetta di parenti che avevano ospitato Maria e Giuseppe. Una casetta che - come tante allora - faceva corpo con una grotta naturale, una specie di ripostiglio dove spesso si tenevano gli animali domestici. "Per loro non c'era posto" nell'unico "alloggio" che dava sulla stalla. Qui Maria ha partorito il suo bambino e lo ha adagiato nella mangiatoia. Ma, ecco, Dio rivela attraverso l'angelo il significato di tale nascita povera e umile. Lo rivela non ai potenti, ma ai pastori, che nella società di allora appartenevano alle classi più emarginate e disprezzate. Lo rivela ai poveri. Chi è realmente questo neonato?
-E' fonte di "gioia grande per tutto il popolo" e per ogni uomo, perché è il "Salvatore", il "Cristo" (cioè il liberatore promesso) e il "Signore". Sono i titoli che gli Apostoli attribuivano a Gesù quando lo annunziavano all'inizio della Chiesa.
- "Gloria a Dio nel più alto dei cieli". In questo bambino si manifesta supremamente la "gloria" di Dio, cioè la sua pienezza traboccante di vita e di misericordia e mai nulla e nessuno ha tanto glorificato Dio come questa nascita. Da essa scaturisce la
- "pace sulla terra agli uomini che Egli ama". Pace - cioè la perfetta comunione con Dio e tra fratelli - per gli uomini avvolti dall'amore infinito del Signore. Di tale amore il Bambino di Betlemme è la prova e il segno più concreto e tangibile. Una "pace" radicalmente diversa dalla "pace romana" che l'imperatore si vantava di mantenere con la minaccia e la forza delle armi.
Ecco quanto Dio ci rivela sull'identità di questo Bambino e sulla portata della sua nascita. Un lieto evento non relegato in un passato lontano e di cui si fa un ricordo sfocato. Ma, quando la Chiesa lo celebra, tale evento è reso misteriosamente attuale e noi vi siamo coinvolti. "Oggi è nato per voi il Salvatore". In questa santissima notte tale avvenimento ci raggiunge colla carica infinita di luce, di gioia, di pace, di salvezza che contiene. Allora la fede ci consente di rivivere e condividere in qualche modo l'esperienza stessa dei pastori e soprattutto di Giuseppe e di Maria. Possiamo cioè restare incantati davanti al mistero di questo Bambino: un neonato è appena un batuffolo di carne che si muove o strilla o dorme. Eppure questo Bambino è tutto, è Dio. Dio che le ha tentate tutte per "catturare" le sue creature e ora si presenta sotto la forma di un bambino. Un essere che di per sé è la creatura più fragile e ha bisogno di tutto e di tutti, è in balia di tutti. Un bimbo, però, che attrae: è difficile resistere al fascino che emana dal volto di un bimbo. Se ogni bimbo è un dono di Dio, questo lo è in modo unico e superlativo. Ognuno può contemplare con lo sguardo della fede il Padre mentre, in uno slancio incontenibile di tenerezza e di gioia, gli regala personalmente Gesù. Lo regala attraverso Maria. È un grande dono poter condividere lo stupore riconoscente e gioioso di questa giovane mamma. Stupore per un amore così inatteso e imprevedibile da parte di Dio: Dio ama a tal punto da divenire uomo lui stesso. "È grande lo stupore per il miracolo di un Amore fatto bambino" (S. Efrem Siro). Stupore per un amore che porta Dio a nascondersi dietro il volto di un bambino e a rivelarsi nel volto di un bambino. È il mistero dell’"umiltà"di Dio. Per tre volte nell’intero racconto della nascita ricorre l’espressione "un bambino avvolto in fasce, adagiato in una mangiatoia". Dio ormai si rivela attraverso il segno della povertà, dell’umiltà. Contesta, così, la nostra boria, la nostra autosufficienza, il nostro consumismo sfrenato, il nostro lusso e ci richiama ciò che è essenziale. Ci richiama la condivisione con chi è povero.
Questa logica divina di umiltà porterà Dio a nascondersi e a rivelarsi nel Crocifisso. Ma questo culmine d’amore si ritrova nell’Eucaristia, dove l’umiltà di Dio si esprime in forma suprema. Qui non si vede neanche l’umanità: un pezzo di pane racchiude tutto il mistero. "Ave, o vero corpo nato da Maria Vergine, che ha veramente patito" (antico inno eucaristico). Se Dio nell’incarnazione del suo Figlio condivide in modo integrale l’esperienza umana, nell’Eucaristia l’assimilazione di Dio a noi e di noi a Lui raggiunge il vertice: si lascia mangiare per farci Lui.
Con un solo sguardo si può abbracciare il legame fra presepe- croce- Eucaristia e imparare da Maria lo "stupore eucaristico": "Lo sguardo rapito di Maria nel contemplare il volto di Cristo appena nato e nello stringerlo tra le sue braccia, non è forse l’inarrivabile modello di amore a cui deve ispirarsi ogni nostra comunione eucaristica?"(Ecclesia de Eucaristia 55).

Troverò il tempo per sostare davanti al presepe (sia in chiesa sia in casa mia) cercando di contemplare il mistero che mi richiama.

Cercherò anche di intuire quale regalo Gesù desidera da me per il suo compleanno.
Non mi sarà difficile capire che il primo regalo che si attende è che io accolga il
suo regalo, che è poi Lui stesso, in un cuore purificato dal suo perdono e pieno d'amore.

In qualunque situazione, anche triste, ascolterò il lieto annuncio "Oggi
per te è nato il Salvatore!" e questa buona notizia ogni persona che ci incontra la senta rivolta a sé vedendola brillare sul nostro volto.