Omelia (08-12-2008) |
padre Gian Franco Scarpitta |
Nuova Eva e nostro monito ed esempio Ci stiamo preparando a celebrare l'ingresso di Dio nella storia umana; Egli assumerà fino in fondo, senza nulla omettere e nulla disdegnare le nostre vicende, abbracciando lo stato di pochezza di cui l'uomo è caratterizzato fin dalla prima esperienza terrena, che è quella della fanciullezza. Il mistero dell'infanzia divina sarà per noi stupefacente perché appunto si tratterà dell'a fanciullezza di Dio che entra, da uomo, nella scena del mondo, assumendola fino in fondo e senza saltarne le tappe: Dio affronterà anche la vicenda della semplicità e della piccolezza di un fanciullo e se ne immedesimerà volentieri, pur di condividere con noi le suddette prerogative di finitudine e di debolezza umana. Ma per entrare nella nostra storia e per annichilirsi fino al nostro stato meschino, il Verbo di Dio non può scegliere che un seno carnale proporzionato alla sua grandezza, vale a dire perfetto, limpido e incorrotto come Perfetto è Egli Medesimo; di conseguenza è cosa logica che Egli abbia dovuto predisporre per sé una donna assolutamente priva di tutte quelle carenze e peccaminosità che concernono la realtà umana, ivi compreso il peccato originale. Il corpo di Maria doveva essere assolutamente immacolato, ossia puro e limpido per poter ospitare il Dio delle assolute perfezioni che voleva farsi uomo. E' vero infatti che Dio fatto uomo (Gesù Cristo) condivide in tutto e per tutto la precarietà e la nullità degli uomini, ma a questo si deve eccettuare il peccato, e quindi anche la possibilità che potesse nascere carnalmente in un grembo corrotto dalla macchia originale che ci interessa tutti. Ciò è sufficiente a spiegare la motivazione della solennità di oggi: Maria è Immacolata, ossia esente dal peccato originale. Fra l'altro, per implicito, lo rivelano le parole dell'angelo: "Tu sei benedetta fra le donne, e benedetto è il frutto del tuo seno, Gesù"; le quali affermano la benedizione speciale attribuita a Maria in vista della sua missione di essere Madre di Dio. Se Maria è benedetta fra tutte le donne, si deve necessariamente concludere che tale benedizione la "dispensa dal peccato originale." Per meglio dire, Maria da questo peccato che corrode tutti gli uomini in quanto tali, è stata "preservata" prima della sua venuta al mondo: ella resta sempre, infatti una donna come tante altre, creatura corruttibile, limitata e anche suscettibile di tentazioni (che comunque vincerà sempre), ma non è affatto impossibile all'onnipotenza di Dio che ella venga privata della comune colpa che ci contraddstingue tutti come soggetti umani, sicché vi è stata preservata, ossia resa indenne preventivamente dalla stessa grazia divina onnipotente, cosicché venendo al mondo Maria è a buon diritto priva di ogni macchia di peccato, in latino "Immacolata". La tradizione dei Padri colloca Maria davanti alla figura deludente e sconcertate di Eva, e da questo raffronto si riscontra come Maria sia stata molto più all'altezza della prima creatura femminile di questo mondo: la prima donna avrebbe potuto fronteggiare senza riserve e con piena possibilità di successo le maligne insinuazioni del serpente quando questi la tentava a raccogliere il frutto proibito. Lo dimostra il fatto che ella sulle prime pone al medesimo delle obiezioni dal tono perentorio e categorico: "Di tutti gli alberi del giardino noi (Adamo ed Eva) possiamo mangiare, ma del frutto dell'albero che sta in mezzo al giardino Dio ha detto: Non ne dovete mangiare e non ne dovete toccare, altrimenti morirete." (Gen 3, 2-3); nelle sue affermazioni si palesa la chiara consapevolezza del malessere morale al quale sarebbero stati assoggettati lei stessa e il suo uomo nella disobbedienza al divino volere, e pertanto anche la convinzione fondata per cui non conveniva contravvenire a tale ordine. Il serpente nondimeno riesce a dissuaderla ("Non morirete"); e il peccato è fatto. Si conclude allora che se la colpa maggiore di tale mancanza è da attribuirsi al perfido animale strisciante –che infatti Dio maledirà per primo- (Gen 3, 14), una grossa parte di torto sarà da attribuirsi ad Eva che si è lasciata da questo sedurre, appunto perché lei, lungi dall'essere una donna stupida e sprovveduta, possedeva tutte le carte in tavola per poter uscire a testa alta da quella situazione adoperando al meglio la razionalità e la libertà responsabile. Prima ancora che la raccolta del frutto, il peccato di Eva è consistito pertanto nella sua negligenza nel far fronte alle tentazioni diaboliche, nonché nel prescindere dalle prerogative di cui sopra. Maria invece a buon diritto viene definita "Nuova Eva". Non soltanto perché in questa umile fanciulla si affermerà la nuova donna che collabora alla storia della salvezza in contrasto con la prima donna causa di perdizione, ma anche per il fatto che a differenza della prima donna ha saputo reagire prontamente alla propria debolezza compiendo un atto di coraggio, in una determinata situazione nella quale avrebbe potuto anche tirarsi indietro. Alle parole dell'Angelo Gabriele, infatti, Maria afferma "Eccomi, sono la serva del Signore. Avvenga di me quello che hai detto."; ciò tuttavia non prima di avere attentamente valutato la proposta che le veniva rivolta e considerato i pro e i contro. Nella vicissitudine di quel colloquio si trova nelle condizioni per le quali avrebbe potuto benissimo anche vacillare nella fede e addirittura opporre resistenza ai disegni dell'Altissimo giacché è comprensibile che, specie se rivolteci a bruciapelo, simili proposte di improvvisa maternità possono dare luogo a reazioni istintive e non ponderate. Così avvenne in un certo qual modo a Zaccaria- a cui Dio per punizione tolse la parola- nell'analoga situazione della profezia sulla nascita di Giovanni Battista. Eppure questa giovane fanciulla manifesta padronanza e sicurezza di sé, e al contempo si mostra intraprendente e razionale nel condurre la conversazione con l'angelo: non reagisce all'invito attraverso un diniego, né esternando una mancanza di fede; semplicemente rivolge all'angelo un'osservazione: "COME avverrà che io sarò madre, dal momento che NON CONOSCO UOMO?" Sempre secondo la Tradizione infatti Maria aveva emesso un voto di verginità per il quale si era predisposta a non avere rapporti con l'altro sesso in senso carnale, ragion per cui se lo spirito critico è legittimo in tutte le situazioni di obbedienza, nel caso di Maria è giustificato maggiormente: "Come avverrà?" In secondo luogo Maria accetta l'improvvisa maternità ben soppesando quello che essa avrebbe comportato nella dimensione sociale dell'epoca: è vero che per lei vi era la garanzia di una gravidanza voluta dalla sola forza dello Spirito Santo, tuttavia era cosa certa che le giovani donne che si fossero trovate gravide prima dell'unione sponsale erano destinate alla lapidazione, e pertanto non poteva Maria non considerare la consistenza del pericolo che avrebbe dovuto affrontare. ISe dunque in Eva si riscontra il pessimo orientamento da parte sua di quelle che in lei erano le caratteristiche di razionalità e temperanza, in Maria si nota invece lo spirito della donna libera, determinata, incondizionata e padrona del carattere che delibera della sua vita riscontrando la convenienza dei progetti del Signore, e preferendo questi alle proprie progettazioni.. Ecco perché noi la si può vedere quale modello di donna emancipata che la cultura odierna più volte rivendica: oggigiorno si auspica, specialmente nelle culture differenti da quelle europee, l'affermazione della donna in ruoli e attività particolari, nonché la pari opportunità e la pari dignità con l'altro sesso. Soprattutto, si tende a voler rivalutare l'ideale della donna moderna partecipe, intraprendente e libera.... Non si può che guardare a Maria, che nella sua coraggiosa decisione offre a tutti un modello di autoaffermazione libera e spontanea, che non contrasta –anzi collima in pieno- con la volontà di Dio: nel rispondere al divino progetto, Maria non si mostra affatto sottomessa acriticamente, ma rivela se stessa come compartecipe nello spirito del dialogo e della collaborazione, con i disegni del Signore. Nel titolo di Immacolata ci viene suggerito inoltre che non è affatto impossibile la realizzazione in questo mondo attraverso la continua appartenenza a Dio e la fuga dal peccato: se è vero che la santità richiede eroismo, fatica, vessazioni e determinazione, ciò non vuol dire che esse non siano ricompensate. |