Omelia (30-11-1997) |
mons. Antonio Riboldi |
Tempo di attesa E' facile, tanto facile, oggi, lo sconcerto che è nella gente, in tanta gente. Apparentemente hanno tutti il sorriso sulle labbra, anzi questo è divenuto l'ingrediente degli spot pubblicitari, e se domandi a chi incontri: "Come stai?", la risposta è quasi sempre: "Bene". E sappiamo che, il più delle volte, quello stare bene è una maschera che ci mettiamo per velare la grande insoddisfazione, il grande malessere che abbiamo nel fondo dell'anima. La nostra è una società fortemente secolarizzata dove Dio e quindi la fede sembrano avere minore accoglienza e rilevanza. Tuttavia non mancano domande religiose e una confusa ricerca del sacro; non mancano soprattutto attese di salvezza e desiderio di un senso nuovo nel vivere quotidiano. Capita qualche volta di incrociarsi con la verità delle anime ed allora viene alla luce la 'nudità', 'la solitudine' dell'uomo, che va in cerca di quale sia il bene, l'amico, l'amore, la verità che possa dare senso e gioia alla vita. Mi è capitato tempo fa in un viaggio in aereo, uno di questi incontri di sincerità di anime. Ero in fondo all'aereo, là dove si mettono quelli che sono in lista d'attesa e dove prendono posto le hostess per riposarsi. Noi, delle hostess ci fermiamo alla sola esteriorità: la loro bellezza, la gentilezza, il continuo sorriso e le crediamo persone felici. Quella volta ne vidi una poco lontana da me che piangeva a dirotto. Mi accostai con coraggio e le chiesi se potevo esserle utile. "Lei mi vede piangere" – mi disse – "e le pare strano che noi piangiamo, noi condannate al sorriso dal servizio. Ed invece siamo persone normali che a volte hanno una grande infelicità 'dentro'. E' tutto il giorno che vado da un aeroporto all'altro, incontro tante, ma tante persone, sorrido sempre, ma questa sera non riesco a nascondere la mia amarezza di fondo. Una amarezza che non ha una ragione precisa, o meglio ha l'amarezza di chi si sente 'totalmente vuota di senso dentro'. Ma c'è qualcosa o qualcuno che possa riempire cuore e vita? Me lo dica lei che è prete. Lei è felice?" Nacque così un dialogo sulla verità della vita e, inevitabilmente, il discorso finì su Dio che ci ha creati perché ci ama, e questo amore è la sola ragione di vita. "Ma come si può incontrare Dio?" Al termine del viaggio vidi rispuntare un sorriso sul volto di quella donna; un sorriso non di mestiere, ma di speranza che si può cercare Chi ti ama, perché Lui ti cerca. Si tratta di incontrarLo. Bisogna uscire dal rumore di questo mondo, dalla sua mentalità che suscita amarezza e illusione, e cominciare un cammino nel silenzio di Dio. "Sotto le nubi" – dice un proverbio – "c'è solo oscurità, sopra le nubi ci sono mille soli". Il tempo di Avvento, di attesa, che la Chiesa celebra da oggi, è proprio il tempo del coraggio di salire sopra le nubi e finalmente contemplare i mille soli, come hanno fatto i santi, come fa tanta gente seria che è tra di noi e porta i raggi di questo sole dentro, senza alcun rumore. "Quando cominceranno ad accadere queste cose" – dice Gesù (e si riferiva ad avvenimenti disastrosi ) - "alzatevi e levate il capo, perché la vostra liberazione è vicina. State bene attenti che i vostri cuori non si appesantiscono in dissipazioni, ubriachezza e affanni della vita e che quel giorno non vi piombi addosso all'improvviso. Vegliate e pregate in ogni momento". (Lc.21, 34-36) Bisogna davvero alzarci dalla disperazione nel mondo e alzare il capo verso Dio che viene. Fino al punto da poter dire: Vieni nella mia mente e pensa Tu, Gesù. Vieni nel mio cuore, e ama Tu, Gesù. Vieni nel mio spirito e trasformalo Tu, Gesù. Vieni sulle mie labbra e parla Tu, Gesù. Nella mia mente ci sei Tu, in me vivi Tu, Gesù. Nel mio cuore ci sei Tu, vive la tua pace, Gesù. |