Omelia (16-11-1997) |
mons. Antonio Riboldi |
Gioie ed angosce di tutti La notizia che 'mamma' Silvia, in Sardegna, si era liberata ed era tornata a casa dopo 265 giorni nelle mani dell'Anonima sequestri, improvvisamente ha fatto scattare una festa di tutta la nostra nazione, che attorno a questa gioia si è sentita come una famiglia, la grande famiglia che siamo e che a volte ci dimentichiamo di essere. Avremmo voluto essere là tutti a Tortolì per abbracciare quella coraggiosa mamma, così giovane, tornata tra noi. Il lungo tempo del sequestro, forse, aveva fatto pensare a tanti che non c'era più da sperare. Ed invece la speranza ha avuto ragione. "Mi ha salvato la fede". Sono le parole di Silvia. Ha avuto ragione, perché non è mai cessato il meraviglioso vincolo di affetto tra la sua famiglia e Silvia. Noi sappiamo dalle cronache dei sequestri precedenti che una delle astuzie usate dai sequestratori per estorcere i soldi dalle famiglie, era quella di persuadere i sequestrati di essere abbandonati dalle loro famiglie che non volendo pagare il riscatto, scaricavano così il figlio o il padre o altri, abbandonandoli alla loro sorte. Una strategia davvero diabolica. È successo così a Silvia e a tanti altri sequestrati. Hanno creduto, rapiti e parenti, all'amore, alla forza dell'amore, non facendosi vincere né dall'interminabile tempo del sequestro, né dai tanti pensieri angosciosi che possono insorgere. E dobbiamo dare atto alla gente di Sardegna, alla Chiesa guidata dal suo vescovo, cui va il mio saluto e grazie, di non aver mai cessato di credere e quindi mobilitarsi per chiedere la liberazione di Silvia. Quante volte in questi mesi, abbiamo visto la gente scendere in piazza e bussare con la forza dell'amore, al cuore dei sequestratori: "Vogliamo Silvia libera!" Sembrava, come tutte le manifestazioni di solidarietà, essere un grido di inutile disperazione. Ma Dio solo sa quanto è forte l'amore. E' capace di fare crollare anche la più impenetrabile durezza. Adesso forse si scatenerà la ricerca per scoprire come è stata liberata Silvia. A noi piace ora fare festa, tanta festa perché ha vinto la speranza. Ma la festa viene velata dalla mestizia di fronte alla scomparsa del piccolo Silvestro di Roccarainola. Un vero mistero che sembra non mostrare neppure sentieri di ricerca o di speranza. Un ragazzo normale che va a scuola e sparisce nel nulla. Una disgrazia? Ma come e dove? Un altro odioso sequestro? Nessuno pare in grado di dare anche la più piccola spiegazione della scomparsa di Silvestro. Assomiglia tanto alla scomparsa misteriosa della piccola Angela mesi fa sul monte Faito. E così una nuova famiglia si trova nella più grande sofferenza. Un figlio non è un portafoglio od una macchina che puoi sempre rimpiazzare; un figlio non è una "cosa"; un figlio, recita un proverbio napoletano, "è un pezzo del cuore". E quando questo 'pezzo' scompare, è come perdere un po' se stessi. Ho potuto incontrare i genitori di Silvestro. Cosa dire loro se non raccontare la possibile gioia che vi è nella speranza, come per Silvia? Una speranza che mettiamo prima di tutto nelle mani di Dio, che è un Padre e conosce le gioie e le sofferenze dei papà e delle mamme e sa illuminare i cuori, ma una speranza che deve essere nelle mani di tutta la gente. Intorno a Silvestro si deve ripetere la solidarietà che fu attorno a Silvia, senza mai interrompersi, fino al giorno della gioia, che preghiamo con tutte le forze Dio che arrivi. Prima di salutare i genitori di Silvestro, li ho accompagnati nella mia cappella ed insieme abbiamo pregato. Ho dato loro una bella effigie di Maria SS.ma dicendo: "Affido voi e Silvestro a questa dolcissima Mamma". Vogliamo anche noi tutti esplodere di gioia come per Silvia. |