Omelia (14-12-1997) |
mons. Antonio Riboldi |
Rallegratevi Ci sono parole della Sacra Scrittura – ed in questo caso di S. Paolo – che sembrano 'fuori posto', se si tende l'orecchio al continuo lamento dell'opinione pubblica, che vede tutto nero. Che ci siano ombre nella vita sociale, familiare ed anche di ciascuno di noi, è inevitabile, fa parte della storia dell'uomo dopo il peccato di Adamo. Lo paghiamo, e duramente, il tragico rifiuto di Dio per arroccarci nel nostro egoismo che non offre nulla se non un 'vuoto d'animo' che diventa 'vuoto di senso della vita', un senso che solo l'Amore del Padre può riempire. Dice S. Paolo oggi: "Rallegratevi sempre nel Signore, sempre: ve lo ripeto ancora rallegratevi. La vostra affabilità sia nota a tutti gli uomini. Il Signore è vicino! Non angustiatevi per nulla, ma in ogni necessità, esponete a Dio le vostre richieste, con preghiere suppliche e ringraziamenti; e la pace di Dio, che sorpassa ogni intelligenza, custodirà i vostri cuori e i vostri pensieri in Cristo Gesù" (Fil. 4,4-7). Non è che Paolo e le prime comunità convertite al Cristianesimo vivessero un tempo più sereno del nostro, anzi, vivevano le loro 'notti', a volte più tragicamente di noi. Ma Paolo era l'uomo che 'faceva esperienza di Cristo', al punto da dire "per me vivere è Cristo". La gioia allora diventa il segno inconfondibile che un uomo ha le sue radici di vita non nella futilità del mondo, che non offre proprio nulla al cuore, ma nella stessa vita di Dio. Dio è soprattutto amore e l'amore è sempre una grande gioia, anche se nel suo farsi dono, conosce il sacrificio e quindi il dolore, come fu per Gesù, Figlio di Dio. E questa gioia non può mai essere rinchiusa in una cassaforte inaccessibile, non può essere un mistero che si ferma alla 'privacy'. No, è un bene che si manifesta spontaneamente. Quando si ha il dono di incontrare fratelli o sorelle che possiedono questa gioia divina, si ha come il ricordo della luce che era sul volto di Mosè dopo che aveva parlato sul Sinai con il Signore, una luce che fu costretto a coprire per non confondere i fratelli. Non è certamente quella apparente, falsa gioia che si nota sul viso di troppi per compiacere gli altri. E a spiegare la ragione della sua gioia, S. Paolo afferma: "Il Signore è vicino". E' un'affermazione che fa cantare il cuore, lo riempie di meraviglia tanto da dire: "Ma è proprio vero che il Signore ha cura di me e mi è sempre vicino nonostante tutto?" E' proprio vero. Tutti, anche i non credenti, sanno quale forza ha la frase: "Ti sono vicino"; come dire "Stai serena, puoi contare su di me". E se tanta forza viene dal sapere vicino nella vita un amico, quanta ne può venire dal sapere che addirittura è Dio che ci è vicino? Come non gioire? Avvicinandosi il Natale, un poco tutti, vogliamo 'farci vicini' ai parenti, agli amici e lo facciamo con un dono che il più delle volte reca la felicità di un istante. Il dono che Dio fa invece a noi uomini è proprio Suo Figlio, Gesù. "Ma cosa dobbiamo fare?" chiedevano quanti si recavano da Giovanni Battista per avere questo dono e ad ognuno egli insegnava il sentiero che si doveva tracciare perché Dio si facesse vicino. E' bello allora oggi insieme sapere che l'invito di Paolo al 'rallegrarsi' può essere a portata di mano di chi ha buona volontà. Come sarebbe davvero bello finalmente avere il cuore pieno di gioia ed effonderla su chiunque incontriamo. E' questo il Natale che prego per me e per voi. |