Omelia (09-11-1997) |
mons. Antonio Riboldi |
Venite, benedetti! Nel nostro linguaggio stanno diventando familiari parole finora conosciute solo da pochi 'esperti' in materia, come: globalizzazione nel mercato e nell'economia, stato sociale, villaggio globale, ecc. In altre parole è affermare che occorre amministrare il lavoro, il profitto in modo che nessuna nazione venga esclusa e tantomeno nessuno venga privato di tutti quei beni che sono propri di ogni uomo, come la casa, il lavoro, la libertà e via dicendo. Ma nello stesso tempo si affacciano realtà che sembrano andare per la strada opposta: pochi privilegiati, molti diseredati. Questa settimana l'abbiamo vissuta all'insegna di una nuova ondata di profughi: i Curdi. Dopo gli Albanesi, ora questi altri – si sente spesso ripetere dalla gente comune - e proprio tutti da noi in Italia che non siamo certamente il paradiso terrestre. Basta pensare un attimo alla grave situazione nel Sud o agli 8 milioni di persone che vivono sotto la soglia della sopravvivenza. E' una di quelle prove a cui ci sottopone il Signore per provare la nostra disponibilità alla solidarietà, la nostra grandezza di cuore. E' vero, che tra quanti sbarcano nella nostra Patria, si mescola gente poco raccomandabile che approfitta della necessità di tanti per portare a termine i suoi sporchi affari. E' compito delle autorità preposte saper fare un'opera di discernimento, ma a noi resta il dovere di "allargare il cuore". Perché approdano proprio in Italia? Mi si dice che in Albania e non solo, tante famiglie sono provviste di antenne paraboliche che permettono di vedere le nostre trasmissioni televisive. E diciamoci la verità, le nostre TV con i tanti spot, danno l'immagine di un'Italia davvero "ricca". Un'Italia che assomiglia tanto alla tavola del ricco epulone di cui parla il Vangelo. Difficilmente le povertà hanno posto e voce nei nostri mass media. Ed allora chi non ha di che vivere, come gli Albanesi, o chi addirittura non ha patria e ha la vita sempre in pericolo, come i Curdi, cerca un posto alla nostra tavola. "Gli Italiani sono ricchi – disse tempo fa un illustre personaggio italiano da tutti conosciuto – ma non hanno ancora acquisito la mentalità del ricco". Una vera bestemmia alla nostra povertà. Rimane il fatto che questi nostri fratelli, che si aggiungono ai tanti fratelli che sono in Italia e sono poveri, sono la mano di Dio che si tende a noi. Ed è proprio sul come 'la nostra mano stringe la mano di Dio in chi ha bisogno' che Dio giudica il nostro cuore. Il Vangelo di oggi sembra fatto apposta per venire incontro al nostro oggi. Gesù diceva alla folla mentre insegnava: "Guardatevi dagli scribi, che amano passeggiare in lunghe vesti, ricevere saluti nelle piazze, avere i primi posti nelle sinagoghe e i primi posti nei banchetti. Divorano le case delle vedove e ostentano fare lunghe preghiere: essi riceveranno una condanna più grave". E sedutosi di fronte al tesoro, osservava come la folla vi gettava monete. E tanti ricchi ne gettavano molte. Ma venuta una povera vedova vi gettò due spiccioli, cioè un quattrino. Allora chiamati a sé i discepoli disse loro: "In verità vi dico: questa vedova ha gettato nel tesoro più di tutti gli altri. Poiché tutti hanno dato del loro superfluo, essa invece nella sua povertà, vi ha messo tutto quello che aveva, tutto quello che aveva per vivere." (Mc.12,38-44) L'osservazione di Gesù che se ne stava in un angolo come spettatore di un comportamento è: nessuno passa davanti 'al tesoro' senza metterci qualcosa, in fondo quel tesoro riguardava il tempio di Dio, e a Dio non si rifiuta un segno della propria gratitudine. Lui che ha donato tutto a noi. La differenza sta nel fatto che "i ricchi" mettevano sì molte monete, ma 'facevano parte di un superfluo' (come a dire, quelle monete date non intaccavano minimamente la loro ricchezza), la vedova, invece, dà tutto quello che ha, tutto quanto aveva per vivere, ossia due spiccioli, privandosi così della sicurezza per la vita. Nel leggere quanto Gesù dice della vedova che dà tutto quanto aveva, ed era poco, si coglie una grande tenerezza, una grande ammirazione, la stessa che userà nel giudizio "Venite benedetti del Padre mio..." Se tutti, ma proprio tutti avessimo il cuore di quella vedova, tanto amata e lodata da Gesù, certamente non ci sarebbero più le invasioni di oggi, perché tutti godrebbero del bene comune, o se avvenissero, troverebbero almeno comprensione e accoglienza. Quella calorosa accoglienza che le nostre Chiese in Puglia stanno ora facendo, dando una preziosa testimonianza che il Vangelo non è lettera morta, ma è amore che si fa "pane spezzato". Un grazie di cuore a queste Chiese, a cominciare da quella di Lecce, da parte di Internet. Ma il grazie più grande viene da Gesù che "osserva" la vostra generosità fatta sacrificio. |