Omelia (08-12-2008) |
don Marco Pratesi |
Amàti nell'Amato La lettura ci propone una parte della preghiera con la quale si apre la Lettera agli Efesini. In sostanza Paolo dice: benedetto Dio che ci ha benedetti in Cristo, scegliendoci per la santità, a sua gloria. La benedizione di Dio significa comunicazione di vita, e trova il suo compimento quando torna a Dio sotto forma di benedizione da parte dell'uomo, appunto nella forma del "benedetto Dio che ci ha benedetti". Il movimento della benedizione è prima discendente, poi ascendente: il dono è infatti completo solo quando è riconosciuto come tale; e il segno del riconoscimento è la lode. La comunicazione di vita, la benedizione, consiste nella chiamata alla santità. Paolo insiste: tale chiamata è "immotivata", nel senso che viene prima di ogni altro elemento che potrebbe esserle movente. Essa è prima del mondo, e la sua radice sta unicamente nel "progetto" divino, il suo libero proponimento (vv. 5.9.11; cf. 3,11), secondo il quale esistiamo per diventare suoi figli (o anche per essere "nell'amore", se nel v. 4 non si riferisce tale espressione alla scelta del Padre); proprio in questo consiste la santità e la purezza (ibidem). In tale chiamata risplende la gratuità di Dio, la sua grazia, e quando essa si manifesta siamo dinanzi alla sua gloria: "la gloria di Dio è che si realizzi la manifestazione e la comunicazione della sua bontà" (CCC 294), per cui gloria di Dio e beatitudine dell'uomo sono speculari (cf. Ad Gentes 2). Tutto ciò si realizza in Maria, in modo speciale "benedetta" (Lc 1,28.42), e "piena di grazia" (Lc 1,28.30), "Tutta Santa" (Panaghìa), che fin dal concepimento vive integralmente, con tutto il suo essere, la filialità (cf. CCC 492-493). Pianta fiorente che genera per la vita e non per la morte (come Eva), nella sua esistenza beata risplende la bontà, la sapienza, la grandezza di Dio (cf. Lc 1,45.48), cantate in un eterno Magnificat. Il brano ci invita a guardare all'esistenza cristiana come un "essere colmati di doni", sul modello di Maria. Non sarà un caso che in tutto il Nuovo Testamento questa espressione (CEI: ci ha gratificati, v. 6) ricorra solo in Lc 1,28: "Rallégrati, piena di grazia!". Il cammino spirituale sta proprio nella progressiva presa di coscienza dell'avvolgente gratuità di Dio (cf. Is 61,10), che è prima e dopo di noi (cf. Sal 139,5), alfa e omega di ogni esistenza (cf. Ap 1,8), che non rende superflua, ma al contrario provoca l'opera umana, appunto come opera filiale. In tal senso la vita cristiana ha il suo naturale esito nella gloria, cioè nella definitiva e incontrovertibile apparizione del primato assoluto di tale gratuità (cf. Ap 7,10; 19,1). Allora la benedizione sarà piena; ma fin da ora essa deve dischiudersi, per divenire a sua volta tramite di nuova benedizione dall'alto: "i nostri inni di benedizione non accrescono la tua grandezza, ma ci ottengono la grazia che ci salva" (prefazio comune IV). |